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TESTO Che ostinato, questo vignaiolo!

don Alberto Brignoli  

III Domenica di Quaresima (Anno C) (28/02/2016)

Vangelo: Lc 13,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,1-9

1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

6Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Certo che ogni tanto qualcuno che sistemi le cose in questo martoriato mondo ci vorrebbe proprio... Non è possibile che continuino ad accadere certe cose senza che nessuno vi ponga rimedio! Vedere tutte queste situazioni di guerra e di conflitto che portano fame, carestia, desolazione, esodi di massa e quindi ulteriore sofferenza e morte, ci porta ad interrogarci sul senso di ciò che avviene e sul perché non si riesca a trovare una soluzione. E questo vale non solo su scala mondiale, ma anche nella nostra piccola realtà provinciale e locale: quanti episodi, quanti comportamenti sbagliati, quante situazioni di disonestà pubblica ci amareggiano al punto da invocare una soluzione forte e definitiva nei confronti di coloro che si comportano in maniera corrotta e lesiva della libertà degli altri. E anche nella cerchia più ristretta della nostra famiglia e dei nostri affetti, ci troviamo spesso a fare i conti con fatti e persone di fronte alle quali preferiremmo agire con decisione e con fermezza, perché non è possibile tollerare o giustificare certi comportamenti.

Molte volte occorre una mano dura, risoluta: una mela marcia rischia di guastare tutto il cesto, per cui va eliminata. "Certe persone, all'interno della società, vanno messe da parte; certi ragazzi, all'interno di determinate realtà educative, vanno isolati e messi in strutture adeguate; certi gradessi che con i loro atteggiamenti pensano di avere in pugno una società, un paese, un quartiere, per il bene di tutti vanno eliminati!". Chi di noi, almeno una volta nella vita, non ha pensato questo? Chi di noi non ha mai pensato che l'unico modo per eliminare il peccato sia di eliminare il peccatore che lo commette? Chi di noi non ha mai anche solo minimamente apprezzato le parole forti di Giovanni il Battista, quando diceva che "la scure è posta alla radice degli alberi, e ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco"?

Di certo, questa mentalità albergava nel cuore e nei pensieri degli interlocutori di Gesù presenti nel brano di Vangelo che la Liturgia ci propone oggi. Il fatto di cronaca che viene sottoposto all'opinione del Maestro non è menzionato a caso: riguarda, infatti, un gruppo di Galilei rivoluzionari - accusati di terrorismo nei confronti del governo di Roma - fatti sterminare da Pilato durante una delle loro riunioni di preghiera e di indottrinamento integralista. Niente da dire: il comportamento di Pilato pare ineccepibile, in quanto per salvaguardare il bene comune e l'incolumità dello Stato, ha ben pensato di usare il pugno duro, così come spesso e volentieri ha fatto con i Galilei durante i dieci anni del suo governo. Di certo, dietro a tutto questo c'è il disegno di Dio, perché le cose non avvengono senza che lui lo voglia: e questo è bene ricordarlo a quel galileo che con il suo gruppetto di discepoli dalla testa calda sta marciando in maniera decisa verso Gerusalemme...

Questo galileo di Nazareth raccoglie la sfida e la rilancia: se è proprio vero che le cose succedono per volere di Dio e che lui approva il pugno duro contro i cattivi, come la mettiamo con un altro fatto di cronaca? Ovvero, quello in cui diciotto abitanti di Gerusalemme (quindi cittadini della città santa...), totalmente innocenti, vengono travolti e uccisi dal crollo di un edificio? Pare che non fossero dei malvagi da colpire, per cui l'idea di un Dio che agisce con durezza per estirpare il male dalla società non funziona proprio, dal momento che i fatti drammatici della vita colpiscono, indistintamente, buoni e cattivi (anzi, spesso, purtroppo, più i buoni che i cattivi...). Avere in testa un'immagine di Dio con la scure in mano, pronto a tagliare gli alberi cattivi alla radice per lasciare solo quelli buoni, non pare a Gesù una cosa sensata: di certo, non corrisponde a ciò che egli è venuto ad annunciare. Per cui, o ci si converte e si cambia quest'immagine di Dio, altrimenti qualora le situazioni della vita dovessero colpirci con drammaticità, lo stesso metro verrà applicato su di noi: "Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo".

E allora, qual è l'immagine di Dio che dobbiamo acquisire, per cambiare idea rispetto a quella di un Dio castigatore dal pugno duro? Innanzitutto, dobbiamo operare nella nostra mente la distinzione - non sempre facile da attuare - tra peccato e peccatore, perché anche se sono collegati, non sono la stessa cosa. Il Concilio Vaticano II ce lo aveva detto molto bene, 50 anni fa, nella Gaudium et Spes: "Occorre distinguere tra peccato, sempre da rifiutarsi, e peccatore, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false nozioni religiose. Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque".

Posto questo, allora, andiamo a fare i braccianti insieme al vignaiolo della parabola, e comprenderemo cos'è la pazienza di Dio nei confronti di ogni uomo. Comprenderemo che sicuramente è più facile agire con la scure, come il padrone della vigna che non sopporta che un albero di fichi dopo tre anni non abbia ancora dato frutto. Per di più, occorre pensare anche al terreno e al resto degli alberi del vigneto: perché un albero sterile deve sfruttare il terreno impedendo agli altri, decisamente più produttivi, di sfruttarne le ricchezze e le caratteristiche fino in fondo? In certi casi, tagliare tutto è la cosa più immediata da fare. Sarà, ma non è detto che sia la cosa più giusta. Ripeto: tagliare il male alla radice eliminando chi lo fa, è facile e rapido. Mentre costa fatica mettersi in gioco, darsi da fare, e fare tutto il possibile perché un albero apparentemente sterile inizi a dare frutti. Costa fatica zappare, curare, irrigare, concimare, cambiare il terreno (perché poi non è detto che un terreno buono lo sia per tutti i tipi di albero...), ma forse è l'unico modo per cambiare le sorti di un albero certamente già segnato dalla propria fine.

Spesso, aprire le porte di un carcere o isolare un elemento scomodo è una soluzione immediata e comoda, anche se non efficace: mentre costa fatica cercare pazientemente di recuperare una persona sbandata, soprattutto se è giovane e quindi piena di vitalità nel commettere fesserie. Ma del resto, è ciò che fa con noi quell'ostinato vignaiolo che è Gesù Cristo: se anche lui dimostra tutta la sua infinita pazienza con noi, rialzandoci ogni volta che cadiamo, e dandoci ogni giorno, con fiducia, la possibilità di ricominciare da capo, perché mai non dovremmo noi fare altrettanto con gli altri?

 

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