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TESTO Il nome che infastidisce il mondo

don Giacomo Falco Brini  

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/11/2016)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 21,5-19

In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

La domanda-trabocchetto dei sadducei nel vangelo di domenica scorsa permette a Gesù di affermare la certezza della vita futura da risorti, come anche di chiarire che su di essa non si può ragionare con le categorie della vita presente: la sua novità è ben più grande della continuità che c'è fra questa e quella. Il vangelo di oggi ci aiuta a leggere con fede dentro la storia incamminata verso quel futuro.

Il discorso del Signore nasce dall'incanto di alcuni che osservano l'opera umana in cui normalmente ci si radunava: il tempio (v.5). Gesù annuncia senza mezzi termini la sua prossima distruzione (v.6). Non ci fa male apprezzare la bellezza dell'opera umana guardando le nostre chiese, ma è indubbio che si può rimanere così preoccupati di quel che appare in esse, da perdere sia la natura che l'orizzonte della fede. In tal caso ci può far male. Si finisce per preoccuparsi di più del tempio fatto da mani d'uomo invece che del tempio nuovo, quello non fatto da mani d'uomo (cfr. Gv 2,19-20), dove Dio vuole essere adorato (cfr. Gv 4,23-24). La domanda successiva sorge dall'affermazione del Maestro (v.7): gli si chiede il tempo e il segno dell'evento distruttivo predetto, perché per gli ebrei la fine del tempio corrispondeva alla fine del mondo; come tutti quelli che anche oggi continuano a occuparsi maggiormente di conoscere "quando" e "quali segni" accompagnano la fine del mondo. Gesù non soddisfa il prurito di curiosità circa il futuro, né l'ansia di vedere segni nel presente. Egli si è sempre sottratto e si sottrarrà sempre a rispondere a questo tipo di richieste. Anzi, nella ripresa del suo discorso Gesù avverte di non seguire tutti quelli che si presentano nel suo nome ad annunciare la fine imminente: non andate dietro a loro! (vv.8-9) In genere si tratta di persone che presentano credenziali come carismi particolari, doti medianiche o personali rivelazioni non certificate. E devo purtroppo dire che ce ne sono molti nella sua chiesa, e che molti gli vanno dietro. Ricordo che da ragazzo, nei miei primi passi di conversione è toccato anche a me passare nelle case di vari fra essi: ho scoperto che si incontrano tra cristiani che frequentano molto la messa, moltiplicano le preghiere e i digiuni, sono fedelissimi a tre/quattro se non cinque devozioni, nonché presentissimi in tutti i maggiori santuari cattolici. La grazia ricevuta di guide spirituali sicure e un progressivo avvicinamento alla Parola di Dio mi hanno aiutato a non andar dietro a quel clima di intimidazione religiosa che si creava intorno a loro con annessi presagi di sventura. Cosa c'è alla radice di questa antica curiosità "religiosa" di conoscere tempo e segni della fine del mondo? E' il solito tentativo umano di tener sotto controllo una realtà spesso infida e un Dio che sembra non avere potere su di essa. Ma questa non è la fede che ci ha donato Gesù Cristo: non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine (v.9).

Il Signore ci dice con chiarezza che la realtà di questo mondo è sempre avvolta da fatti umani tragici come pure da rivolgimenti naturali e cosmici (vv.10-11). Davanti ad essi, ci invita a non farci vincere dalla paura, perché l'indizio della fine di tutte le cose, della vicinanza del Regno di Dio, in realtà non è rappresentato da questi eventi, ma dalla testimonianza dei suoi discepoli che continuano la storia di Gesù nella propria carne. Come dire: ogni giorno, per chi vive di fede, è la fine del mondo, e nello stesso tempo è il sorgere di un mondo nuovo. Nel piccolo brano che troviamo nella prima lettura di oggi, il profeta Malachia esprime felicemente questa verità: ma per voi, cultori del mio nome, sorgerà il sole di giustizia con i suoi raggi benefici (Mal 3,20). La vita è un banco di prova dove alla lunga esce allo scoperto il "cristiano" che usa il nome di Gesù ingannando se stesso e gli altri, perché cerca la propria gloria attirando l'attenzione su di sé (cfr. At 20,30); ma esce allo scoperto anche il vero cristiano, il discepolo che condivide il destino di Gesù, essendo disposto a subire lo stesso odio del mondo che si abbatté su di Lui: sarete odiati da tutti a causa del mio nome (v.17). Il Signore ha assicurato che il suo discepolo non sarà lasciato a se stesso. La sua stessa irresistibile parola e sapienza sarà sulla sua bocca (v.15). Ed è assicurata la salvezza integrale della propria persona a motivo della perseverante pazienza nel soffrire la persecuzione (v.19). Non posso fare a meno di riproporre a questo punto, come esemplare testimonianza di quanto detto, la lettera-testamento trovata nello studio di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze religiose del Pakistan, assassinato il 2 marzo 2011 a motivo della fastidiosa operosità della sua fede:

"Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.

Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nell'amore e nel sacrificio della crocifissione di Gesù. Fu l'amore di Gesù che mi indusse ad offrire il mio servizio alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai una predica sul sacrificio d'amore di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.

Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora - in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan - Gesù volesse accettare il sacrificio d'amore della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri. Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù, ed io potrò guardarlo senza provare vergogna".

Il Signore ci faccia dono del suo Santo Spirito per poter essere sempre segno di quel mondo nuovo che Lui stesso ha cominciato donandoci la sua vita.

 

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