Fede di adito, fede dell'uomo

don Maurizio Prandi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (7 agosto 2016)

È il tema della fede a fare da sfondo alla liturgia della Parola di questa domenica. Fede dell'uomo certamente... che nella prima lettura viene presentato come colui che crede nella promessa di Dio, una promessa che diventa forza e sostegno di un popolo che sperimentava l'oppressione del faraone ma allo stesso tempo non si sentiva abbandonato da Dio.

Fede dell'uomo ancora, nella seconda lettura: la fede di Abramo e di Sara e della loro numerosa discendenza che ha ascoltato la promessa di Dio ma non l'ha vista compiersi... un popolo che ha salutato da lontano la terra promessa. C'è un particolare che credo meriti di essere segnalato ed è la continuità con quanto nelle due ultime domeniche ci siamo detti: l'importanza del cercare, del ricercare. È una ricerca che non guarda con nostalgia al passato ma che aspira a qualcosa di diverso, di nuovo... di celeste dice il testo. Celeste però sempre nel senso che ci siamo detti la settimana scorsa: le cose celesti non sono quelle chiuse lassù nei cieli, ma quelle che ci fanno entrare nel mistero di un Dio che ci parla di seminatori e pastori, di mamme e di papà e di bambini chiassosi, di donne che vanno ad attingere acqua al pozzo, di poveri e di vedove, di servi e di padroni... alla rovescia (!)

Tutto questo però non parte dalla fede di un popolo, dalla fede di Abramo, dalla fede di Sara... la partenza non è la fede dell'uomo ma la fede, la fiducia che ha Dio nel popolo che sceglie per dirgli: Tu puoi! Mi fido di te! Così come con Abramo e con Sara... tu puoi! Mi fido di te!

È per questo che ho sintetizzato così l'ascolto di questa domenica: "fede di Dio... fede dell'uomo". Può sembrare strano che Dio abbia fede vero? Ma è proprio così invece... e dal vangelo che abbiamo ascoltato emerge in modo evidente: Dio ha fiducia nell'uomo, e mi pare bellissimo! Dio ci viene raccontato da Gesù come un padrone di casa che parte e affida la sua casa ai suoi servi. Ermes Ronchi scrive cose bellissime al riguardo tenendo in sottofondo tutte le parabole sulla vigilanza: Dio è un cuore luminoso! È un padrone pieno di fiducia che non nutre sospetti. Proprio perché Dio ha un cuore pieno di luce ti affida le sue cose... quindi le persone e il mondo intero e lo fa dicendoti: Tu puoi! Mi fido di te! Per troppo tempo abbiamo riempito le chiese di gente impaurita... se non vieni... punito! punita! Ah questo è peccato! punito! punita! Le nostre assemblee non possono essere formate da volti impauriti, angosciati... ma volti gioiosi, avvinti, affascinati. Il cristiano è qualcuno conquistato dal volto di un Dio che ha fiducia in lui. E' più casa per me una chiesa semivuota allora, ma con persone così che una chiesa piena di gente ma resa paurosa dal volto di un Dio raccontato come minaccioso, giudicante, implacabile.

Se volete, il vangelo oggi ci racconta qualcosa di impensabile... impensabile per me almeno, per il mio cuore, per la mia testa, per l'idea di Dio che ancora ho e che non riesco a scrollarmi di dosso. Che bello il vangelo di oggi: Dio passa dall'altra parte e da padrone diventa servo → hai vegliato tutta una notte, attendendo... hai vegliato nella tua notte, nella tua fatica, nel tuo dolore, nelle tue domande, nella tua solitudine... sono sorpreso, incantato dal tuo vegliare! Siediti, passo a servirti... Pensate al vangelo... quante notti... la notte di una donna che si sente giudicata e si presenta con profumo e lacrime; la notte di chi è povero e solo e si presenta con due spiccioli al tempio; la notte di chi, al termine di una vita passata a rubare chiede: ricordati di me; la notte di chi ha sete di acqua e di incontro con Dio; la notte di chi finalmente vede e... vede Gesù, e lo segue. Mi sono cari questi esempi perché credo che Dio si fida dell'uomo quando è... piccolo! Comincia così il vangelo di questa domenica, Non temere piccolo gregge... è una riflessione che facevo già qualche tempo fa e se penso a me continuo a dire che in questa frase c'è qualcosa che nova in quanto io non temo, non ho paura quando mi sento protetto, quando in tanti e possibilmente tutti forti sono intorno a me e vigilano. Gesù invece sottolinea l'importanza e la necessità della condizione della piccolezza. La scelta di Dio è di consegnarsi nelle mani dei piccoli... la scelta di Dio è di affidare il Regno (una persona, il proprio Figlio), ai piccoli.

Leggendo un commento a questo brano di vangelo notavo come il termine che viene usato per indicare il gregge è poimnion, che di suo già vuol dire piccolo gregge... Luca decide di rafforzare e aggiunge micron, per renderlo ancora più piccolo, mi viene da dire numericamente insignificante... Fino a che ci sentiamo grandi, fino a che ci riteniamo importanti, fino a che avremo posizioni privilegiate da difendere, avremo sempre paura... paura di perdere qualcosa, paura di dover fare dei passi indietro, paura di perdere delle posizioni. Sento bello allora questo invito di Gesù, perché mi fa pensare, mi fa riflettere sul fatto che difficilmente io lego il non temere alla piccolezza: il vangelo mi dice che chi non ha niente da perdere, non ha nemmeno nulla da temere. È quest'uomo, piccolo, è questa umanità, piccola, ad incantare Dio, a stupirlo, ad accendere il suo cuore di luce... è questa umanità che proprio perché piccola è capace di eccessi d'amore ed è capace di far dire a Dio ancora una volta: siediti, passo a servirti! Ecco che ancora una volta Gesù rovescia, capovolge l'immagine che abbiamo di Dio. Dio è diverso dai padroni, intanto perché si assenta e assentandosi lascia a noi la sua casa, la sua terra le sue cose... le lascia a noi e alla nostra responsabilità, perché impariamo a crescere da adulti e non da schiavi. Dio non è un padrone ma è un Signore, è colui che si mette a servire.

Il tema della fede è legato a quello della vigilanza dicevo... un tema che Luca decide di inserire in questa sezione dedicata al viaggio, come dire che anima del viaggiare è l'essere vigilanti, anima del viaggiare, dell'essere in cammino è custodire le tre immagini che la prima delle parabole raccontate da Gesù ci consegna. Cosa vuol dire essere vigilanti? Vuol dire non avere paura della notte (la prima immagine), ma abitarla, perché la venuta del Signore e i suoi inviti (lo si capisce da quanto accennavo prima), sono dentro le nostre notti, quando è buio, quando tutto non è così chiaro, dentro l'incertezza, l'imprevedibilità della vita (don A. Casati). Poi l'altra immagine, quella dei fianchi cinti, che è la tenuta di lavoro, di servizio, di viaggio... per non essere impedito nel viaggio, colui che parte si cinge i fianchi per non inciampare nella veste. La cosa più straordinaria (ripeto ancora scusate), è che Gesù usa questa immagine riferendola a Dio: il Signore (non il padrone) torna dalle nozze, si cinge i fianchi e serve lui stesso coloro che ha trovato vigilanti... con alcuni ragazzi abbiamo vissuto, questa settimana, proprio una bella esperienza, fatta di preghiera, di convivenza, comunione ma fatta anche di lavoro. Siamo stati al Sermig di Torino e ci siamo un po' messi in gioco: lavoro nei campi, nella falegnameria, con i profughi per insegnare loro la lingua italiana, facendo animazione ai bambini di uno dei quartieri più problematici della città e tante altre possibilità di faticare. Credo di poter dire che è stato un modo per vigilare, per mantenersi desti, per capire meglio, per desiderare di vivere la nostra originalità non accontentandoci di un mondo che ci vuole piatti, uguali, senza differenze...