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TESTO Commento su 2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (06/11/2022)

Vangelo: 2Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

A cinque giorni dalla festa dei Santi e dei defunti la liturgia di oggi ci ripropone una riflessione sulla vita eterna, sul dopo la morte, tema che non nasconde difficoltà di comprensione e domande che non sempre trovano risposte che ci soddisfino. Non a caso, ci vengono proposte due situazioni tra loro opposte, quello dei Maccabei, in lotta per la liberazione dalla dominazione straniera, che nella certezza della resurrezione sono pieni di un coraggio eroico (prima lettura), e quella dei Sadducei, nel vangelo, che ridicolizzano ciò che non riescono a capire.
Nella prima lettura quello che colpisce è la fede granitica della famiglia, sette figli e la mamma, che affronta con coraggio la morte pur di non tradire i principi della loro fede, nella certezza che il Signore li avrebbe risuscitati dai morti, dando così a loro il premio della vita eterna.
Nella lettera ai Tessalonicesi troviamo un richiamo al comportamento della famiglia maccabea, dove san Paolo ci invita a rendere presente Dio nel mondo.
Nel vangelo, come già accennato, troviamo dei Sadducei, potente setta spirituale alla quale facevano parte i sacerdoti del tempio, che, non credendo nella resurrezione, mettono alla prova Gesù con un racconto che ha dell'inverosimile: la donna e i sette mariti (ritorna qui il numero sette che abbiamo già trovato nel racconto dei Maccabei). Per i Sadducei quello che conta è la legge e le regole da rispettare, tutto si risolve qui ed ora, in quello che accumuliamo e possediamo: per loro il concetto di famiglia si limita alla garanzia di una successione e le donne sono considerate merce di scambio, i figli come diritto di proprietà da garantire e le relazioni affettive come un semplice modo per seguire quanto prescrive la legge.
Alla domanda dei Sadducei, Gesù risponde con un atto di fede in Dio, il Vivente: non un Dio per lo spazio breve e fugace di una vita umana, ma il Dio di un'alleanza che non può limitarsi alla durata di un'esistenza corruttibile; non un Dio di uomini condannati a morire, ma il Dio di coloro che ripongono in lui la propria speranza di vita. Di conseguenza, nel mondo nuovo della risurrezione non sarà più necessario sposarsi e generare per sopravvivere.
La resurrezione non è una rianimazione dei corpi, ma il tornare a vivere in un modo nuovo, lontano dalla logica umana, nella comunità dei santi, come ci ricorda l'Apocalisse (cf. Ap 7,9), non distaccati dalle persone che ci hanno accompagnati nella vita terrena, ma in comunione con loro nella dimensione della pienezza dell'amore di Dio.
Ci viene spontanea una domanda: che fine fa l'amore che ci ha accompagnato nella vita terrena? Nessuna paura l'amore sarà portato a compimento, saremo capaci d'amare alla maniera di Dio, cioè in pienezza, come viene confermato da Gesù.
Cristo è risorto e ci ha voluti tutti risorti con lui, ma non in un mondo futuro che dovrà venire, ma già qui nella nostra vita di tutti i giorni: la famiglia maccabea ci ha insegnato che anche nelle situazioni più difficili non dobbiamo mai perdere la fiducia nel Signore, che trasforma il nostro amore nella dimensione più grande che porta alla donazione totale come quella di Gesù sulla croce.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.
- Il nostro pensiero sulla vita eterna si avvicina di più a quello dei sadducei o a quello dei maccabei? Come coniugare i due atteggiamenti?
- Uno dei fondamenti della nostra fede è la resurrezione: quanto il pensiero della vita eterna accompagna le nostre scelte di vita?

Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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