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TESTO Commento su Luca 17,11-19

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/10/2022)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Buona domenica a tutti!

La Liturgia della Parola di questa domenica ci presenta due racconti, nella prima Lettura e nel Vangelo, che hanno in comune una malattia della pelle molto contagiosa: la lebbra. Ancora oggi nel mondo questa malattia è presente soprattutto nelle zone più povere.

La lebbra è infatti una delle 20 malattie tropicali che ancora oggi, ogni anno, colpisce più di un miliardo di persone nel mondo, causando disabilità e grande dolore anche per la solitudine che comporta: infatti è molto contagiosa!

Noi tutti abbiamo vissuto per due anni la pandemia del covid a livello mondiale e la prima cura per non avere il contagio è stata proprio quella dell'isolamento, del lockdown totale, penso che ve lo ricordiate tutti vero?

Abbiamo vissuto quel lungo periodo con un certo disagio e anche con tanta tristezza.

Tanti bambini lamentavano di non poter vedere i nonni, gli amici, di non poter uscire a fare delle passeggiate, a fare dello sport. L'isolamento era necessario perché ancora non c'era un vaccino che potesse aiutarci a difenderci da questo virus contagiosissimo.

Anche la lebbra si diffonde facilmente, per questo c'è bisogno di isolare il malato.

Al tempo di Gesù i lebbrosi vivevano lontani dal resto delle persone sane. Abitavano distanti dai villaggi, dai paesi e dalle città. Vivevano in piccoli gruppi, vestivano di stracci e dovevano portare sempre con loro una campanella per avvertire le persone sane della loro presenza.

Oltre a questo disagio, c'era anche un altro problema. In quel tempo la gente credeva che ogni malattia fosse dovuta al peccato dell'uomo: veniva infatti considerata come una punizione da parte di Dio per una colpa commessa.

Voi capite bene che questa cosa non è vera. Gesù è venuto proprio a mostrarci questo. La sua attenzione verso i poveri e i malati ci rivela il vero volto di Dio, del Padre, che è un volto ricco di amore, di misericordia, di perdono e di bontà.

Infatti i segni che Gesù compie sono orientati ad aiutarci a comprendere sempre meglio questa verità.

Ma andiamo al racconto del Vangelo di oggi. Gesù sta per entrare in un villaggio da dove gli vengono incontro dieci lebbrosi.

Questi dieci uomini gridano: Gesù, maestro, abbi pietà di noi! E' un grido pieno di dolore e anche di speranza!

Il maestro risponde loro “andate a presentarvi ai sacerdoti”.
Perché?

Perché questa era la regola: a quel tempo, infatti, non esistevano ancora i medici. E i sacerdoti, che erano la massima autorità religiosa, avevano anche il compito di valutare la guarigione o meno della malattia della lebbra.

Questi dieci lebbrosi vanno dai sacerdoti e mentre sono in cammino si accorgono di essere guariti.

Se voi vi foste accorti di essere guariti che cosa avreste fatto? Io avrei saltato e gridato di gioia, e sarei tornata indietro da Gesù per ringraziarlo.

Ed è proprio questo che ha fatto un solo lebbroso. Lui torna indietro per ringraziare Gesù, per lodare il Signore della guarigione avvenuta.

L'evangelista Luca sottolinea che è un samaritano. I samaritani non appartenevano al popolo di Israele, erano considerati stranieri, lontani da Dio, perciò peccatori, non potevano rivolgersi al Dio del popolo di Israele.

A volte succede anche ai nostri giorni di valutare le persone solo perché diverse da noi o non appartenenti alla nostra nazione, e succede purtroppo a volte anche tra compagni di scuola.

Il samaritano guarito si prostra davanti a Gesù per ringraziarlo e Gesù gli dice una cosa bellissima che riguarda anche tutti noi. Alzati e va', la tua fede ti ha salvato, cioè ti ha liberato da ciò che ti teneva prigioniero.

Che cos'è la fede? È fidarsi di qualcuno. Voi vi fidate della mamma, del papà, dei nonni, dei vostri amici perché vi accorgete che vi vogliono bene e si prendono cura di voi. Anche quando a volte vi riprendono su qualche comportamento sbagliato. Voi sapete e riconoscete che lo fanno per il vostro bene. Saper dire grazie sempre è un segno di riconoscenza, è esprimere la vostra fiducia nei loro confronti. È riconoscere il bene che ogni giorno vi fanno con il loro amore e il dono della loro vita.

Anche nei confronti di Dio succede la stessa cosa. Il versetto dell'alleluia diceva proprio cosi: In ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

La Celebrazione Eucaristica che viviamo ogni domenica è proprio la celebrazione del Grazie. Incontriamo il Signore che ci chiama per dirci il suo amore, che ci parla per orientarci nel cammino della vita e per liberarci da tutto ciò che non ci fa bene. Qual è la nostra risposta? Qual è il nostro Grazie? Ci avete mai pensato?

Ringraziare il Signore significa riconoscere il suo amore e mettere in pratica i suoi insegnamenti che sono sentieri di gioia, di accoglienza, di perdono, di verità e di pace.

Questa è la fede che ci salva, cioè ci libera da ogni chiusura e da ogni egoismo.

Sarebbe bello che questa settimana provassimo a ringraziare il Signore al termine della nostra giornata e a camminare nel bene che ci indica.
Buona domenica!
Commento a cura di Piera Cori

 

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