Commento su Mt 9,9-13

Paolo Curtaz

Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (5 luglio 2013)

Mette sempre i brividi leggere la chiamata di Levi raccontata da Levi. Sembra un resoconto cronachistico, in realtà si sente che vibra di passione e di compassione, nonostante siano passati trent'anni da quegli eventi. Vibra perché egli si ricorda bene di quel momento in cui l'ospite di Simone il pescatore e lo ha guardato sorridendo. Nessun devoto gli rivolgeva la parola, figuriamoci uno che godeva la nomea di essere un profeta! Levi si era abituato a quel dolore sordo che portava nel cuore, agli sguardi altezzosi, all'incomprensione. Si era abituato a tutto ma non ad essere amato. Lui, malato terminale della fede, era trattato con disprezzo da chi, come i farisei, pensava di essere un palestrato della fede. E invece. Gesù fa festa con lui, per lui. Entra nella sua vita e la sconvolge come ha sconvolto la vita di molti fra noi. Sì, Levi ha imparato cosa significa la misericordia e non il sacrificio. Ha capito sulla sua pelle cosa significa opportunità di cambiamento. Ha imparato ad amare senza paura. Ora tocca a noi imparare, ed insegnare ancora, cosa significa la misericordia. E viverla. E raccontarla. Come ha saputo fare Matteo.