Prendere o lasciare

don Alberto Brignoli

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (26 giugno 2016)

Tra le parole maggiormente usate nel lessico comune quando si parla di attualità, c'è sicuramente la parola "integralismo". Ne parliamo tutti, o comunque tutti ne sentiamo parlare in abbondanza: e sicuramente, ognuno ha la propria interpretazione e le proprie idee al riguardo, molto differenti tra di loro. Di certo, quasi tutti la associamo a un fenomeno religioso, e in particolare a un fenomeno religioso di una determinata zona geografica o comunque presente in una determinata religione molto più che in altre. Soprattutto, cerchiamo di ribadire anche con una certa convinzione come nella nostra religione o in espressioni religiose simili e vicine alla nostra questa idea di integralismo sia praticamente assente, perché ci teniamo a sottolineare come la libertà di espressione religiosa e la libertà in generale siano tra le maggiori conquiste dei nostri sistemi democratici: e non appena le vediamo minate da qualsiasi tipo di fattore esterno ci mettiamo sul "chi va là", facciamo scattare un campanello di allarme che ci porta a dire, alla fine, che noi no, noi non siamo e non saremo mai integralisti nel vivere la nostra religiosità. Noi siamo tolleranti, noi rispettiamo tutti, noi accettiamo il modo di credere e di pensare di tutti, e soprattutto non obblighiamo nessuno a credere ciò che crediamo noi e a credere come vogliamo noi. Almeno, questo è quanto pensiamo.

Eppure, anche tra i discepoli di Cristo, da sempre, non mancano atteggiamenti di intolleranza, di insofferenza, di mancanza di rispetto, di scarsa accoglienza del diverso, che in determinate situazioni ambientali e storiche sono sfociati e continuano a sfociare in atteggiamenti che non è difficile definire integralisti. Credo che ne abbiamo un saggio all'interno del brano di Vangelo che abbiamo ascoltato, che da molti studiosi è definito il punto di svolta dell'intero Vangelo di Luca. Gesù, infatti, ha terminato la sua missione in Galilea e si dirige in maniera decisa verso Gerusalemme. Questo viaggio non è solo una salita fisica verso la zona montuosa della Palestina o verso il monte santo di Sion su cui è collocata la Città Santa: è anche la salita verso il vertice della storia della salvezza, la glorificazione di Gesù, che raggiungerà il suo culmine con l'ascensione al cielo. Gesù non tentenna, non ha un attimo di esitazione: e il termine usato da Luca ("la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme") indica non solo decisione, ma anche la ferma volontà di andare "contro" Gerusalemme e tutto quel sistema religioso che intorno al suo tempio si era creato, e che in nome della fedeltà alla Legge aveva dimenticato il volto misericordioso di Dio.

Lungo il viaggio, infatti, Gesù avrà modo in più di un'occasione di mostrarsi misericordioso, e lo vedremo nella lettura continuata del Vangelo di Luca: dai discorsi sulla misericordia di Dio agli atteggiamenti attenti e pazienti nei confronti delle persone, specialmente dei più poveri, il Gesù di Luca mostrerà una decisa predilezione verso un'immagine di Dio molto diversa da quella autoritaria e giustizialista del giudaismo. Eppure, i suoi discepoli non lo comprendono, e interpretano la sua "ferma decisione" come un desiderio di conquistare politicamente Gerusalemme: desiderio di fronte al quale occorre agire a testa bassa e senza alcuna tergiversazione. Se qualcuno cerca di opporsi a questa scelta del Maestro, va eliminato senza mezzi termini: questo lo vediamo bene nell'atteggiamento decisamente integralista di Giacomo e Giovanni nei confronti di un villaggio di Samaritani. C'è da dire che neppure ai Samaritani mancava nulla, in questo senso: la loro storica opposizione ai Giudei e alle loro pretese di dominio assumeva atteggiamenti talmente duri che a ragione possono essere definiti integralisti, al punto da rifiutarsi di accogliere Gesù in paese proprio perché diretto a Gerusalemme, convinti che fosse intenzionato ad assumere la leadership giudaica. Quest'atteggiamento non poteva che provocare la reazione dei figli di Zebedeo, che se il Vangelo soprannomina "Figli del Tuono", un motivo ci sarà: il loro intollerante integralismo si manifesta in maniera esplicita con la proposta a Gesù di invocare un "fuoco dal cielo" che bruci il villaggio dei samaritani non accoglienti. La risposta di Gesù possiamo ben immaginarla: il rimprovero è immediato, non solo per l'oggettiva assurdità delle loro affermazioni, ma anche e soprattutto perché non avevano per l'ennesima volta compreso che il suo viaggio verso Gerusalemme non era una sorta di rivoluzione o di investitura regale, ma semplicemente il compimento del mistero della salvezza.

E allora, Gesù sfrutta la situazione creatasi per far riflettere i discepoli sul significato dell'integralismo religioso e dell'intolleranza nei confronti di chi professa una fede diversa dalla nostra. E lo fa senza allontanarsi dalla Samaria, anzi, recandosi in un altro villaggio della regione. Lì, finalmente, lo accolgono. Non solo: addirittura vogliono mettersi alla sequela di Gesù. Luca ci descrive l'incontro di Gesù con tre personaggi che, ognuno a loro modo, vogliono seguire il Maestro nel suo viaggio verso Gerusalemme. Ma ognuno dei tre ha qualcosa da osservare, ha delle condizioni da dettare, ha dei "distinguo" da sottoporre al Maestro: una volta realizzatesi queste condizioni, allora potranno seguire il Maestro "ovunque egli vada".

Ma seguire il Maestro significa andare fino in fondo, in maniera incondizionata; significa essere radicali, integralisti, sì, ma non con gli altri, bensì con se stessi. Essere integralisti verso gli altri porta solo divisione e conflitti; esserlo con se stessi vuol dire avere il Maestro come solo punto di riferimento, accettare di seguire il Maestro "ovunque egli vada". Significa non avere la certezza di un luogo fisso ove posare il capo, perché le esigenze radicali del Vangelo ti portano un giorno a essere in un luogo, e poco dopo da un'altra parte; significa non attaccarsi al passato, e lasciare che ciò che è morto appartenga al regno della morte, che non è certo dove il Vangelo vive; significa non volgere lo sguardo neppure alle cose del presente, perché in qualsiasi momento ti possono distogliere dall'annuncio del Vangelo.

Se hai deciso di mettere mano all'aratro, non puoi smettere di arare; se hai deciso di spendere la tua vita per il Vangelo, non puoi più tirarti indietro. L'unico integralismo che il Vangelo tollera è quello verso se stessi: o annunci Cristo fino in fondo, senza condizioni, come vuole lui, oppure non lo segui. Prendere o lasciare.