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TESTO Commento su Luca 21,25-28.34-36

fr. Massimo Rossi  

I Domenica di Avvento (Anno C) (02/12/2018)

Vangelo: Lc 21,25-28.34-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

34State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; 35come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Non vi sembra paradossale leggere letture che parlano di fatti accaduti secoli e secoli fa, o di parole pronunciate comunque in passato, e tuttavia coniugati al tempo presente, o addirittura futuro, come se dovessero ancora accadere?... Uno dei tanti paradossi della fede cristiana...

È la logica della profezia, la quale annuncia sì un evento futuro, ma al tempo stesso ‘registra ' dei fatti storicamente gia realizzati. Il nuovo tempo di Avvento che proprio oggi comincia è pieno di profezie! La prima che la liturgia della Parola ci propone, tratta dal libro di Geremia, annuncia la nascita del Figlio di Dio, chiamato ‘germoglio della stirpe di Davide'.

Beh, con tutto il rispetto, si tratta di qualcosa datato più di duemila anni. Chi ancora aspettasse il Messia, rimarrà deluso... Sempre che ci crediamo, il Cristo tornerà, ma alla fine dei tempi, a giudicare i vivi e i morti, come recitiamo ogni domenica e feste comandate nel ‘Credo'.

Se questo è vero - ed è vero! - possiamo anche alzarci, e andare a casa.

L'Avvento è tutt'al più una pia tradizione, lodevolissima, ma niente di più. Le pagine bibliche sul Natale raccontano una storia edificante, che fa emozionare i bambini, ma che a noi dice poco niente.

Forse è meglio così: ascoltare un racconto non costa nulla, appena un po' di pazienza, pochi minuti e potremo tornare alle nostre attività, ai nostri interessi, chi ai doveri familiari, chi allo studio, chi al proprio lavoro. Quest'anno, possiamo star tranquilli, non cambierà nulla... come, del resto l'anno scorso e due anni fa... Ma anche l'anno prossimo: domenica, 1 dicembre 2019, comincerà l'Avvento, ascolteremo ancora una profezia sul Messia, e avanti così, in sæcula sæculorum. AMEN.

Intanto il tempo passa, anzi, vola! E il gusto della novità ce lo siamo quasi dimenticato...

Quando l'ovvio, lo scontato, il tran tran quotidiano fanno la loro comparsa nella vita individuale o sociale, lasciano sempre meno spazio a ciò che è altro, a ciò che è differente. E quegli eventi - fatti o persone - che presentano aspetti di novità, vengono tendenzialmente ricondotti al già visto, al già conosciuto... E così ci creano meno imbarazzo, meno disagio.

In vero, la novità è sempre destabilizzante, ecco perché è così difficile accoglierla.

A questo riguardo, il Vangelo ci ricorda che “Non si mette vino nuovo in otri vecchi” (cfr. Mt 9,17); “Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo” (cfr. Lc 5,39)

Dalle novità bisogna difendersi, rifugiandoci nella casa protetta e ben nota del proprio Io, individuale o familiare, un Io inteso come mondo chiuso, impermeabile alla storia e al tempo, che porta soltanto rughe e acciacchi...

Tuttavia dentro quell'Io, può aprirsi una breccia, uno spiraglio, può dischiudersi una possibilità, una speranza. In quell'Io può insinuarsi la fiducia: il mondo, la storia, il tempo non sono estranei, o addirittura nemici, ma occasioni di vita. La fede cristiana è l'annuncio di quella fiducia, e continua ad esserlo se la comunità che la professa, se noi non rifiutiamo di accogliere le novità della storia, le suggestioni della cultura, la complessità dei rapporti sociali.

Avete mai riflettuto sul fatto che la fede, e ciò che ne consegue - fiducia e affidamento - non riguardano mai il presente soltanto, ma soprattutto il futuro, in tutta la sua portata di novità e di incognita? La certezza dell'evidenza, il, o il no, riguardano il presente; la fiducia e l'affidamento, sorretti dalla speranza, predispongono ad accogliere ciò che ancora non si conosce perché non è ancora accaduto.

Avere fede significa accorgersi di una duplice presenza: quella di Dio e quella del mondo.

Accorgersi di Dio, ma non del Dio metafisico, bensì di Gesù Cristo che è presente nella comunità degli uomini e delle donne.

Accorgersi del mondo, ma non del mondo in genere, men che meno del mondo virtuale, bensì del mondo che si mostra ai nostri occhi, del mondo che quotidianamente incontriamo, del quale facciamo parte. Noi cristiani siamo chiamati, anzitutto, ad accorgerci di tale presenza e, a vigilare - parola-chiave dell'Avvento -.

Quando parliamo del tempo santo, cioè del tempo scandito dalla fede e dall'incontro con Dio, immediatamente pensiamo ai monaci, i quali si riuniscono in coro a pregare nei diversi momenti della giornata, cosicché questa risulta realmente scandita dall'orazione comune e personale.

No, no! troppo comodo! È vocazione di tutta la Chiesa e di ogni cristiano trasformare il tempo umano in tempo di salvezza, accettando di vivere alla luce della fede le sfide del presente. E soprattutto la sfida a riconoscere la presenza di Cristo in questa nostra storia di uomini, ma non solo di uomini...

Se, in tutta sincerità - perché bluffare? perché fare finta che...? - non cogliamo la presenza di Cristo nella nostra vita; se anche noi siamo tentati di conformarci alla mentalità laica, la quale non fa più alcun affidamento su Dio, perché, alla luce dei fatti di cronaca, “Dio non c'è!”... ebbene, l'Avvento, questo nuovo tempo di Avvento può essere accolto e vissuto come una (nuova) occasione per diventare cristiani davvero.

Dobbiamo fare spazio in questo Io così ingombrante, individuale o familiare, convertendoci dalla presunzione che questo Io sia già fatto e finito, praticamente perfetto.

Non è vero che non ci manca niente! non è vero che non abbiamo più nulla da imparare!

Non è vero che non c'è più speranza di migliorare - ormai quel che è fatto è fatto! -.

Visto così, l'Avvento serve ancora, altro che se serve! Un tempo benedetto, una chance preziosa da cogliere al volo e da giocare al meglio delle nostre possibilità. In questa opera mai compiuta, di costruire un'identità cristiana, la Chiesa ci aiuta così, riaprendo la strada della ricerca.

Poco più di tre settimane, per capire almeno che cosa manca ancora in noi della perfezione cristiana, che è poi ‘soltanto' la fede. Se riusciremo a scoprirlo, allora, il 25, potremo celebrare insieme il Natale di Colui che ci mancava... perché non si tratta di qualcosa, ma di Qualcuno!

Se la nostra attesa riuscirà a mantenerci in tensione verso di Lui, al momento giusto riconosceremo il Suo arrivo. E avremo il motivo vero per fare festa. E la nostra festa sarà piena!

 

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