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TESTO Commento su Proverbi 9,1-6; Salmo 33; Efesìni 5,15-20; Giovanni 6,51-58

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/08/2012)

Vangelo: Pr 9,1-6; Sal 33; Ef 5,15-20; Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

In queste domeniche ritorna più volte il tema del cibo: mangiare e bere sono attività fondamentali per gli esseri viventi e per l'uomo in particolare; a tutto si può rinunciare tranne che al cibo, che consente di mantenersi in vita. L'uomo, a differenza delle altre creature, ha saputo trasformare questa attività necessaria in uno stimolo di crescita e di evoluzione.
Gesù lo sapeva bene ed è per questo motivo che utilizza l'immagine del cibo per descrivere un'altra attitudine esclusiva dell'uomo: la ricerca di un cibo che non nutra solo il corpo ma anche l'anima e che consenta di superare il limite che ogni cibo ha, quello di non essere in grado di garantire cioè la vita per sempre. Il cibo che Gesù offre -se stesso - dà l'opportunità all'uomo di far diventare il divino parte di sé, nello stesso modo in cui il cibo assimilato diventa parte di noi stessi. Questo cibo entra in noi e ci trasforma: il desiderio di rimanere in lui e lui in noi alimenta la nostra ricerca di Dio e di ciò che realmente dà la possibilità di vivere in eterno.
Paolo, inoltre, ci avverte che esistono differenti tipi di alimenti: quelli buoni che nutrono e quelli che sembrano nutrire ma lasciano smarriti e privi del controllo di sé. La vita dell'uomo deve quindi essere spesa nella giusta ricerca di ciò che vale e non di ciò che soddisfa per breve tempo, fidandosi del Signore.
La fiducia nel Signore è l'invito che risuona nella prima lettura: anche chi non comprende si lasci tentare dal mangiare e bere quanto è stato preparato per lui, certo di non cadere in un inganno ma di partecipare di un dono grandissimo.
Nelle nostre coppie di sposi il cibo che dura per sempre è l'amore che lega la coppia e che ogni giorno gli sposi cercano l'uno dall'altra e desiderano ricevere reciprocamente. Il falso cibo che non sazia è invece quello da cui Paolo ammonisce di stare lontani: l'infatuazione, la ricerca della soddisfazione effimera sono nemici del vero nutrimento.
Da ultimo, come cristiani e come sposi, dovremmo cogliere l'invito di Paolo: rendere continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
Per la riflessione personale e di coppia:
- Sappiamo distinguere e scegliere, andando"diritti per la via dell'intelligenza", ciò che veramente ci nutre e ci dà soddisfazione?

- Quanto ricerchiamo l'incontro con il Signore, attraverso l'Eucarestia?

- Come possiamo trasmettere ai giovani e alle giovani coppie il desiderio del vero cibo che nutre?

 

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