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TESTO Sulla croce il prezzo del nostro riscatto

padre Gian Franco Scarpitta  

Venerdì Santo (Passione del Signore) (07/04/2023)

Vangelo: Gv 18,1-19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Quando Mosè, disceso dalla sommità del monte Sinai, comunicava al popolo i comandamenti divini e questi li accoglieva, l'alleanza fra Dio e il popolo d'Israele veniva suggellata con il sacrificio delle vittime animali. Dopo aver proclamato tutte le prescrizioni del Signore, prese del sangue dei vitelli e delle giovenche date in olocausto e con esso asperse tutto il popolo e gli arredi sacri, mentre il popolo giurava di osservare i Comandamenti di Dio (Es 24, 5 - 12; Eb 2, 11 e ss.). Il sangue delle vittime animali era infatti propiziatorio per gli Israeliti. Ciò anche a proposito della remissione di tutti i peccati, perché proprio il sangue animale (che rappresentava la vita) estingueva le colpe commesse (Lv 17).

Non è affatto casuale quindi che Gesù adesso sparga il suo sangue sulla croce per espiare i nostri peccati. A differenza degli animali dell'Antico Testamento, è lui stesso la Vittima sacrificale, Agnello votato al macello, che offre se stesso sostituendosi anche al tempio di Gerusalemme, per realizzare un sacrificio che ci riscatta dalle nostre colpe, rendendoci giusti e meritori davanti a Dio Padre. Gesù sulla croce patisce le pene che tutti gli uomini meriterebbero per i propri peccati, motivo per cui siamo riconciliati con Dio. Siamo “resi giusti”, giustificati in moda da avere dei meriti in forza della sua grazia.

Ciò che era più urgente per l'uomo non era che si convincesse della legge di Dio a forza di prescrizioni o di moniti coercitivi; neppure era più urgente che rimediasse al suo errore e alla sua concupiscienza attraverso le opere di bene. Queste, pur necessarie, non sarebbero sufficienti da sole a guadagnarci l'intesa con Dio. Era più urgente che l'uomo fosse salvato dalla sua condizione di peccaminosità, che evitasse la condanna inesorabile che lo stesso peccato consegue, che guadagnasse la comunione piena con il suo creatore. Era più urgente per l'uomo avere dei meriti o delle possibilità che gli evitassero la condanna inesorabile. E allora Dio ha preferito, fattosi uomo egli stesso, sottomettersi al supplizio estremo quale agnello condotto al macello (Is 52 - 53), perché dal dolore del suo Figlio Gesù Cristo potesse trarre sollievo e salvezza. E così, come ricorda Giovanni “Vi scrivo queste cose perché non pecchiate, ma se qualcuno ha peccato abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo il giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli del mondo intero”(1Gv 2, 1 - 2); siamo stati raggiunti dalla grazia che ci ha riscattati mettendoci in condizioni di essere liberi. Il peccato è rifiuto categorico dell'amore di Dio, riluttanza alla sua offerta di comunione, refrattarietà e distacco dal nostro principale Referente e irrimediabilmente è anche causa di abbandono e di deperimento. Mancare verso Dio è inoltre mancare verso noi stessi, venir meno alla nostra stessa dignità, allontanarci sempre più dai nostri obiettivi di felicità di realizzazione, identificando questi con le gioie passeggere o con le soddisfazioni destinate a finire. Il peccato è illusione di vivere, perché da' all'uomo una presunta concezione di vita. In ogni caso esso esclude l'amore, anche quando ci sembri di accarezzare in esso del bene, perché è sempre un modo di elevarci oltremisura, dandoci una schiavitù con l'illusione di libertà. Della perniciosità del peccato è possibile accorgerci già in questa vita, contando i fallimenti e i disordini che esso suscita attorno a noi; ma essa sarà ancora più evidente al termine di questo corpo mortale, quando l'anima si accorgerà di aver mancato a se stessa avendo voluto prescindere da Dio che è la sua origine. Se nel corpo avrà sussistito con pertinacia lontana da Dio, automaticamente verrà realizzata la propria condanna quando questo Dio non lo potrà più raggiungere. E questa è la situazione raccapricciante che definiamo Inferno. Comincia già in questa dimensione attuale, quando si vuole vivere da morti la vita e se ne trova consolidamento automatico quando l'anima necessita di quella Vita che noi le abbiamo precluso definitivamente con la nostra ostinazione. Gesù Cristo ce ne ha liberati, le ha tolto potere pagando per noi il dazio delle pene che qualsiasi peccato comporta come conseguenza, ottenendoci tutti i meriti e le condizioni per salvarci, oggi è quaggiù, così pure domani e lassù.

Se Dio avesse individuato un altro mezzo più appropriato per salvarci, lo avrebbe certamente messo in atto; nessuna procedura però può realizzare il riscatto e la salvezza dell'uomo se non quella di morire per noi; sia come Uomo che come Dio. Come certi genitori si autoaccusano al posto dei loro figli omicidi per evitare loro la condanna, per salvarne la reputazione e per pagare loro il dazio dei loro misfatti (non è un caso raro), così Cristo si è “autoaccusato” ritenendosi egli stesso colpevole delle nostre colpe, perché noi possiamo evitarne le pene e le conseguenze.

La sofferenza di Cristo in croce diventa per noi farmaco efficace contro il dolore e la malattia. La sua morte diventa per noi vita. Lo diventa anche per coloro che Gesù è andato a riscattare nel frattempo fra la morte e la resurrezione: “è stata annunciata infatti la buona novella anche ai morti perché, pur avendo subito, perdendo la vita del corpo, la condanna comune a tutti gli uomini, vivano secondo Dio nello spirito”(1Pt 4, 6). E' disceso agli inferi perché coloro ad annunciare ai defunti le grandi opere di Dio, perché anch'essi potessero godere dei benefici della redenzione e anche in questo si è realizzato il riscatto, affinato alla vittoria sulla morte.

Se Cristo però ci ha liberati, non possiamo che vivere da persone libere e intraprendenti nel bene, perché possiamo sortire gli effetti della salvezza e della vita nella fede e nella speranza in colui che è l'Autore della vita.

 

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