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TESTO Non corriamo, inutilmente e con gli occhi bendati, nella vita

mons. Antonio Riboldi

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/11/2012)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

A volte, con un semplice: 'Perché?', sfugge dalla bocca di tanti la vera preoccupazione profonda che ciascuno - consapevolmente o meno nasconde nel profondo - quella del chi siamo e del come viviamo nel breve periodo che ci è concesso da Dio su questa terra.

Se non ci lasciamo troppo sviare dalle tante sirene che tentano di distrarci e farci vivere solo l'attimo fuggente, abbiamo come l'impressione che il tempo scorra via, alla velocità del suono, e paiono istanti gli anni vissuti su questa terra. Si ha davvero la sensazione che la vita corra più di quanto vorremmo, in un continuo mutamento, come una rincorsa tra speranze, ansie e sofferenze, ma soprattutto, se si fa strada la ragione, viene da chiedersi: 'Cosa sarà di tutti noi, del mondo, alla fine dei tempi?'

Sappiamo infatti che, nel disegno del Padre, questa terra, su cui viviamo, non è affatto il Regno senza tempo che Dio aveva prefigurato per noi, creandoci. E il Suo progetto è fedele e dura per sempre, ancora oggi.

È quindi una giusta domanda, quella che ci poniamo, che rivela, se fatta con serietà, nobiltà di riflessione, perché mette in discussione tutto di noi, per chi viviamo, del come viviamo, correndo verso il futuro che ci attende.

È vero che tanta gente preferisce o non vuole porsela, scegliendo di correre con gli occhi bendati, senza neppure chiedersi dove finirà la sua corsa su questa terra o stabilendo, semplicisticamente, che la conclusione è solo il nulla di una tomba. Che tristezza! Questo è davvero annullare ogni umanità e spiritualità dell'uomo, contraddire la sua evidente ansia di infinito, che è la traccia chiara che testimonia il nostro essere 'ad immagine e somiglianza di Dio", quindi creati per l'eternità. Dovremmo sapere tutti che la vita Dio ce l'ha donata, non come un soggiorno di breve durata qui, per poi finire tutto con la morte. Non avrebbe senso. Se riflettiamo anche solo un momento, con serietà, sentiamo che è forte l'interrogativo sul futuro, che inizia dopo la breve parentesi dell'esistenza su questa terra. Da dove giunge una tale 'ansia' di eterno? Può essere il frutto dell'essere solo 'polvere e fango' o non piuttosto il dono profondo dello Spirito che già abita in noi? Chiediamo la luce per credere o per confermare la nostra fede: sì, la vita è dono di Dio, per costruire la santità, che è amare come Lui ci ha amati, ed essere così pronti, domani, per incontrare il nostro Signore, che, per Amore, ci ha già riaperto le porte del Cielo.

Fin da quando ero piccolo, mamma, a tutti noi fratelli, chiedeva spesso la ragione del nostro essere al mondo. La risposta, che avevamo imparato al catechismo, era chiara ed anche rassicurante: 'Per conoscere Dio, amarlo, servirlo in questa vita, per poi essere felice con Lui in Paradiso'.

Una breve, ma profondissima ed essenziale frase: che riassumeva tutto il senso di ogni vita umana.

Purtroppo il nostro tempo, tanto evoluto e tecnologico, ma troppo materialista, ha cancellato questa 'ragioné fondante della nostra esistenza: una vigilia per la grande festa che ci attende, per cui dovremmo imparare a vivere con responsabilità ogni scelta terrena, con l'amore necessario, che si attinge guardando al Cielo e ci prepara alla Vita eterna, che ci attende.

Ricordiamocelo sempre: non siamo 'cose di breve duratà, ma siamo preziose creature amate dal Padre. La nostra vita è un'attesa della vita eterna con Lui e con tutte le persone che abbiamo amato: un'attesa come bene è descritta da Gesù con la parabola delle vergini sagge.

Esse sono attente e vigilanti, in attesa dello Sposo, e si fanno trovare pronte al suo arrivo. Le vergini stolte invece, spendono il tempo dell'attesa in distrazioni, 'si addormentano', e quando lo Sposo giunge all'improvviso le loro lampade sono spente. Lo Sposo passa ed esse non sono pronte. Per loro la porta viene chiusa e si sentono dire le terribili parole: 'Non vi conosco!',

Gesù affronta anche il discorso dell'ultimo giorno, non come uno spezzarsi dei legami o l'oscurarsi di una speranza, ma come un cambiamento radicale che finalmente metterà a fuoco ciò che nella vita terrena davvero fosse importante: il Suo Amore e la nostra relazione di amore con Lui.
Così, quel giorno, viene descritto, nel Vangelo di Marco:

"In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri si metteranno a cadere dal cielo, e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra, fino all'estremità dei cieli. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina, alle porte. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre". (Mc. 13,24-32)

Nella mia giovinezza, età dei sogni, che facilmente rischia anche di conoscere l'amarezza del fallimento, il Signore mi mise accanto un padre spirituale - un po' come io mi considero nei vostri confronti - Ma era un padre davvero con tutti i segni della santità: un sacerdote che viveva sì con i piedi per terra, come tutti noi, ma con il cuore e la mente sempre indirizzati al Cielo, vivendo l'esistenza proprio come una vigilia del gran giorno con il Padre.

Lui spiegava la vita dell'uomo, di ogni uomo o donna, con semplicità.

'In ciascuno di noi - amava ripetere - plasmato dalle mani del Padre, ci sono tre grandi momenti, che sono come tre porte, che si aprono una dopo l'altra. La prima è il giorno del nostro Battesimo, quando Dio ci chiama per nome a vivere sul modello della vita di Gesù, come un figlio con il suo Padre: è il morire al mondo per uniformarsi a Lui.

La seconda porta è il giorno della nostra scelta su che cosa fare del dono della vita, ossia conoscere e vivere la vocazione che Dio mi ha preparato per arrivare a Lui: è l'abbracciare la Sua volontà o disegno preparato per me dall'eternità.

La terza porta che si apre, è il momento più solenne: l'incontro con Lui e tutti i Santi in Cielo.

Devi aprire ciascuna di queste tre porte - continuava a ripetermi - perché se anche una sola rimane chiusa la tua vita sarà come un fallimento. Per cui cerca di vivere ogni giorno l'impegno del tuo Battesimo, vivi con gioia e fedeltà la tua vocazione e troverai alla fine, spalancata, l'ultima porta, quella del Cielo' .

Il Concilio Vaticano II, che in questi tempi ricordiamo frequentemente, ha queste magnifiche parole: "La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in Cristo e nella quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà compimento se non nella Gloria del Cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose... Fino a che non vi saranno cieli nuovi e terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora, la Chiesa peregrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo e vive tra le sue creature, le quali sono in gemito e nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione dei figli di Dio".
Non resta che pregare con le parole del Salmo 15:

"Il Signore è la mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.

lo pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua Presenza
dolcezza senza fine alla tua destra".

Non possiamo che augurarci, e per questo pregare, affinché, quando arriverà il momento del nostro incontro con Dio, per entrare nella pienezza della Vita con Lui, per sempre, tutti ci possiamo ritrovare, felici di avere percorso insieme la strada verso il Cielo.
Auguri.

 

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