Commento su Luca 16,1-13

fr. Massimo Rossi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18 settembre 2016)

...E dopo la parabola del Figliol prodigo ascoltata domenica scorsa, oggi il Vangelo di Luca ce ne propone un'altra, per metterci in guardia dalle insidie della ricchezza, in particolare del denaro, che il Vangelo chiama letteralmente mammona, demonio di iniquità.

La pagina che abbiamo ascoltato è parecchio complicata, soprattutto la prima parte: non c'è dubbio che l'amministratore fosse disonesto, disonesto e furbo! Su una scala da 1 a 10, l'amministratore si merita un bel 9 in disonestà, ma sicuramente un 10 tondo tondo in furbizia!

Evidentemente è proprio vero che il mondo è dei furbi!!

Io, che non sono furbo per niente - del resto, Gesù lo denuncia apertamente: i figli della luce son meno furbi dei figli di questo mondo - non capisco il senso dell'escamotage dell'amministratore... perché ordina al debitore di olio di scrivere sulla ricevuta 50 barili anziché 100? per intascarsi la differenza? Idem con il debitore di grano. Oppure vuole guadagnarsi l'amicizia dei due debitori, ora che ha bisogno di aiuto? oppure tutt'e due: mettere da parte un po' di provviste e assicurarsi favori preziosi... Non capisco neanche il motivo per il quale quel padrone lodò addirittura l'amministratore disonesto... Boh!

E poi, cosa sono ste dimore eterne? "Qualcuno potrebbe spiegarmelo, come farebbe con un bambino di sei anni?" (citazione dal film-cult del 1993, di Jonathan Demme: "Philadelphia").

Importante è la morale della favola: quella, per fortuna, non lascia spazio a dubbi: "chi è fedele nel poco, sarà fedele anche nel molto. Chi ha amministrato onestamente le ricchezze di questo mondo, sarà premiato con una ricchezza (in cielo) che non si corrompe e non viene meno".

Resta il fatto che, onesta o disonesta, la ricchezza materiale - il denaro in testa! - costituisce sempre una tentazione pericolosa! Troppo rischiosa,...ammaliatrice più che le sirene di Ulisse! La mente si sfinisce in calcoli; l'ansia cresce man mano che cresce il capitale... E poi le tasse! e con le tasse, anche l'assillo di come evaderle, almeno in parte, per non farsi mangiar tutto dallo Stato...

Nel Medioevo si parlava di compensatio occulta, un escamotage per rivendicare il diritto all'obbiezione di coscienza, applicata alle questioni riguardanti appunto l'accumulo del capitale. In altri termini, l'individuo diventa norma a se stesso: in nome dell'autonomia inviolabile della coscienza, un soggetto che, appunto, in coscienza, ritiene iniqua una legge - nel presente caso, le disposizioni tributarie - sarebbe autorizzato a non seguire la norma in questione.

Non è questo il luogo per lanciarsi in un'invettiva contro il sistema tributario italiano, tantomeno per affrontare la delicata questione sull'autorità della coscienza individuale in materia di legge; certo, canonizzare l'autonomia assoluta della coscienza susciterebbe in qualcuno la convinzione di poter fare di tutto e di più, purché obbedisca alla propria coscienza... sarebbe l'anarchia più totale!

L'onestà non si misura in ragione dell'oggetto in questione; così pure la disonestà. In altre parole non si può dire che chi non timbra il biglietto del tram sia meno disonesto di chi non rilascia la ricevuta fiscale, o di chi esporta capitali all'estero... Son tutti e tre disonesti! Il Vangelo di oggi dice questo, senza mezzi termini. "Andiamo, su! ma chi è che, almeno una volta, non ha fatto il ‘portoghesé, non ha obliterato il ticket? non ha chiesto la ricevuta, sapendo che, senza, avrebbe pagato una parcella più bassa?... lanci la prima pietra!".

Questo malcostume di piccola disonestà quotidiana è talmente diffuso, che l'onestà integrale è stata promossa, da dovere ordinario a virtù straordinaria: è talmente rara e poco praticata, che coloro i quali tentano almeno di "honeste vivere", di vivere onestamente, non vengono additati come esempi da imitare, ma irrisi come co... come idioti.

La fede non paga, ormai lo abbiamo capito; oggi abbiamo capito un'altra cosa: la fede è invasiva, contamina ogni aspetto della vita, pretende di dire la sua in tutto e a tutti.

Beh, allora, se è così, tantovale ritornare ad un passato neanche troppo lontano, quando il prete rappresentava un'autorità sociale indiscussa e indiscutibile, insieme con il medico condotto, il farmacista del paese e il maresciallo...

Bei tempi, quando i preti tuonavano dal pulpito ogni domenica, fustigando i costumi e dando indicazioni precise ed esplicite sulla vita pubblica dei cristiani, compreso il voto da dare ai rappresentanti di un certo partito...sempre quello.

Forse così è troppo...

Quando dico che la fede è invasiva, intendo ricordare soprattutto a me, che la fede ha diritto di parola in tutto ciò che penso io, in tutto ciò che dico io, in tutto ciò che faccio io!

Quando invece la fede è il pretesto per puntare il dito contro gli altri, quando la fede diventa una spada da brandire contro la corruzione dei costumi altrui, allora la fede si avvicina pericolosamente al moralismo, degenerazione patologica, ipocrita spesso, e bacchettona della morale.

A questo proposito, mi torna in mente quel passo del Vangelo di Matteo, a proposito del divieto di giudicare: "Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello." (7,3-5).

Notate: il Vangelo appena ricordato non istiga al menefreghismo, del tipo: "Ciascun per sé e Dio per tutti!"; rivelative, le ultime parole: "...ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.": guardiamo agli altri, sì, ma non per accusarli, bensì per aiutarli ad uscire dalla loro situazione di sofferenza. Dire soltanto: "Sei un peccatore!" è da moralisti, e non aiuta, anzi colpevolizza ancor di più. Chiedere, invece: "Come stai posso fare qualcosa per te?"?è un atto di carità cristiana...e, certo, non passerà inosservato, né agli occhi del prossimo, né a quelli di Dio.