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TESTO Sabato Santo: vita ritrovata

don Fulvio Bertellini

Veglia Pasquale nella Notte Santa (Anno A) (30/03/2002)

Vangelo: Mt 28,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,1-10

1Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».

8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Gli ultras del derby

La Veglia Pasquale avrebbe sette letture, più l'epistola e il Vangelo. Generalmente se ne scelgono solo tre o quattro, altrimenti sarebbe troppo lunga. Non siamo abituati a reggere una celebrazione di questo tipo. Dobbiamo ammettere che è così, purtroppo: è troppo lunga PER NOI. Perché siamo duri, incapaci di ascoltare la sua parola, non realmente interessati alla risurrezione.

Prendete i tifosi di calcio. Gente stupida e ignorante, dirà qualcuno. Gente focosa e simpatica, dirà qualcun altro. Gente che la domenica si ritrova fin dalla mattina per preparare cori, striscioni, coreografie, petardi, forse anche piani di battaglia con tifosi avversari e forze dell'ordine, e va avanti tutto il pomeriggio, finché il materiale viene portato allo stadio, controllato dal servizio di sicurezza, e una-due-tre ore prima della partita si entra a prendere il posto. Durante la partita si realizza tutto quello che è stato preparato: canti, esibizione di striscioni, esultanza, sfottò e anche pestaggi, se capita. Per una partita in notturna abbiamo quindi due ore circa di partita, qualche ora di attesa nello stadio e una giornata (forse una settimana) di preparazione. E' davvero troppo lunga la veglia pasquale?

Ci interessa?

Cronometricamente no. Solo che ci interessa - temo, e spero di sbagliare - meno di quanto a un tifoso interessa la partita. Il tifoso vive per quell'appuntamento settimanale (che sia la domenica, come da noi, o il sabato, come negli altri paesi); ma noi viviamo per la celebrazione della Pasqua?

Nella Passione Gesù affronta le domande fondamentali della nostra esistenza: ha senso vivere? Ha senso amare? Ha senso soffrire? Domande a cui il tifoso ultras dà una risposta grezza ma efficace: vivere è bello perché c'è un'ora alla settimana in cui soffri e gioisci con la tua squadra e con i tuoi compagni, e in quell'ora dimentichi tutto il resto, che magari è uno schifo.

E' dura la vita

Non è una risposta diversa da quella che di fatto vivono tante persone: vivere è bello finché sei giovane e non hai responsabilità, vivere è bello se ti puoi divertire, vivere è bello se puoi goderti la vita, quando c'è la salute c'è tutto, ma te ne accorgi soltanto se la salute non ce l'hai, e quando arrivi a un certo punto è meglio farla finita, per non soffrire tu e non far soffrire gli altri.

Le letture della veglia pasquale ci fanno scoprire un'idea diversa della vita: un'esistenza bella in ogni suo aspetto, dalla prima all'ultima delle cose create (prima lettura); la possibilità di fidarsi di Dio, anche nell'ora della prova (il sacrificio di Isacco); Dio che libera il suo popolo dalla schiavitù e lo guida alla Terra Promessa (terza lettura); Dio che offre il perdono al popolo adultero e peccatore (quarta lettura), che guida la storia con la potenza della sua parola (quinta lettura), che insegna la via della vita, e dona un cuore nuovo per camminare in essa (sesta e settima lettura).

Uomini nuovi

Nella notte pasquale veniamo strappati ad una vita a compartimenti stagni, un'infelicità continua, inframmezzata da rari momenti di divertimento o di evasione o di soddisfazione. Gesù ci offre una vita piena: dove ogni momento può e deve diventare dono, condivisione, offerta, ringraziamento, comunicazione, comunione, solidarietà... è la sua presenza di Risorto che anima la nostra esistenza. Qui cominciamo anche a capire il perché della Passione, che per noi resta incomprensibile e intollerabile: infatti noi non pretendiamo la salvezza. Ci accontenteremmo di molto meno: qualche momento sicuro di felicità; poter vivere intorpiditi nella comodità; al limite, di una "dolce morte". Per tutto questo non ci serve un salvatore: ci basta un mago, un astrologo, un fattucchiero (o anche un medico-scienziato, tanto il risultato non cambia; o anche un santo - perché no? -, purché faccia il mago, e non pretenda di fare il santo). Soprattutto, non abbiamo nessun desiderio di uno che ci ricordi che siamo peccatori.

Il Risorto

Gesù invece viene per salvare la nostra vita; ma TUTTA la nostra vita, senza mettere da parte le sue fatiche e le sue sofferenze, senza dimenticare che siamo peccatori; e non ci salva per via magica: ci salva come uomini, facendosi uomo come noi, portando su di sé le nostre gioie, i nostri dolori, le nostre malattie; accettando le conseguenze del nostro peccato, e manifestandoci l'amore del Padre. "Non abbiate paura, voi!"... andate a dire ai suoi discepoli: E' risuscitato dai morti e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete". Il Gesù che accetta la sofferenza e la morte non ne rimane prigioniero, e ci invita a seguirlo, a muoverci, a compiere lo stesso passaggio. Questo è il segreto della nostra vita di cristiani, quel segreto che non riusciremo a capire per tutta la nostra vita, e che anche quest'anno rischiamo di festaggiare per abitudine, senza lasciarci trasformare.

 

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