a cura dei Carmelitani

Giovedì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (2 luglio 2009)

1) Preghiera

O Dio, che ci hai reso figli della luce

con il tuo Spirito di adozione,

fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore,

ma restiamo sempre luminosi

nello splendore della verità.

Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura

Dal Vangelo secondo Matteo 9,1-8

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva del lago e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto.

Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.

Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: “Costui bestemmia”. Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: “Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora al paralitico, prendi il tuo letto e va’ a casa tua”.

Ed egli si alzò e andò a casa sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

3) Riflessione

• L’autorità straordinaria di Gesù. Al lettore Gesù appare come una persona investita di un’autorità straordinaria, mediata dalla parola e dal gesto (Mt 9,6.8). La parola autorevole di Gesù colpisce il male alla radice: nel caso del paralitico sul peccato che intacca l’uomo nella sua libertà e lo blocca nelle sue forze vive: «Sono rimessi i tuoi peccati» (v.5); «Alzati prendi il tuo lettuccio e và a casa tua» (v.6). Davvero tutte le forme di paralisi del cuore e della mente cui siamo soggetti vengono annullate dall’autorità di Gesù (9,6), perché si è scontrato con esse durante la sua vita terrena. La parola autorevole ed efficace di Gesù risveglia l’umanità paralizzata (9,5-7) e le fa dono di camminare (9,6) in una fede rinnovata.

L’incontro con il paralitico. Dopo la tempesta e una visita nel paese dei Gadareni, Gesù fa ritorno a Cafarnao, la sua città. E mentre vi fa ritorno avviene l’incontro con il paralitico. La guarigione non avviene in una casa, ma lungo la via. Dunque lungo la via che conduce a Cafarnao gli portano un paralitico. Gesù si rivolge a lui chiamandolo «figliolo», un gesto di attenzione che presto si traduce in gesto salvifico: «sono rimessi i tuoi peccati» (v.2). Il perdono dei peccati che Gesù pronuncia da parte di Dio sul paralitico accenna al legame tra malattia, colpa e peccato. È la prima volta che l’evangelista in modo esplicito ascrive a Gesù questo particolare potere divino. Per i Giudei l’infermità di un uomo era considerata un castigo per eventuali peccati commessi; il male fisico, la malattia era ritenuta sempre una conseguenza di un male morale proprio o dovuto ai genitori (Gv 9,2). Gesù restituisce all’uomo la condizione di salvezza liberandolo sia dalla malattia sia dal peccato.

Per alcuni dei presenti, gli scribi, le parole di Gesù che annunciano il perdono dei peccati è una vera e propria bestemmia. Per loro Gesù è un arrogante perché solo Dio può perdonare. Tale giudizio su Gesù non lo manifestano apertamente ma lo esprimono mormorando tra di loro. Gesù che scruta nei loro cuori vede le loro considerazioni e li rimprovera per la loro incredulità. L’espressione di Gesù «affinché conosciate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati...» (v.6) sta a indicare che non solo Dio può perdonare, ma con Gesù, anche un uomo (Gnilka).

La folla, a differenza degli scribi, è presa dinanzi alla guarigione del paralitico dallo spavento e glorifica Dio. La folla è colpita dal potere di perdonare i peccati manifestatosi nella guarigione. La gente esulta perché Dio ha concesso un tale potere al Figlio dell’uomo. È possibile ascrivere questo alla comunità ecclesiale dove era concesso il perdono dei peccati su mandato di Gesù? Matteo ha riportato questo episodio sul perdono dei peccati con l’intenzione di applicarlo ai rapporti fraterni all’interno della comunità ecclesiale. In essa vigeva, già, la prassi di perdonare i peccati su delega di Gesù; una prassi non condivisa dalla sinagoga. Il tema del perdono dei peccati ritorna ancora in Mt 18 e alla fine del vangelo viene affermato che esso è radicato nella morte di Gesù in croce (26,28). Ma nel nostro contesto il perdono dei peccati è collegato con l’esigenza della misericordia presente nell’episodio che segue, la vocazione di Matteo: «...misericordia cerco e non sacrificio. Non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Tali parole di Gesù intendono dire che lui ha reso visibile il perdono di Dio; anzitutto, nei rapporti con i pubblicani e i peccatori, nel sedersi a mensa con loro.

• Questo racconto che riprende il problema del peccato e richiama il legame con la miseria dell’uomo è una prassi da praticare nel perdono che deve essere donato, ma è una storia che deve occupare uno spazio privilegiato nella predicazione delle nostre comunità ecclesiali.

4) Per un confronto personale

• Sei convinto che Gesù, chiamato amico dei peccatori, non disprezza le tue debolezze e le tue resistenze, ma se ne fa carico, offrendoti l’aiuto necessario per vivere una vita in armonia con Dio e con i fratelli?

• Quando fai l’esperienza di tradire o rifiutare l’amicizia con Dio ricorri al sacramento della riconciliazione che ti riconcilia con il Padre e con la chiesa e fa di te una creatura nuova nella forza dello Spirito Santo?

5) Preghiera finale

Gli ordini del Signore sono giusti,

fanno gioire il cuore;

i comandi del Signore sono limpidi,

danno luce agli occhi. (Sal 18)