Tempo di sapienza e di Rivelazione

padre Gian Franco Scarpitta

Ascensione del Signore (Anno A) (5 giugno 2011)

Trascorsi i quaranta giorni di segni, prodigi e apparizioni, inizia il tempo della "sapienza e della rivelazione". Gesù infatti, pur restando vero Dio e vero Uomo, ritorna nella sfera di comunanza piena con il Padre, recuperando in pienezza la sua posizione di uguaglianza assoluta con Dio. Ascendere al Cielo vuol dire infatti "sedere alla destra del Padre", occupare una posizione pari a quella di Dio e tale è il destino di Gesù. Resterà sempre in mezzo a noi, ma la sua presenza di uomo e Dio non sarà più come quella dell'uomo di Galilea. Questo fa sì che non saranno più le percezioni sensoriali e le comuni interazioni esteriori a farci fare esperienza di lui, ma il ricorso alla prerogativa della fede, per la quale accettiamo il suo mistero come dato rivelato e non immediatamente sperimentabile. E proprio la fede, come afferma Paolo (II lettura) ci dà la possibilità di conoscere il Cristo secondo sapienza divina e divina rivelazione: non in quanto dato di sperimentazione o risultato di una conquista scientifica o razionale, ma come Colui che si è reso manifesto deliberatamente, che ci si è auto comunicato nella sua rivelazione.

Un itinerario abbastanza difficile e complesso, o almeno non semplice e immediato quale era stata l'esperienza del Gesù terreno e materiale, che mangiava a mensa con i Dodici (poi Undici) e con peccatori e pubblicani. Riconoscere Gesù nella fede, cioè rinunciando all'aiuto della vista, del tatto, dell'udito e dell'olfatto, comporta infatti lasciare spazio al cuore, aprirsi alla prospettiva del Mistero e dell'indefinito. Il che richiede non poca umiltà e sottomissione.

E' quello che stanno sperimentando gli attoniti Undici apostoli mentre osservano la volta celeste. Essi si rendono conto che adesso tutto dipende da loro, cioè avranno la responsabilità di dover percepire la presenza del loro Signore in modo del tutto diverso dal precedente; di doversi rendere conto dei suoi moniti e dei suoi rimproveri non più per mezzo della voce sensoriale, ma in ragione della certezza che scaturisce dall'annuncio: la fede.

In più, anzi proprio in forza di questo, dovranno essere fedeli al mandato da loro impartito dallo stesso Signore, dell'annuncio e della testimonianza in tutto il mondo.

Ma li risolleverà comunque la certezza che il loro Signore, seppure assente nella materia, sarà sempre con loro "fino alla fine del mondo" e opererà con loro e in loro l'annuncio di salvezza. La promessa di Gesù di non lasciarli orfani, soprattutto con l'invio dello Spirito di verità, li rincuorerà e li spronerà nelle vicende missionarie, motivandoli nella dimensione di intimità individuale e di vita comunitaria. Sugli apostoli infatti si fonda la Chiesa, e in forza dello Spirito Santo, che renderà sempre presente il Risorto, essa si costituirà come Comunione e Missione, e non si potrà connotare sotto altri termini o aspetti. La costanza della fede degli apostoli, incoraggiata peraltro dall'evidenza di periodici manifestazioni del loro Signore invisibile, sarà insomma motivo di slancio e di apertura verso nuovi orizzonti e dischiuderà la porta verso nuovi confini, geografici e non.

Come dicevamo, dare spazio alle ragioni del cuore e mettere da parte il raziocinio e il sofismo della sottile sapienza umana, non è sempre facile prospettiva. Omettere la pretesa di empirismo e di sperimentazione scientifica su determinati articoli che la fede ci propone, molte volte è faticoso e non esente da dubbi o da perplessità. La fede nel Dio cristiano comporta infatti l'ossequio della ragione, la sottomissione della volontà, la fuga dall'orgoglio e il deperimento della presunzione. Essa comporta l'asservimento dell'intelletto ai Misteri insormontabili e non circoscrivibili, quindi l'accettazione di verità che altri riterrebbero ridicole, assurde, improponibili.

Accogliere per vero che Dio si sia fatto uomo e che si sia fatto uccidere in croce, è infatti assurdo per la mentalità puramente umana e inaudito e impensabile per chi è abituato a un concetto di onnipotenza come predominio dirompente e incontrastato. Accettare che Cristo sia presente nelle specie del pane e del vino è definito ridicolo e meschino dal comune pensare di concretezza razionale e non dobbiamo presumere che i nostri giovani cresimandi o altri destinatari delle nostre catechesi abbiamo deliberatamente accolto questa e altre verità. Non è raro il caso in cui anche persone di sani principi teologici si siano trovati avvinti e perturbati dalla morsa del dubbio e dell'incertezza. Per dirla con Paolo, Cristo ci invita ad accogliere per vero quello che la mentalità del secolo ritiene pazzo e insensato.

Si tratta infatti di articoli puramente dogmatici, che non hanno nulla - proprio nulla - di verificabile se non il dato rivelato e trasmesso, che costituiscono una sfida alla razionalità e alla scienza sperimentale e che si oppongono al criterio sofista e sopraffino della prova a tutti i costi. Il nostro Credo le propone senza forzature alla libertà di coscienza, ma esse richiedono pur sempre quell'accettazione spontanea che non sempre è di facile esercizio.

Ma nonostante i possibili dubbi, le inquietudini e le perplessità, le ragioni del cuore devono spronarci alla fiducia e all'apertura con il ricorso alla preghiera e al consiglio spirituale, per non demordere e non abbandonarci alla disfatta e allo scoraggiamento. La fede, quando trionfa sul razionalismo esasperato, seppure comporti eroismo e determinazione fuori dal consueto, a lungo andare ottiene molte più soddisfazioni che non l'asservimento all'olimpo della razionalità invadente e sconclusionata. Credere è molto più proficuo che ribattere e bizantineggiare. Credere, affidarsi e testimoniare è molto più consolante che non verificare a vuoto per disilluderci di soddisfazioni inesistenti.

E' vero che siamo anche chiamati a dare ragione della speranza che è in noi (Pietro) e che la ragione occupi il debito spazio come ancella della fede e della teologia, ma ciò non deve pregiudicare il primato assoluto della fede e quello conseguente della fiducia e della speranza. Su tutto questo ci è di aiuto la Festa odierna dell'Ascensione del Signore, la quale ci invita appunto a guardare oltre le apparenze e ad affidarci alla verità reale e non fittizia, che è sempre quella misteriosa ma certa e sicura. E' la verità del Cristo Risuscitato che è destinato a vivere per sempre e anche noi con lui.