Uno e tre per salvare il mondo

mons. Roberto Brunelli

Santissima Trinità (Anno A) (11 giugno 2017)

"Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... ": quante volte ripetiamo queste parole! Di rado però ci soffermiamo a considerare ciò che implicano. Implicano ad esempio che la fede cristiana, pur essendo assolutamente, rigorosamente monoteista, si distingue dagli altri monoteismi (l'ebraico e l'islamico) perché, sulla scorta di quanto le è stato rivelato, professa che l'Unico Dio è una Trinità di persone. Sono le Persone di cui si parla anche nel Credo, e quelle che di norma concludono le preghiere liturgiche.

Uno e tre: un bel mistero; anzi, il mistero dei misteri, dal quale tutti gli altri derivano. Un mistero così arduo per le umane capacità di comprensione, che a nessuno poteva balenare nella mente; nulla ne sapremmo, se appunto non fosse stato rivelato.

Rivelato, ma pur sempre mistero; tante menti superiori hanno cercato di indagarlo, ma con esiti limitatissimi. Più che mai in questo caso le parole umane, di fronte all'ineffabile, si rivelano inadeguate; sono soltanto timidi balbettii che, lo si intuisce, si limitano a sfiorare una realtà di natura sua non contraria ma eccedente le nostre capacità di comprensione.

Lo fa capire un noto aneddoto relativo ad una delle più acute menti mai esistite, Sant'Agostino. Un giorno, si narra, egli passeggiava avanti e indietro sulla spiaggia, immerso nell'arduo tentativo di spiegarsi appunto la Trinità, quando notò un fanciullo che aveva scavato una buca nella sabbia e con una ciotola vi portava dentro acqua del mare. "Che fai?" gli chiese. "Metto il mare in questa buca", fu la risposta. E Agostino, indulgente: "Via, come puoi riuscirci? Non vedi com'è grande il mare? Come potrebbe stare tutto in uno spazio così piccolo?" Ma ecco la risposta: "E tu, come pretendi di far stare l'immensità di Dio dentro la tua testa?"

Inspiegabile nella sua dimensione profonda, e tuttavia qualcosa del mistero si può capire, ad esempio considerando le tre Persone all'opera nei confronti degli uomini. Non a caso questa festa si colloca nella domenica seguente la Pentecoste, cioè dopo concluso il tempo pasquale nel quale si è celebrata la redenzione dell'umanità, compiuta con la morte e risurrezione di Gesù. La Scrittura rivela che in realtà la redenzione non è opera del solo Gesù, ma appunto della divina Trinità. Dio Padre ha voluto salvare gli uomini, offrendo loro la possibilità di riallacciare i rapporti con lui, interrotti dal peccato; per questo ha mandato nel mondo il suo Figlio, il quale allo scopo ha assunto la natura umana e con la sua morte e risurrezione ha espiato per tutti. L'ha fatto una volta per sempre, duemila anni fa a Gerusalemme: rimane il problema di come quell'opera, lontana nel tempo e nello spazio, possa tornare a beneficio dei singoli uomini, di ogni tempo e paese. A ciò provvede la terza Persona, lo Spirito Santo, attivo nel battesimo, nella cresima e in tutti gli altri sacramenti, che sono i mezzi predisposti da Gesù e affidati alla sua Chiesa, proprio per offrire agli uomini la possibilità di beneficiare di quanto egli ha compiuto.

La volontà del Padre, adempiuta dal Figlio, continuata dallo Spirito: l'unico Dio in tre Persone, legate dall'unità degli intenti, in perfetta sintonia. E pur se il mistero permane, troppo grande perché ci sia possibile esplorarlo fino in fondo, il fatto che ci sia stato rivelato è un segno della considerazione in cui Dio tiene quanti ha creato a sua immagine e somiglianza.

Rivelandoci il segreto della sua vita trinitaria, egli ci ammette nella sua casa, ci fa partecipi della sua intimità: confidando che, consapevoli di tanto onore, accogliamo il dono e condividiamo quella intimità per sempre. E' quanto si afferma anche nella pagina evangelica di oggi (Giovanni 3,16-18). Dice Gesù a Nicodemo, il notabile recatosi da lui di notte: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna".