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TESTO No, il male non ce la fa...

don Alberto Brignoli  

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2013)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Il male è l'eterna insidia dell'umanità. Se vogliamo rileggere la storia di un popolo attraverso i secoli, in ogni epoca avremo sempre due costanti: l'uomo e il male. È assurdo pensare di costruire la storia dell'umanità a prescindere dall'umanità stessa; e so bene quanto un'affermazione simile sia di un'ovvietà e di una banalità mostruose. Purtroppo, però, pur non essendo ovvio e ancor meno banale, è amaro costatare come a fianco dell'umanità ci sia sempre il male.

Non c'è giorno, ora, istante, della vita di un popolo, in cui non stia avvenendo un episodio di malvagità, di violenza, di odio, grande o piccolo che esso sia. E pure quando numericamente è meno rivelante di tanti altri episodi di bene, il suo peso è talmente grande e incisivo da apparire come l'unica possibilità data all'uomo, la sua unica chance: l'uomo è capace solo di fare il male, o fa il male o non è uomo. Molte volte noi stessi ci lasciamo trascinare nella fatalistica accettazione di eventi che ci portano a considerare effettivo ed efficace solo il male: per cui, definiamo l'umanità, uno schifo, la vita, una sofferenza, le vicende quotidiane, una lotta, e così via. "Quanta violenza! Quanto male nel mondo, dappertutto!", diciamo spesso, magari anche giustamente motivati dal male che subiamo ogni giorno o da torti che costantemente riceviamo.

In definitiva: da che mondo è mondo, il male coesiste con l'uomo. Ce lo dice anche il libro da cui è tratta la prima lettura della Liturgia della Parola di questa particolare domenica di Avvento dal sapore tutto mariano: dopo non più di due capitoli di storia dell'universo e un solo capitolo di storia dell'umanità, entra in scena l'eterno compagno dell'uomo, il male, sotto le simboliche spoglie di una bestia astuta, "la più astuta delle creature del Signore", talmente amico dell'uomo da essere come lui, appunto, "la creatura più astuta"...

E allora, viene proprio da dire che non c'è niente da fare: uomo uguale male, è un'equazione perfetta, quasi ugualitaria, coincidente in assoluto. E il male distrugge, c'è poco da fare: prima insinua invidie e gelosie, poi induce a mentire, poi rompe le relazioni, e alla fine ammazza. L'umanità, compagna del male, dovrebbe essersi autodistrutta nei secoli chissà quante volte. Ha esasperato tutti, anche il buon Dio, pentitosi un giorno di averla creata, e deciso a eliminarla con una catastrofe naturale.

Eppure l'umanità va avanti, e ancora esiste. Come mai? Forse quell'equazione, tanto perfetta non lo era; quell'uguaglianza, tanto uguale non lo è; quella coincidenza, così assoluta non lo sarà mai. Intrecciati, sì, uomo e male: ma mai coincidenti. Strettamente legati, ma mai uguali. Avvolti l'uno all'altro, come l'edera a una pianta, ma mai la stessa cosa. Due cose distinte, ben distinte: e una inferiore all'altra. Una sottomessa e l'altra sovrastante; una schiacciante e l'altra oppressa; come un piede che opprime, il cui calcagno è continuamente insidiato. È sufficiente distrarsi e mollare per un attimo la presa, e il morso è assicurato, a volte anche mortale.

Ma l'umanità e il male non coincidono. Perché il male c'è da sempre, è vero, ed è potente: ma è di una banalità incredibile. È scontato, è sempre quello, fa sempre le stesse cose, perché ha un solo obiettivo: distruggere l'uomo e vincerlo definitivamente. E siccome ci prova continuamente, ma non ce la fa (siamo ancora qui, noi umani, dopo millenni di storia...vero?), diviene di una banalità e di un vecchiume che sa di muffa', anzi, di morte.

L'umanità invece non sa di morte: perché il piede che schiaccia la testa del male e gli impedisce di vincere è quello di una madre, del simbolo per eccellenza della vita; e non di una madre qualsiasi, ma di una Eva, "la" Madre, la Madre di tutto ciò che è vita, e che continuamente rigenera l'umanità.

L'umanità rinasce, si rigenera: questa è la sua vittoria sul male. L'umanità rinasce ogni volta che Dio dà all'umanità un figlio; si rigenera ogni volta che a questo figlio è dato il necessario per alimentarsi. Questa umanità, addirittura, risorge dalla morte: e lo fa per mezzo di un Figlio donato da Dio all'umanità nel mistero che tra poche settimane celebreremo, un Figlio che ci rigenera nell'acqua di un battesimo di cui la prossima settimana conosceremo il Precursore.

Ma per il Figlio c'è tempo, c'è tutto il tempo necessario per prepararci bene ad accoglierlo. Oggi godiamoci la compagnia della Madre, di Eva perché madre di tutti i viventi, di Maria perché madre di Colui che vive in noi tutti.

Il male non smetterà di insidiare il calcagno all'umanità: ma con Colui che nascerà da questa Madre, c'è ben poco da sperare in una sua definitiva vittoria.

 

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