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TESTO Consacrati per evangelizzare

padre Antonio Rungi

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (30/09/2018)

Vangelo: Mc 9,38-43.45.47-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,38-43.45.47-48

38Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». 39Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40chi non è contro di noi è per noi.

41Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

42Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna.

47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, 48dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

La parola di Dio di questa domenica 26esima è incentrata sul significato e valore della profezia, sia nell'Antico Testamento che nel Nuovo Testamento.
La prima lettura di oggi, tratta dal Libro dei Numeri e il Vangelo di Marco ci fanno riflettere, infatti, su questo aspetto dell'essere credenti e cristiani. Nel Battesimo siamo stati consacrati a Cristo Re, Sacerdote e Profeta e in quanto tali siamo chiamati ad evangelizzare, a parlare di Dio con la nostra bocca, ma soprattutto con la nostra vita.
Il testo della prima lettura ci presenta Dio che scende dalle nubi e parla Mosè, dal quale “tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani”. Questo trasferimento avviene subito, al punto tale che “quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito”. Potremmo dire una missione a termine, limitata e rapportata alla necessità del momento.
La distribuzione dei compiti e della missione è assegnata direttamente da Dio. Dei settanta scelti, alla fine, ne rimasero solo due “uno chiamato Eldad e l'altro Medad. E lo spirito si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare nell'accampamento”. Questi due nuovi designati per la missione di profetizzare suscitarono subito invidia e gelosia tra la gente e avvenne che un giovane corse ad avvisare Mosè, al quale riferì che «Eldad e Medad profetizzavano nell'accampamento». Nel frattempo, un servitore di Mosè, fin dalla sua giovinezza, di nome Giosuè, figlio di Nun, chiese al suo padrone di impedire a Eldad e Medad di continuare a profetizzare. Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me?” Quanta è terribile la gelosia anche nel campo della chiesa e della missione. Si può essere gelosi se un fratello di fede o un confratello sacerdote, missionario, laico o vescovo svolga con successo la sua missione? Purtroppo questo succede, anche oggi. La conclusione e l'appello conclusivo del patriarca fu chiara: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!». Mosè è contento che altri svolgono il servizio della profezia e addirittura si auspica che tutti diventino profeti, ovvero testimoni di Dio, nel suo popolo.

Stessa scena, ma in un contesto storico, religioso e sociale diverso, la troviamo espressa nel Vangelo di Marco, il quale ci racconta del dialogo intercorso tra Giovanni e Gesù in merito alla liberazione dai demoni operata da alcuni, non appartenenti al gruppo dei Dodici.
«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”.
Quindi a nessuno è preclusa la strada di fare il bene e di operare per la salvezza dei fratelli. Nessuno deve mettere limiti e paletti all'azione dello Spirito del Signore, che agisce ed opera con chi vuole e quando vuole. E Gesù lo sottolinea non solo per il consenso indiretto che dà a chi libera dal demonio, ma soprattutto nell'evidenziare l'importanza della carità, del servizio disinteressato verso gli altri: “Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. Oltre a fare sempre il bene, Gesù ci riporta alla responsabilità personale e comunitaria di non scandalizzare nessuno, perché “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.
La condanna esplicita i ogni scandalo soprattutto quando sono coinvolti i bambini, i piccoli Gesù l'afferma con forza e coraggio al punto tale che, attraverso delle immagini metaforiche o paradossi, dice: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
Mano, piede ed occhio, ovvero tatto, vista e sensi vari possono diventare strumenti di scandalo per motivi vari. Per cui Gesù, in caso di scandali che possano interessare questi sensi umani è meglio eliminarsi per non perdersi l'anima e non andare nel fuoco eterno.
Quanti scandali nel mondo di oggi e nella stessa chiesa che ci fanno pensare in modo più puntuale a ciò che dobbiamo tutti evitare per non scandalizzare nessuno, specialmente se sono fragile creature. Recidere e mutilarsi delle cose che sono motivi di scandalo, non vuol dire fare questo da un punto di vista fisica, ma interiore, spirituale. Avere il coraggio di camminare a testa alta, per non essere additati come soggetti pericolosi e poco affidabili da un punto di vista morale e dottrinale.

Il forte ammonimento dell'Apostolo Giacomo nel brano della seconda lettura di oggi, riguarda i ricchi di soldi e di benessere economico e i presuntuosi che si ritengono ricchi, quando sono poveri in tutti i sensi.
Parole dure che sono espresse in questi termini inequivocabili: “Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.
Quante ingiustizie sulla terra, quanti approfittatori in questo mondo che pensano solo al loro ventre e si dimenticano di Dio e dei fratelli. Per tutti costoro scatterà il giudizio severo di Dio che non tollera maltrattamenti e profitti di nessun genere.
Sia questa la preghiera che rivolgiamo tutti insieme al Signore: “O Dio, tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei profeti; effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele, perché ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore”.

 

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