Tutti dentro perché tutti cercati

dom Luigi Gioia

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24 settembre 2017)

Il Vangelo, la ‘buona notizia' di questa domenica, può essere rinvenuto in una frase della prima lettura: I pensieri del Signore non sono i nostri pensieri. Quale migliore illustrazione di questa differenza tra i pensieri del Signore e i nostri della parabola di questi lavoratori che il padrone di casa chiama a lavorare nella sua vigna. A questo riguardo i nostri pensieri, il modo di pensare umano, la giustizia umana sono chiari: chi arriva prima e lavora di più, riceve di più; chi arriva per ultimo e lavora di meno, riceve di meno.

Questo modo di pensare non è sbagliato. Questo principio elementare di equità non è rinnegato dal padrone di casa. Egli aveva pattuito con gli operai della prima ora la somma di un denaro ed è stato fedele alla sua parola. Semplicemente, ha deciso di elargire anche agli operai dell'ultima ora tanto quanto aveva dato a quelli della prima. Non è stato ingiusto verso gli operai della prima ora, ma è stato generoso verso quelli dell'ultima, proprio come afferma lui stesso: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?

Non si tratta di una lezione di gestione aziendale: sarebbe un disastro amministrare una società in questo modo. È un'immagine della quale il Signore si serve per darci una buona notizia riguardo al suo modo di agire con noi. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, che nessuna delle sue pecore vada perduta. Non si tratta di stabilire chi entra prima o chi dopo, chi crede prima o chi dopo, ma di cercare di accogliere nel regno dei cieli tutti, fino all'ultimo secondo, fino all'ultima persona. Si tratta soprattutto di capire che sia chi entra per primo che chi arriva per ultimo, lo fa non per merito suo, non perché ha cercato lavoro, non perché è andato lui a cercare il Signore, ma perché il Signore è venuto a cercare noi.

Un dettaglio essenziale del vangelo di oggi è infatti proprio questo. Tanto gli operai della prima ora quanto quelli dell'ultima non sono andati a lavorare di loro spontanea volontà. Stavano oziosi, senza lavoro, disoccupati nella piazza. È il padrone di casa, è il Signore che è uscito per andare a cercarli. Il regno dei cieli - dice l'inizio di questo vangelo - è simile ad un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.

La buona notizia è che tutti noi siamo cristiani, abbiamo la fede, crediamo, perché il Signore è venuto a cercarci, cioè per grazia, per un dono di Dio. Tutti eravamo peccatori, tutti nemici. Tutti siamo entrati, sia quelli che sono arrivati per primi che quelli che sono arrivati per ultimi, solo e unicamente a causa della bontà, della misericordia, della generosità del Signore.

Il problema è che i primi arrivati possono dimenticare questa verità, possono cominciare ad attribuirsi dei meriti, ad inorgoglirsi, perdendo di vista il fondamento della vita di fede cioè la gratitudine nei confronti del Signore, l'eucaristia (che vuol dire appunto ‘azione di grazie'). Questo è il senso della frase, apparentemente enigmatica, con la quale si conclude il vangelo di oggi: Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi.

Primi ed ultimi sono uguali davanti al Signore, perché tutti egli ama ugualmente e tutti vuole salvare gratuitamente. Per gli ultimi questo è evidente: proprio perché hanno lavorato di meno, sono più consapevoli della generosità, della misericordia di Dio, e per questo sono più umili, più riconoscenti. I primi invece, perché hanno lavorato di più o perché sono stati chiamati per primi, hanno cominciato a credere di potersi attribuire qualcosa, si sono inorgogliti, hanno perso il senso della loro indegnità e soprattutto la riconoscenza verso il padrone di casa che così generosamente era andato a cercarli quando anche loro erano disoccupati e senza speranza.

La logica del Signore non è la nostra logica: I miei pensieri non sono i vostri pensieri. Tutti siamo servi inutili davanti a lui, non perché quello che facciamo non conti per lui, ma perché non è a causa delle nostre opere che abbiamo valore ai suoi occhi. Il Signore è un padre che ci ama come figli, non per quello che facciamo, ma per quello che siamo, perché siamo suoi figli.

Allo stesso modo il Signore vuole che tra di noi impariamo ad amarci, ad essere solidali, non giudicandoci sulla base di quello che facciamo di chi arriva prima o di chi arriva dopo, di chi è esemplare o di chi non lo è, ma provando gioia gli uni per gli altri, come veri fratelli e sorelle che vogliono solo il bene, solo la salvezza di tutti.

Lasciamoci consolare da questa speranza, sia nei nostri riguardi che nei riguardi dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che sembrano essere lontani dal Signore. Il Vangelo ci garantisce che non è il momento nel quale entrano che è importante, ma che prima o poi, fosse anche all'ultimo secondo, finiscano per raggiungerci. Il Signore è buono e vuole tutti i suoi figli uniti e felici nella sua casa, per servirci lui stesso nel banchetto eterno che prepara per noi, perché - ci dice il Signore - i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.

Il testo dell'omelia si trova in Luigi Gioia, "Mi guida la tua mano. Omelie sui vangeli domenicali. Anno A", ed. Dehoniane. Clicca qui