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TESTO Commento su Marco 13,24-32

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/11/2006)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

"Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno verrà Il Signore."( Mt. 24, 42. 44);

cosi recita l'antifona al Vangelo di questa domenica, una delle ultime dell'anno liturgico, durante il quale abbiamo contemplato l'intero mistero di Cristo Figlio di Dio e Redentore; l'abbiamo contemplato negli eventi legati all'attesa, alla natività e all'infanzia; poi l'abbiamo ascoltato e accolto nella sua predicazione e nel ministero; l'abbiamo seguito nei giorni del dolore e della morte e, infine, nella indicibile gioia della resurrezione. Ora, la Chiesa, nella liturgia eucaristica, ci risveglia al senso dell'attesa del Cristo, che tornerà nella gloria e darà compimento definitivo al Regno.

E' il mistero delle realtà ultime, quando tutto ciò che è temporale sarà risolto nell'eterno e

l'esistenza umana, raccolta in Dio, avrà ricevuto da Lui il giudizio definitivo di salvezza: "Venite benedetti dal Padre mio, prendete possesso del Regno, preparato per voi sin dall'origine del modo" (Mt. 25,34)

Parlare di realtà ultime, include anche il discorso sulla fine di tutte le cose create, che raggiungono il loro termine naturale, o, nel caso dell'uomo, consegue il suo fine, la meta ultima, il suo destino che è la visione finalmente chiara del Volto di Dio.

Il raggiungimento di questa meta, tuttavia, comporta che si attraversi la soglia della morte che, inevitabilmente, evoca angoscia, incute timore, comporta dolore; e ciò non solo per la singola esistenza umana, ma per tutto il creato che, come Paolo scrive: "geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto...aspettando la redenzione" (Rm. 8,22-23).

Nel passo del Vangelo di oggi, Gesù parla di questo travaglio cosmico, e non per descrivere una terrificante catastrofe, bensì per riaccendere, nel cuore dei credenti, l'attesa della definitiva salvezza, il compimento del Mistero, la piena attuazione del regno di Dio, nella giustizia, nella pace e nell'amore.

Le immagini, che Cristo usa nel suo discorso, fanno parte di quel linguaggio apocalittico, allora in uso: "In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri si metteranno a cadere dal cielo, e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte "; sono espressioni simboliche, che si ritrovano spesso nell'Antico Testamento, e che servivano per esprimere, con immagini forti e meravigliose, l'ingresso di Dio nella Storia, come suo Giudice.

Anche il profeta Daniele, che la liturgia di questa domenica propone, parla di angoscia grande: "In quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non era mai stato dal sorgere delle nazioni, fino a quel tempo"; tuttavia, il profeta aggiunge: "in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna, e per l'infamia eterna; i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre." ( Dn. 12,1 3)

Al di là, dunque, delle immagini che parlano di distruzione e di paura, c'è una chiara e forte speranza, c'è la certezza di una vita che splenderà per sempre al cospetto di Dio, "i saggi risplenderanno, come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre."

E' questo il senso profondo del discorso escatologico che, Marco, mette in bocca a Gesù, senso che si può ben cogliere nella breve parabola del fico, che così recita: "quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina, così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte...".

E' Lui che attendiamo, Lui cui è affidato il giudizio, ma che è, pur sempre, il nostro Redentore; non è dunque lo sgomento che conta, ma la certezza che in Cristo risorto Dio si rivela in tutta la potenza del suo amore salvifico, ed è questa, la pienezza della gloria..

Sì, il peccato che ci ha legati alla morte incute timore, ma Dio non è venuto e non viene nella storia per cogliere l'uomo in fallo e allontanarlo da sé, ma, piuttosto per offrirgli il suo amore, amore pienamente rivelato nel Figlio Gesù, il quale, offrendo se stesso in espiazione, ha ripristinato per tutti la comunione col Padre.

Quell'attesa di liberazione, che nell'antico popolo dell'Alleanza, era simboleggiata dai riti sacrificali, in Cristo si è compiuta per sempre, come oggi leggiamo in un breve passo della Lettera agli Ebrei:

"Ogni sacerdote si presenta ogni giorno per celebrare il culto e ad offrire, molte volte, gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre, si è assiso alla destra di Dio,... poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti, per sempre, quelli che vengono santificati. Ora, dove c'è il perdono dei peccati, non c'è più bisogno di offerta per essi." (Eb. 10,11 14.18)

E' questa la grande speranza che anima e sostiene l'attesa e il desiderio che il Signore risorto ritorni, per proclamare la beatitudine di tutti coloro che hanno creduto in Lui e, sulla sua parola, hanno vissuto ed operato.

Il mistero del "quando" tutto ciò accadrà, tuttavia non ci è rivelato; esso è racchiuso in Dio, neppure il Figlio lo sa, ma ciò vale a tener desto il desiderio e vigile l'attenzione ai "segni dei tempi", non nella paura dell'inesorabile fine, ma nella speranza viva della liberazione che ci immetterà nella pienezza della vita, quando, asciugata ogni lacrima e spento ogni affanno, ognuno godrà della presenza di Dio e della tenerezza del suo amore di Padre.

E' la gioia che così canta il Salmista:

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
..............................................
Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche Il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che Il tuo santo veda la corruzione.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.
(dal salmo 15)


sr M. Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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