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TESTO Un dono necessario

padre Gian Franco Scarpitta  

Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (15/05/2016)

Vangelo: Gv 14,15-16.23-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-16.23-26

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

La scorsa Domenica avevamo notato che, nello scritto degli Atti degli Apostoli di Luca Gesù, prima di essere "avvolto da una nube per essere sottratto alla loro vista", diceva ai suoi discepoli che sarebbero stati suoi testimoni "fino agli estremi confini della terra"(At 1, 8). Cioè, secondo il linguaggio lucano, fino a Roma. Nell'episodio riportato dallo stesso libro degli Atti, cap. 2, avviene la realizzazione di questa predizione: gli apostoli di Gesù improvvisamente si fanno davvero testimoni delle grandi opere di Dio compiute nel suo Figlio Gesù Cristo, alla presenza di tante rappresentanze di popoli e di etnie convenute da ogni parte del mondo allora conosciuto, compresi gli "stranieri di Roma" e quindi il messaggio che proferiscono, già questo, ha una valenza universale. Come mai si trovano a Gerusalemme abitanti di tanti luoghi vicini e lontani? Si tratta di Ebrei osservanti della Legge che si ritrovano nella capitale il giorno di Pentecoste, che cade dopo 50 giorni (sette settimane) dall'inizio della mietitura. Si festeggia infatti la fine del tempo della raccolta e contemporaneamente si commemora la consegna delle Tavole della Legge di Dio a Mosè sul Sinai. Dalla Pasqua ebraica, quando era iniziata la raccolta del "primo covone", fino alla Pentecoste che chiudeva il tempo di mietitura si contano 50 giorni, da cui il termine Pentecoste. Tutta questa gente convenuta al tempo di Gerusalemme offriva le primizia del raccolto (Es 23, 16).

Vi è a Gerusalemme quindi un andirivieni di gente che entra ed esce dal tempio, animata dalla serenità che caratterizza la Festa, dai sentimenti di entusiasmo e di sollievo interiore che sono paragonabili a quelli che noi siamo soliti provare in occasione di una Solennità liturgica che ci riunisce in chiesa attillati e rasserenati. Aria di festa insomma, che rincuora tutti quanti. Tutti, meno uno sparuto gruppo di persone che stanno rintanate in un piccolo cenacolo, dove hanno sprangato le porte. Temono infatti la minaccia dei Giudei, che più volte li hanno perseguitati e minacciati a causa di "quell'uomo morto sulla croce che essi dicono sia risorto." Improvvisamente però la loro paura si muta in coraggio, perché avviene in loro qualcosa di sorprendente: lo Spirito Santo promesso dal Signore Gesù Cristo, che veniva definito in Giovanni il Paraclito e Spirito di verità, discende su di loro e la sua azione viene descritta con un linguaggio dal simbolismo teofanico: un rombo, un vento impetuoso, lingue come di fuoco che si posano su ciascuno di loro. Tutti elementi che sottendono l'irrompere di Dio nella vita dell'uomo, come si evince del resto in un simile evento della manifestazione di Dio sul monte Sinai (Es 19, 18): gli apostoli si sentono infatti rinnovati dalla presenza di questo Spirito Santo che discende su di loro; si sentono trasformati e spronati e se prima la paura e l'incertezza li tratteneva nel nascondimento adesso escono senza riserve dal loro rifugio e sono in grado di comunicare a tutti "in modo che tutti capiscano" le grandi opere di Dio, nonostante la varietà delle culture e delle provenienze. Lo Spirito infonde loro coraggio, decisione, determinazione e dona loro quella che verrà definita la "parresia", cioè la "franchezza" con cui si dice liberamente tutto ciò che si è tenuti a proferire.

Nell'Antico Testamento viene concepito spesso come una forza impersonale, quale il vento o l'alito (ruah); altrove indica una forza esteriore di Dio, altrove una connotazione divina con cui si rivela. Nel Nuovo Testamento, a partire dal Figlio di Dio che si è fatto uomo, veniamo edotti che si tratta di una Persona, quella che aveva guidato Gesù nelle tentazioni del deserto conducendolo e indirizzandolo poi in tutta la vita pubblica, per poi concedere che le tenebre avessero il sopravvento su di lui nell'ora della cattura e della morte. Al momento di esalare l'ultimo respiro, Gesù consegna lo Spirito al Padre ma sempre in forza di questa Persona risusciterà e ne diventerà egli stesso elargitore. Gesù infatti dona lo Spirito alla Chiesa e a ciascuno dei credenti e questo stesso Spirito a sua volta sarà apportatore di doni, animerà, consolerà e darà fiducia. Lo Spirito Santo renderà innanzitutto Cristo presente in mezzo a noi, ci farà percepire la sua presenza e farà in modo che noi, riconoscendolo, agiamo e ci adoperiamo nel suo nome. Ai credenti, Dio Padre non poteva fare altro dono più grande, a parte il Figlio, se non lo Spirito che guida alla verità tutta intera, poiché egli prende di quanto appartiene a Gesù e ce lo dà (Gv 16, 13 - 14). Lo Spirito Santo è Dio che sostiene, risolleva l'animo e rinvigorisce, infonde apertura e fiducia nelle avversità e queste, seppure si incontrano, non costituiscono più un ostacolo ma sono occasione di esercizio della virtù e della perseveranza per ottenere il premio; quindi in forza dello Spirito la Chiesa riscopre se stessa nella propria identità e tale identità di comunione e di missione, riconoscendo se stessa nella missione che le è stata conferita. Si tratta della Chiesa come comunità dei battezzati ma anche dei singoli credenti che trovano ciascuno nello Spirito la capacità di venire al mondo vincendo la paura di lanciarsi. Quando ci si sente timidi e impacciati, il segreto del successo sta nel lanciarsi e nel tirarsi avanti senza riserve e nell'agire senza temporeggiamenti o esitazioni di sorta. Occorre sempre agire per vincere la paura, senza trascurare che eventuali fallimenti vanno ritenuti normali e scontati e il vero successo arriva solo dopo numerose lotte e perseveranze; lo Spirito Santo con i propri doni infonde coraggio e fiducia in se stessi, come già avveniva il giorno della Pentecoste ebraica e allo stesso tempo scongiura il pericolo insidioso di possibili autoesaltazioni immotivate e ridicole presunzioni. Lo Spirito accresce lo sfruttamento dei talenti e la fiducia nelle nostre capacità, rinnovando in noi d'altro canto la consapevolezza del primato di Dio e della nostra dipendenza da Lui in ogni cosa; ma garantisce in noi anche l'imput radicale alla perseveranza facendoci innamorare della verità di cui Lui solo è latore e testimone: se si è innamorati di un valore, se vi si crede, si sarà sempre disposti a battersi e se questo valore coincide con la verità che è Cristo, allora tale disposizione si accresce ulteriormente e appunto lo Spirito della verità, che conduce alla conoscenza del vero in vista del vero sprona anche i nostri animi.

 

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