Il Nuovo Testamento - 2

don Daniele Muraro

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14 febbraio 2010)

In san Luca le beatitudini sono seguite immediatamente da delle ammonizioni: beati voi, guai a voi...

Prima Gesù si rallegra con quattro categorie di persone e poi mette in guardia quelli che si trovano nella situazione opposta. Il motivo della beatitudine sta nella promessa: vostro è il regno di Dio, sarete saziati, riderete, grande è la vostra ricompensa.

L'esattezza storica di questa rassicurazione da parte di Gesù la possiamo apprezzare esaminando le conseguenze dell'allontanamento e dell'avversione nei confronti del suo messaggio.

È facile constatare che dal rifiuto o anche solo dalla messa tra parentesi delle indicazioni evangeliche per la società non viene niente di positivo.

È il senso degli avvertimenti speculari, uno per ogni beatitudine: guai a voi ricchi, a voi che ora siete sazi, a voi che ora ridete, guai quando tutti diranno bene di voi... Non si tratta ancora di giudizi, ma di ammonimenti: vi state avviando su una strada pericolosa.

In effetti chi ha sostenuto e sostiene l'idea che felicità e benessere sono un diritto a godere qui e ora ne ha ottenuto e ne ottiene l'effetto opposto. In termine tecnico si chiama "eteròclisi dei fini".

Le beatitudini sono una sfida lanciata al mondo, che spesso desidera cose contrarie a quello che dice Gesù. La modernità ha dato all'uomo il benvenuto in un mondo tutto suo, ma non sembra che tale individuo si trovi del tutto bene in un tale ambiente. Il dramma del distacco da Dio consiste nella quasi simultanea rovina dell'uomo, come singolo e come società.

Sembra una regola della storia: lontano da Dio si vuole qualcosa e se ne ricava il contrario.

Questo esame non ha la forza di una dimostrazione concludente, perché ci siamo ancora dentro, tuttavia i segni convergenti sono tanti.

Tutte le rivoluzioni passate si sono affermate con la violenza o sono sfociate in essa. Per Gesù le cose non stanno così; non può essere per una costrizione esterna che si guadagna un modo umano di vivere assieme.

Far valere la comunità terrena contro la comunione celeste è un grave errore che si ritorce contro la stessa comunanza umana. Non è possibile considerarsi a lungo fratelli se non si accetta presto di riferirsi ad un unico principio, Dio Padre.

Dio non vuole l'avvilimento della creatura umana, posta al vertice della sua opera, ma la sua perfetta realizzazione. Egli non ha messo l'uomo nel mondo perché egli vi si chiuda nella pratica dell'egoismo, bensì perché entri in comunione con gli altri e con Lui.

Gesù ci ha detto che il futuro è nelle nostre mani, anche se non nella forma facile del volere tutto per sé, e qui sta la differenza con tanta mentalità attuale, ma nella forma della rinuncia e del dono. Dio non è contro il progresso, ma nelle sue scelte ha dimostrato di preferire chi rimane indietro.

Solo le Beatitudini scelte ottengono la promessa, le beatitudini imposte o subite non meritano questo nome.

Tale impegno supera le comuni risorse interiori e perciò Dio ha donato il suo Spirito. Le beatitudini sono lo Spirito santo all'opera. Dove si vivono le beatitudini lì deve per forza essere intervenuto lo Spirito santo.

La Chiesa nel corso dei secolo si è dimostrata come il terreno privilegiato dove le beatitudini sono sbocciate e fiorite, ma essa nasce dal dono dello Spirito santo.

Dice Ireneo di Lione: "Conserviamo con cura questa fede che abbiamo ricevuto dalla Chiesa, perché, sotto l'azione dello Spirito di Dio, essa, come un deposito di grande valore, chiuso in un vaso prezioso, continuamente ringiovanisce e fa ringiovanire anche il vaso che la contiene".

La Chiesa, dopo duemila anni di generazioni non tutte fedeli e dopo l'eredità di duemila anni di ebraismo, torna giovane ogni volta che qualcuno si lascia prendere delle Beatitudini in cui si riassume il messaggio di Gesù.

Dunque lo Spirito conferisce alla fede, cioè alle parole del Signore, la forza di essere sempre nuove per i destinatari come se fosse esposta per la prima volta.

Da questa scossa salutare però non nasce ciascuna volta una Chiesa diversa, ma è sempre la stessa Chiesa, che in quanto contenitore del messaggio di questa fede, che si rinnova e ringiovanisce.

È un paradosso: gli ultimi saranno i primi, gli esclusi i privilegiati, quelli che non ne approfittano i maggiori beneficiari, i più prudenti quelli maggiormente gratificati, ma la Chiesa vive di questo paradosso.

Il tempo della Chiesa è proprio il tempo delle Beatitudini a confronto con il mondo, molto lontano da questo modo di pensare; ma la Chiesa gode dell'assistenza dello Spirito santo. In lei lo Spirito anticipa quello che alla fine sarà evidente per tutti: solo l'amore costruisce, l'odio e l'egoismo distruggono né vi può essere amore del prossimo che non si alimenti dell'amore di Dio.

Se c'è qualcosa di inimitabile nello stile della Chiesa queste sono le Beatitudini, che manifestano in chi le pratica l'impronta inconfondibile del soffio dello Spirito. Non ci sono parole sufficienti a descrivere questo mistero, lo si capisce solo vivendolo giorno per giorno. Questa è la perenne novità che la Chiesa ha da offrire al mondo.