Missionari della Via

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24 luglio 2016)

I discepoli, affascinati dall'intenso modo di pregare di Gesù, gli chiedono di insegnar loro a pregare. Nel Vangelo secondo Matteo ci vien anche detto che non si viene ascoltati a forza di parole. La forza della preghiera non sta nelle parole o nelle "formule" utilizzate, ma tutto è centrato sul modo di relazionarsi con Dio, sul rapporto con Lui, da figli con un Padre pieno d'amore, a cui chiedere ciò che è veramente necessario. In Luca il Padre nostro è accompagnato dalla parabola dell'amico importuno: bussa e bussa finché non ottiene quel pane necessario (richiesto anche nel Padre nostro): chiede cioè con insistenza qualcosa di veramente necessario. Ora, se questo gli viene dato per la sua invadenza, tanto più Dio, che è buono e paziente, ci dà ciò che ci serve veramente, cioè lo Spirito Santo. Il punto qui è: per pregare di cuore, ci vuole una necessità: l'avere fame, avvertire cioè una mancanza, segnalata da quel dono di Dio che si chiama angoscia, che nasce dal senso di verità di noi stessi, al quale spesso ci riconducono le prove della vita: non siamo autosufficienti! Questo ci porta a rivolgerci a Dio per chiedergli quel "pane" che ci manca, e che se non riceviamo da Lui, non possiamo nemmeno dare agli altri. Quel "pane" che non è solo il necessario per la vita del corpo, ma anche quel cibo interiore, quella pienezza che il cuore cerca, quell'amore vero, quella pace che da soli non possiamo darci, quella gioia alla quale aneliamo, quel perdono che, se prima chiediamo e riceviamo da Dio, non riusciamo nemmeno a dare... Sì, tutti cerchiamo questo pane dell'amore, ovvero che qualcuno ci voglia bene: solo l'amore sazia! Se c'è un rapporto vero con Dio Padre, allora sboccia anche il nostro rapporto con gli altri: riscoprendoci amati nel profondo, iniziamo ad aprirci, non pensando sempre e solo a noi. Nella preghiera facciamo esperienza di questa relazione fondamentale: Dio non è estraneo, ma è nostro Padre. Dall'essere in relazione con Lui, veniamo ricolmati di Spirito Santo, veniamo saziati interiormente, scoprendo così che in realtà abbiamo bisogno di poco per vivere: un tozzo di pane. Lui sazia l'infinita fame che c'è nel nostro cuore, e che spesso ci porta a cercare invano fuori di noi la sazietà: nel successo, nell'immagine, nelle relazioni con gli altri, nell'avere un sacco di cose... e dunque, a conti fatti, restano poche le necessità materiali! Ecco perché San Crisostomo diceva: dal Padre nostro impariamo quanto ci è veramente necessario: un po' di pane. Tante cose sono solo un pensante di più...

Infine, entrando nel rapporto con Dio scopriamo che abbiamo bisogno di Lui quando siamo tentati. Tantissime volte i nostri errori nascono, come detto prima, dalla presunzione di essere autosufficienti: ci troviamo così ad affrontare da soli problemi più grandi di noi. Nell'AT all'abbandono di Dio, corrispondeva una tremenda conseguenza: l'essere abbandonati ai desideri del proprio cuore, l'essere in balia delle proprie "fami disordinate", trovandosi soli davanti alla vita perché lo abbiamo rifiutato. Qui invece gli chiediamo che non ci lasci soli davanti alle prove della vita, desiderosi di stare con Lui, nella certezza che Lui non ci abbandona mai! E questo ci ricorda l'importanza di ricorrere subito a Lui, invocando il Suo nome quando siamo concretamente tentati: segnarsi col segno di croce, invocare il Padre nostro, il nome di Gesù e di Maria, sono rimedi meravigliosi per non soccombere alla tentazione: provare per credere! Dunque, tutto parte dall'aver capito che Dio è nostro Padre, che vuole il nostro bene e che ci da ciò che è il nostro vero bene. Possa, da questa certezza, scaturire una pace infinita nel nostro cuore: la pace del fidarsi di Dio, nostro Padre, sempre.