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TESTO Il discepolo: un uomo libero

don Maurizio Prandi

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/08/2015)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

La prima lettura ci dice qualcosa di bellissimo sul volto di Dio: qualcosa di simile a quanto due settimane fa abbiamo già sottolineato: Dio risponde con la bontà e la misericordia alla nostra fragilità, debolezza, al nostro tradimento, al nostro mugugno. Tutta una comunità mormora... tutta una comunità si lamenta... possiamo cogliere in questa prima lettura un tratto fondamentale della relazione tra Dio e il suo popolo: alla mormorazione, al peccato, Dio reagisce con i suoi doni. La sua misura è sempre quella dell'amore, della misericordia. Per me, forse per tanti di noi se una cosa va male si fa saltare tutto, invece per Dio non è così, la nostra infedeltà non ci esclude dalla sua misericordia. Invece di punire la poca fede del popolo, in un certo senso acconsente alla protesta e dona il pane; Qui tutti quelli che mormorano devono ricevere la manna della misericordia di Dio, tutti i peccatori devono essere perdonati. È bello anche che venga data una regola all'uomo, quella che gli vieta di accaparrare il cibo, di immagazzinarlo... verrà donata la razione di un giorno, perché? Penso a me e mi dico che è giusto... ho bisogno, per come sono fatto, di attendere ogni giorno il dono che viene dal cielo; ho bisogno, per come sono fatto, di risvegliare ogni giorno il senso della mia dipendenza da Dio. Ogni giorno, per non dimenticarmi, per non abbassare la guardia, per non rimandare, per coltivare la relazione con Lui. Ogni giorno perché l'abbandono al suo amore e l'affidarsi deve essere quotidiano. Ogni giorno il pane, proprio come insegna Gesù nel Padre Nostro... ogni giorno perché deve essere quello basta, quello sufficiente per te e per i tuoi cari, perché sennò poi cominciano le lotte, le guerre, il desiderio di avere di più, di possedere Viene narrato oggi l'incontro tra la mormorazione del popolo e la bontà di Dio... che bello: Dio prende atto della mormorazione e non risponde con un rimprovero o una punizione, risponde con il suo dono: mangerete carne, vi sazierete di pane... rispetto al pane c'è qualcosa di importante da dire ed è la domanda che gli israeliti si fanno: che cos'è?... questo pane che Dio dona è un mistero, come l'Eucaristia che celebriamo è un mistero... di fronte a questo "pane del cielo" che è l'Eucaristia non possiamo che continuare a porci la domanda: che cosa è? In quel pane, la Pasqua, la vita di Gesù donata per noi... siamo immersi in quell'amore, che al nostro prendere le distanze risponde volendoci bene fino alla croce.

Mi piace molto anche questo: grazie al pane, grazie al cibo, grazie alla misericordia, sappiamo, conosciamo chi è Dio... è perché possiamo fare la sua conoscenza che Dio dona... non per legarci a sé, non perché lo serviamo, non perché ha bisogno di essere "portato in trionfo"... unicamente perché possiamo conoscerlo... è il momento questo, in cui il popolo con quella mormorazione rifiuta il bene più grande: la libertà! Sono liberi, hanno passato il Mar Rosso, ma vogliono tornare indietro... rimpiangono l'Egitto di quando erano schiavi e preferiscono le cipolle alla libertà. Essere liberi non è facile... la libertà è un rischio. Per Dio è stato più facile togliere gli ebrei dall'Egitto che l'Egitto dal cuore degli ebrei (R. Benigni). La libertà è faticosa, perché essere liberi vuol dire crescere diventare uomini, responsabili delle proprie scelte, delle proprie azioni. Ecco perché Dio vuole che lo conosciamo: perché vuole che impariamo la libertà!

Il tema del conoscere Dio e della conseguente libertà appartiene anche alla seconda lettura, dove l'apostolo Paolo afferma che conoscere (meglio la traduzione letterale imparare) Gesù porta ad una lotta, ad un combattimento che ha come meta la libertà. È la lotta tra l'uomo vecchio e l'uomo nuovo. Dopo aver ascoltato il Vangelo, la parola che Gesù è venuto ad annunciare, non si può più camminare (non comportarsi...) lasciandosi guidare da pensieri vani, vuoti... vi dico e vi testimonio dice Paolo... non scongiuro... è semplicemente la testimonianza di chi sa che non c'è niente di più pericoloso per l'uomo che il lasciarsi guidare da chi propone la superficialità, i luoghi comuni, gli obiettivi facili... Paolo ricorda agli Efesini che hanno imparato Gesù attraverso il vangelo che hanno ascoltato, sono stati battezzati ed ora lo devono riconoscere presente ed operante nella loro vita. Torna, in un certo senso, la domanda della prima lettura: Man-hu? Che cosa è? Chi è Gesù per me? Chi è Gesù nella mia vita? E' bello il verbo imparare, perché dice un rapporto personale, che non viene da libri studiati, ma da una esperienza vissuta. L'invito è a deporre non l'uomo vecchio, ma "noi"... è come se Paolo chiedesse agli Efesini e quindi a noi di imparare ad amare. Una volta che ti sei innamorato deponi la tua vita di prima, perché da quel momento in poi cambia tutto, impari una nuova vita, impari una persona.

Il vangelo anche, presentandoci questa folla in cerca di Gesù, pone, tra i tanti, il tema della relazione con Gesù. Una folla che non aveva imparato Gesù e ancora stordita e confusa per l'eccezionalità del miracolo una volta trovato Gesù gli chiede: ma quando sei venuto qua? Come dire: perché te ne sei andato? E senza dirci niente? Perché non vuoi continuare a sfamarci? Volevamo farti re e sei scappato! Scrive don Daniele Simonazzi: Il problema dell'incomprensione verte tutto sul senso del pane che Gesù vuole dare e che la folla vuole ricevere. Quella cercava qualcosa che riempiva la pancia, Egli proponeva invece qualcosa che riempiva la Vita.

Perdonatemi ora una lunga citazione di papa Francesco, ma di fronte ad una brano di vangelo così denso, la semplicità con cui il papa interpreta credo possa aiutare tanti: "Gesù richiama l'attenzione della gente su alcuni atteggiamenti che non sono buoni e anzi fanno male. "In verità vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati"». È come se dicesse: «Voi mi cercate per un interesse». E credo che a noi faccia bene sempre chiederci: perché cerco Gesù? Perché seguo Gesù?(...) La risposta si può ricavare dagli stessi insegnamenti di Gesù, il quale «accenna a tre atteggiamenti che non sono buoni nel seguire lui o nel cercare Dio». Il primo è la vanità...: «Quando tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra»[...] E allo stesso modo rimprovera chi insegue il potere. Alcuni seguono Gesù perché inconsciamente seguono il potere. Giovanni e Giacomo, i figli di Zebedeo, volevano un posto di potere quando fosse venuto il regno promesso. Nella Chiesa ci sono arrampicatori, e ce ne sono tanti... La terza cosa che ci allontana dalla rettitudine dell'intenzione sono i soldi. Ci sono infatti quelli che seguono Gesù per i soldi e con i soldi. Cercano di approfittarsi economicamente della parrocchia, della Diocesi, della comunità cristiana, dell'ospedale, del collegio... Nel mio seguire Gesù c'è vanità? C'è voglia di potere? C'è voglia di denaro? Ci farà bene esaminare un po' il nostro cuore, la nostra coscienza sulla rettitudine dell'intenzione nel seguire Gesù. Lo seguo solo per lui? E questo è il cammino della santità. O lo seguo per lui ma anche per avere qualche vantaggio per me?». E questo non è cristiano. Chiediamo al Signore la grazia di inviarci lo Spirito Santo per andare dietro di lui con rettitudine d'intenzione: solo per lui, senza vanità, senza voglia di potere, e senza voglia di soldi. (...) Questa è la nostra tentazione quotidiana: scivolare verso la mondanità, verso i poteri e così si indebolisce la fede, la missione. Si indebolisce la Chiesa». Il Signore però ci sveglia con la testimonianza dei santi, con la testimonianza dei martiri che ogni giorno ci annunciano che andare sulla strada di Gesù è quella della sua missione: annunciare l'anno di grazia. Il Vangelo ci dice anche che la gente capisce il rimprovero di Gesù e per questo gli domanda: «Ma cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù risponde loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Cioè «la fede in lui, soltanto in lui; la fiducia in lui e non nelle altre cose che ci porteranno, alla fine, lontano da lui (dalle Omelie di papa Francesco a Santa Marta, 20 aprile 2015: Gv 6, 24-35).

 

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