Amare i nemici, la (difficile) concretezza della santità

padre Ermes Ronchi

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19 febbraio 2017)

Avete inteso che fu detto: occhio per occhio - ed era già un progresso enorme rispetto al grido selvaggio di Lamec, figlio di Caino: ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido (Gen 4,23) -, ma io vi dico se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra. Porgi l'altra guancia, che vuol dire: sii disarmato, non incutere paura. Gesù non propone la passività morbosa del debole, ma una iniziativa decisa e coraggiosa: riallaccia tu la relazione, fa' tu il primo passo, perdonando, ricominciando, rattoppando coraggiosamente il tessuto della vita, continuamente lacerato dalla violenza.

Il cristianesimo non è una religione di schiavi che abbassano la testa e non reagiscono; non è la morale dei deboli, che nega la gioia di vivere, ma la religione degli uomini totalmente liberi, come re, padroni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di disinnescare la spirale della vendetta e di inventare reazioni nuove, attraverso la creatività dell'amore, che fa saltare i piani, non ripaga con la stessa moneta, scombina le regole ma poi rende felici.

È scritto: Amerai il prossimo e odierai il nemico, ma io vi dico: amate i vostri nemici. Tutto il Vangelo è qui: amatevi, altrimenti vi distruggerete. Altrimenti la vittoria sarà sempre del più violento, del più armato, del più crudele. Gesù intende eliminare il concetto stesso di nemico. Violenza produce violenza come una catena infinita. Io scelgo di spezzarla. Di non replicare su altri ciò che ho subito. Ed è così che mi libero.

Il Vangelo mette in fila una serie di verbi che chiedono cose difficili: amate, pregate, porgete, benedite, prestate, fate: per primi, ad amici e nemici. La concretezza della santità, niente di astratto e lontano, santità terrestre che profuma di casa, di pane, di incontri. Non sono precetti, ma offerta di un potere, trasmissione da Dio all'uomo di una forza, di una energia divina.

Infatti dove sta il centro da cui scaturisce tutto? Sta nelle parole: perché siate figli del Padre vostro che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi. Da Padre a figli: c'è come una trasmissione di eredità, una eredità di comportamenti, di affetti, di valori, di forza, di solarità.

Perché ogni volta che noi chiediamo al Signore: "Donaci un cuore nuovo", noi stiamo invocando di poter avere un giorno il cuore di Dio, e gli stessi suoi sentimenti, la sua perfezione.

È straordinario, verrà il giorno in cui il nostro cuore che ha fatto tanta fatica a imparare l'amore, sarà il cuore stesso di Dio e allora saremo capaci di un amore che rimane in eterno, che sarà la nostra anima, per sempre, e che sarà l'anima del mondo.