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TESTO Tota pulchra es, MARIA

mons. Antonio Riboldi

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2004)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Giustamente la Chiesa, nella sua pedagogia alla santità, oggi ci propone la figura di una creatura del Padre, tutta bella, tutta santa, più degna di stare in cielo che qui in terra: è la solennità della Immacolata Concezione.

Quando Dio creò l'uomo ed Eva li fece a sua immagine e somiglianza e fece dono del Suo Spirito e quindi del Suo amore. Eravamo belli, di una bellezza che non doveva conoscere macchia alcuna; non solo ma non doveva neppure fare esperienza del peccato e quindi della morte.

Eravamo infinitamente felici, perché i nostri occhi erano rivolti al Padre, da cui usciva amore e felicità...come quando noi, nell'amare totalmente una persona, basta fissarla nel profondo degli occhi e la nostra anima, trovandoci amore, pregusta la ragione della nostra vita, la felicità.

Una felicità, che non conosceva in Maria la minima ombra di rifiuto di Dio, ossia del peccato, che è sempre un cercare altrove la gioia e l'amore, che proprio non esiste, se non, nel migliore dei casi, nel volersi sinceramente bene.

Eravamo immortali, perché figli dell'eternità con Dio; non potevamo conoscere la cacciata dal Paradiso e, quindi, questa vita piena di debolezze, che hanno come fine, la morte.

Ma il Padre, lo ripeto tante volte, ci vuole un bene infinito, senza esclusione di alcuno. Un figlio è sempre un figlio agli occhi del Padre e l'amore non accetta di perderlo per sempre. In quella porta del paradiso, che si chiuse alle nostre spalle, Dio lasciò come uno spiraglio, che mostrava la speranza di un ritorno...perché possiamo fare a meno di tutto quello che c'è sulla terra, ma non possiamo fare a meno del Cielo. Come i nostri progenitori, ci facciamo abbagliare dagli inganni di satana, ma sempre poi scopriamo che sono inganni, che possono soddisfare per un momento...ma è una soddisfazione che non scende nella profondità della vita, ma si ferma alla superficie, come la crema che si mette sul viso e dura quel che dura.

Il nostro volto vuole fissare quello del Padre. Non ne possiamo fare a meno...anche se diciamo il contrario. Ma questa è la suggestione di satana. Ieri, oggi e sempre.

E per aprire quella porta socchiusa del Cielo, e darci quindi la certezza del ritorno, era necessario che fosse Dio stesso ad aprirla, mettendosi nei nostri panni, facendosi uomo e liberandoci dal peccato.

E Dio volle donarci Suo Figlio, Gesù, che si mettesse nei nostri panni, figlio dell'uomo. Ma gli occorreva una Mamma, che lo generasse, e "preservò", a tale fine, Maria dal peccato. Quel seno, che doveva accogliere Gesù, doveva essere come un pezzo di cielo, che avesse del cielo tutta la bellezza di chi non conosce il peccato, ossia fosse solo amore e gioia. Da qui l'Immacolata Concezione.

Sfugge a noi, poveri uomini, anche solo immaginare cosa significhi essere senza vizi, senza inclinazione al male. A volte siamo talmente attratti, come Adamo ed Eva, dal peccato, da nutrirci di quel frutto proibito.

Siamo tutti pronti oggi a vedere vizi e difetti in ognuno che ci sia vicino. Sfugge cosa voglia dire il concetto di santità, come questa fosse la scelta di qualche folle, che si fa attrarre da Dio, voltando le spalle alle cosiddette bellezze del mondo. Svenduti al vizio, diventiamo ciechi, come Adamo ed Eva.

Poi, a volte, il Signore mette sui nostri passi una giovane, un giovane, un uomo o una donna, simile in tutto a noi, che è diventato "folle", santo, per venire in possesso di quella bellezza, che è essere rivestiti di santità. E proviamo non solo ammirazione, ma invidia.

Nessuna cosiddetta felicità o bellezza di questa terra, vale un briciolo della bellezza del santo, quello feriale, che ci scivola vicino, emanando il profumo della virtù e il calore della bontà e carità.

Ho avuto la fortuna e il dono di avere amici alcuni di questi santi del nostro tempo: uomini, donne e giovani. Era facile cogliere sul loro viso la gioia di Dio. Hanno sguardo dove sembra sia assente ogni ombra di peccato, pieno della libertà dell'amore. Vivono in questo mondo, impegnati là dove Dio li vuole, ma non sono più di questo mondo.

Chiesi una volta ad una giornalista, che mi esaltava le cosiddette "veline", come ultima spiaggia della vanità, quale bellezza avrebbe voluto per le sue figlie: se la bellezza fisica di una velina o la bellezza intellettuale di una donna che vede nella cultura la sua nobiltà di donna; o la bellezza di una santa, in cui tutto è meraviglioso, anche se fisicamente non bella, come Madre Teresa di Calcutta. Ci rifletté a lungo ed alla fine, con sofferenza, mi rispose: "Non so rispondere...ma alla luce delle scelte che lei mi pone, ho come l'impressione di vivere in un mondo molto simile al paese dei balocchi di Pinocchio, dove la dignità dell'uomo finisce di essere asino da divertimento". Ed aveva ragione.

Non finiremmo mai di esprimere la nostra meraviglia per l'Immacolata, la donna senza peccato, che è la vera immagine, non solo di ogni donna, ma di tutti noi, figli di Dio, chiamati a essere "santi e immacolati". Purtroppo non tutti provano questo desiderio e gioia.

"C'è un mondo meno cristiano - scrive Paolo VI - e che convive con quello cristiano e predica: La nostra natura è di per se stessa innocente, è di per se stessa perfetta e a lasciarla espandere naturalmente dà luogo ad una manifestazione di perfezione; sono gli altri che rendono gli uomini cattivi".

Dice un cattivo filosofo: "I fanciulli, i ragazzi, tutta la gioventù, che cresce, è di per sé buona, quindi lasciate che si esplichi, lasciatela senza difesa, non le dite niente". E noi vediamo a che cosa arriva l'espansione di una giovinezza, di una umanità lasciata in balia dei suoi istinti e delle sue tendenze. Va a finire veramente fuori strada ed arriva ad aberrazioni che ci fanno piangere e fremere...il male stesso, secondo questi criminali maestri, sarebbe benefico. "Fate l'esperienza del male, altrimenti non avrete l'esperienza della vita", essi dicono. E non badano a cosa si profana, a cosa si distrugge, ai dolori che si seminano, ai delitti che si commettono.

C'è tanto bisogno di un vero ritorno ad esaltare la bellezza dell'anima, quella della Immacolata; a sapere chiamare tutto con il proprio nome: male il male, bene il bene: virtù la virtù e vizio il vizio. E non barare con la verità e la bellezza della vita, che è la santità.

Occorre avere il coraggio di demolire i falsi miti del mondo, che sono la triste nudità dell'anima, e costruire in noi e attorno a noi il culto della bellezza dell'anima, delle virtù, quelle che hanno fatto di Maria, nostra carissima Mamma, l'Immacolata Concezione.

C'è tanto, ma tanto bisogno, di riappropriarci della bellezza del cuore, che è la vera e sola bellezza da coltivare giorno per giorno: una bellezza che ci fa come angeli.

Lo chiediamo a Maria oggi: "Vergine Madre, figlia del tuo figlio, - umile a alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio. Tu se' colei che l'umana natura - nobilitasti sì che il suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si riaccese l'amore - per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridiana face - di caritate e giuso intra i mortali se' di speranza fontana vivace.

Donna se' tanto grande e tanto vali che qual vuol grazia ed a te non ricorre sua disianza vuol volare senz'ali.

La tua benignità non pur soccorre - a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate - in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontade. (Dante, Paradiso).

 

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