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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11 settembre 2016)

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Paolo Matarrese

Uno dei segni che caratterizza il giubileo della misericordia che stiamo vivendo è quello della Porta Santa. Segno che evidenzia un passaggio da un "di fuori" ad un "di dentro": un ri-entrare, un ri-scoprire la gioia di stare dentro una vita nuova che Dio ci ha donato e ci dona con il suo amore gratuito e misericordioso. Una vita vera, che ci riapre alla comunione/riconciliazione più profonda con Lui, con la nostra umanità e con i fratelli!

Ed è proprio lo scandalo per un gesto di comunione compiuto da Gesù, il motivo del racconto delle parabole che abbiamo ascoltato: Gesù mangia con i peccatori! Al vedere questo i farisei e gli scribi si mettono a mormorare. Mangiare insieme è segno di condivisione e comunione della stessa vita, della stessa famiglia e se agli occhi dei farisei questo significava che Gesù diventa impuro con i peccatori, per Gesù invece ha un valore completamente diverso: lui condivide e offre la sua vita perché la vita dei peccatori possa essere trasformata dalla sua grazia e dal suo amore: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio" (2 cor 5,21) e la giustizia di Dio è la salvezza di ogni uomo che è stato cercato, raggiunto e sorpreso da un amore completamente gratuito che lo apre ad una vita di grazia, gratuità e vera comunione. Gesù ci manifesta un Dio Padre che va incontro ad ogni uomo, la cui gioia è quella di riunire e riconciliare nel suo abbraccio un'umanità ferita dal peccato e divisa! E' bello che Gesù, nelle parabole di oggi, invita ad entrare in comunione, potremmo dire, far sedere alla stessa mensa, i pubblicani e i peccatori insieme agli scribi e i farisei invitati dall'amore del Padre che li rende fratelli. E questo è il banchetto a cui siamo chiamati ogni volta che celebriamo l'eucarestia dove, attraverso la parola e il corpo di Cristo, entriamo nella vera comunione con Dio Padre e con i fratelli.

San Paolo nella seconda lettura ci offe una testimonianza della sua esperienza: "Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io". In questa sue parole possiamo trovare, in filigrana, il percorso di fede che Gesù, raccontando queste parabole, vuole invitare i suoi interlocutori e la Chiesa a percorrere.

-Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori: nelle parabole si narra di un pastore e di una donna che si mettono a cercare qualcuno (una pecora) e qualcosa (una moneta) che si sono persi. In questa ricerca emerge la priorità di Dio che è cercare l'uomo che si trova in pericolo, che si è perso, oppure si è nascosto rimanendo in casa (è il caso della moneta e del figlio maggiore). La misericordia di Dio non si esaurisce solo nell'esperienza del perdono, ma inizia quando l'uomo sperimenta questa insistenza di Dio che bussa continuamente alla porta del suo cuore. Giorni fa una persona mi confidava che "Dio è uno che ti sfianca con il suo amore e alla fine non puoi che arrenderti a Lui". Che bello sperimentare in quei momenti dove penseresti che Dio non possa più tollerare le tue cadute, i tuoi peccati, le tue infedeltà, sentire invece la presenza di un Padre che ti raggiunge, ti solleva e ti invita a ricominciare una volta e una volta ancora insieme a Lui! Le parabole ci parlano anche della possibilità non solo di perdersi ma anche di nascondersi dall'amore di Dio (è il caso del figlio maggiore). Potremmo chiamarlo il "nascondimento dell'uomo giusto" che, in un fraintendimento tragico, vive il suo rapporto con Dio e di conseguenza con gli altri, come cammino di perfezione e di doveri, dove l'amore va meritato, conquistato, riconosciuto e alla fine rinfacciato! Tanti cristiani intendono e vivono l'esperienza della misericordia di Dio come delle correzioni e aggiustamenti alla loro vita che continuano a condurre con lo sforzo esclusivo della loro volontà. Questo li porta inconsapevolmente ad un continuo misurarsi con se stessi e con gli altri. Dio ci cerca non per fare delle correzioni ma per farci entrare in una vita totalmente nuova che non possiamo darci da soli e che noi siamo chiamati ad accogliere lasciandoci trasformare: questa è la salvezza che Cristo è venuto a donarci, altro che piccole correzioni ai nostri difetti!

- "il primo dei quali sono io" E' la seconda parte della frase di San Paolo che, per "primo", non intende soltanto il "più grande" peccatore ma è inteso soprattutto in un senso di esclusività ed elezione da parte di Dio. Nelle prime due parabole Gesù conduce gli interlocutori dentro un paradosso numerico: 1 pecora persa su 100, 1 moneta su 10.

"Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta?" Se Gesù avesse atteso la risposta forse la più probabile sarebbe: nessuno! Forse nessun pastore metterebbe in rischio le novantanove per andare in cerca di una pecora ma Gesù gioca sulle sproporzioni per focalizzare e farci entrare in questo amore folle di Dio Padre per ogni uomo, ogni singolo uomo. Dio non ci ama in maniera impersonale e dozzinale ma ognuno di noi vale infinitamente tanto ai suoi occhi come per una madre e un padre loro figlio. Un autore scriveva "Tutta la passione di Dio e tutta la storia è questa passione di ricerca di Dio intorno all'uomo perduto, perché Dio non ha figli da buttare via, ognuno è figlio unico, irripetibile, amato senza fine!". Ognuno di noi è quel figlio -qualunque esso sia, maggiore o minore - di un Dio Padre che ogni giorno esce a cercarlo per raggiungerci e trasformarci con il suo amore misericordioso. Chiediamo la grazia al Signore che anche noi, come San Paolo, possiamo sperimentare questo amore in maniera sempre più profonda nella nostra vita, per entrare nella stessa gioia di Dio riconoscendoci più fratelli perché tutti amati e perdonati dall'amore di Dio.