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TESTO Dio ha tanto amato il mondo

don Luca Garbinetto  

Santissima Trinità (Anno A) (07/06/2020)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

La nostra mente ha una capacità straordinaria di difenderci da ciò che ci minaccia. Non si tratta soltanto di una regola psicologica, ma di un dinamismo con una forte tinta spirituale. Accade infatti che senza accorgersi, quasi spontaneamente molti battezzati considerino il ‘mondo' come qualcosa di esterno ad essi, una realtà che sta davanti, separata, quasi estranea all'interiorità della persona. Si traduce poi questo stesso schema in criterio di analisi della vita della Chiesa, che diventerebbe una specie di recinto, se non di roccaforte, attorniato dal ‘mondo' che - facile a intuirsi - si configurerebbe sempre più da esterno, a insidioso, a nemico.

Di fondo, pare esserci un doppio malinteso. Il primo riguarda la comprensione della persona stessa, e di conseguenza della comunità umana in tutte le sue espressioni, inclusa la Chiesa: viene considerata come una realtà strutturata a compartimenti stagni, capace di mantenere una barriera rigida e totale agli influssi di qualche particolare dimensione o aspetto dell'esistente poco gradito o poco gradevole (in questo caso, il ‘mondo'). Il secondo malinteso riguarda proprio la comprensione del ‘mondo' come di un congiunto di elementi, una fantomatica realtà totalmente negativa, e pericolosa per quanto invece sarebbe puro e - di suo - innocente, cioè l'intimo della persona, o meglio del cristiano, e la struttura della Chiesa.

Separare e dipingere di colori assoluti, di bianchi e neri, senza sfumature: questa appare la dinamica tanto frequente e tanto naturale nell'uomo e nella donna religiosi. Sia chiaro: accade, in altri ambiti, anche in chi religioso non è, o persino si fregia di essere ateo o agnostico. Il fenomeno, infatti, è essenzialmente umano. Per questo può coinvolgere anche chi intende considerare Dio nel panorama dell'esistenza: perché in realtà Dio è nostalgia e presenza costitutiva dell'uomo; anzi, ogni uomo e donna ne porta una traccia impressa nel proprio intimo.

Va detto che, al contrario, ci sono anche coloro che, essendo credenti assidui nella comunità cristiana, scivolano nella lettura inversa e descrivono la Chiesa come una realtà ormai connotata totalmente dei tratti più deleteri che caratterizzano il ‘mondo'. Per loro, i cancelli del recinto sarebbero ormai inesorabilmente sfondati e non rimarrebbe più nulla di buono da salvare nella Chiesa, invischiata di mondanità e basta, perché in fondo il mondo - per loro - non è né salvabile né, soprattutto, da salvare. Apparentemente siamo al polo opposto della visione precedente. Di fatto, è la stessa matrice: separazione e assolutizzazione.

Il vangelo di oggi contraddice radicalmente proprio la matrice di fondo. Le parole di Gesù sono potenti e commoventi insieme: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. Quell'aggettivo ‘tanto' rimbomba nel cuore. Dio ama il mondo, ma non poco: lo ama tanto, al punto da dare il meglio di sé per lui. E il fine è affermato con altrettanta forza: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. La salvezza del mondo sta a cuore a Dio. Al Dio Uno e Trino.

Non significa con questo essere ingenui. Il mondo, nel linguaggio di Giovanni e Paolo, è realtà ambivalente. Nel suo tratto più profondo, corrisponde sostanzialmente con la creazione, con tutto ciò che è uscito dalle mani artigiane di Dio: dunque è buono. Nel suo tratto più ambiguo, è quanto esiste di ferito dal peccato, e dunque corrisponde con quella mentalità egoistica e superba che rifiuta di essere creatura, che si assume inopportune prerogative da Dio, che non accoglie la fonte della vita donata dal Creatore. Il mondo, la creazione, le creature sono dunque tutte care a Dio, che le vuole salvare. La mentalità mondana, riconoscibile nei tratti autoreferenziali e materialisti di tanti modi di pensare presenti anche oggi, allontana da Dio e, così, si autocondanna.

Sì, al mondo, o meglio ad ogni uomo e donna nel mondo, sta la libertà e responsabilità di accogliere il dono del Figlio, di credere in Lui per essere salvati. Ma sta anche la possibilità di rifiutarlo. Ma in questo caso, proviamo a immaginare il dolore atroce che attraversa il cuore di Dio stesso. Quel ‘tanto' amore diviene la sofferenza di un ‘altrettanto' rifiuto. Solo l'inesauribile creatività di Dio può continuare a cercare le creature del mondo con l'ostinata intenzione di salvarle anche quando esse, cioè gli esseri umani, l'hanno rinnegato pensando di bastare a se stessi. È l'amore creativo della Trinità, inevitabilmente, ormai, proiettato soltanto a farsi carico di ogni singola creatura umana affinché si lasci abbracciare e custodire come figlio e figlia nel Figlio.

A questo punto, va chiarito un aspetto importante. La mentalità mondana si insinua anche nella Chiesa, che non è il mondo, ma vive nel mondo e si mescola continuamente con il mondo. Ne assume gli aspetti positivi, prima di tutto la dimensione creaturale (guai se la Chiesa supponesse di essere in se stessa già tutta in Dio, identificandosi impropriamente con il Regno di Dio già compiuto in pienezza). Ma rischia di far suoi anche i pensieri e i sentimenti superbi e autoreferenziali.

Anche la Chiesa, quindi, necessita di essere salvata, pur essendo scrigno che custodisce, nella grazia dei sacramenti, il tesoro della salvezza. Anche la Chiesa è realtà in cui si mescolano le delizie della vita divina e i pericoli della fragilità umana. Tale coscienza è necessaria, per evitare di sostituirsi a Dio, impropriamente, e declamare sentenze di condanna senza considerare la verità dell'amore trinitario.

Anche la Chiesa, dunque, è costantemente in cammino. Ma soprattutto è ‘tanto' amata da Dio. La comunità dei credenti ha questo talento, da non sotterrare mai: ha conosciuto il dono dell'amore smisurato e ne conserva gli elementi da diffondere qui, proprio in questo mondo, affinché continui e si realizzi per tutti l'autentica volontà di Dio. Che il mondo si salvi, e nessuno vada perduto.

 

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