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TESTO Commento su Isaia 45, 14-17; Ebrei 2, 11-17; Luca 2, 41-52

don Raffaello Ciccone  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (29/01/2012)

Vangelo: Is45, 14-17; Eb 2, 11-17; Lc 2, 41-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,41-52

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Lettura del profeta Isaia 45, 14-17
Il profeta vuole consolare e garantire un popolo che soffre la propria lontananza da Gerusalemme.
Il contesto di questo brano fa riferimento alle vittorie che Ciro, il Grande, compirà contro Babilonia, dice il profeta, poiché Ciro è divenuto eletto del Signore, e quindi il liberatore di Israele. "Io l'ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni... e davanti a lui nessun portone rimarrà chiuso" (45,1).
All'interno di questo progetto, l'autore biblico ripensa al cammino verso Gerusalemme. Nella città santa giungeranno "le ricchezze d'Egitto e le merci d'Etiopia" e i popoli, poderosi nella guerra, verranno vinti e supplicanti. Essi si prostreranno poiché il Signore, che è l'unico Signore, resterà con il suo popolo per averlo scelto.
Qui però si inserisce una particolare riflessione sulla storia che stanno vivendo gli israeliti e sul loro rapporto e conoscenza del Signore. "Tu sei un Dio nascosto (o misterioso)". Se finora Dio era riconosciuto presente direttamente nella storia del popolo, ora emerge la consapevolezza che il Signore, pur presente dietro i propri avvenimenti, diventa sempre più indecifrabile nei suoi comportamenti. Israele è coinvolto nella storia, ma non sono sufficienti più i criteri interpretativi del giusto e dell'ingiusto per cogliere l'intervento di Dio. La storia di Israele è inserita in una dinamica dove Dio continua ad essere presente e Salvatore, non è certo assente. E tuttavia è nascosto e spesso incomprensibile. Resta la fiducia, comunque, di un popolo che ha sperimentato in passato la misericordia di Dio ed è sicuro di sperimentarla in futuro.
Compito d'Israele è, nel frattempo, di combattere l'idolatria, sostituirla con altri progetti, con altre prospettive e con altre speranze. Coloro che restano fedeli, non saranno "confusi né svergognati nei secoli per sempre".
Camminare verso Gerusalemme, perciò, significa ripetere questa speranza nella propria vita e maturare sempre più questa garanzia di Dio.
Lettera agli Ebrei 2, 11-17
L'autore della "Lettera agli ebrei" vuole presentare la figura di Gesù, sacerdote della Nuova Alleanza, fratello di ogni uomo e speranza di ciascuno. E se, nel salmo 8, si dice: "Dio ha fatto l'uomo di poco inferiore agli angeli ed ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi" ( 2,7-8), questa supremazia, prima di Gesù, non si è ancora avverata. L'umanità, infatti, ha sognato l'uomo nuovo, l'uomo vero, pienamente in comunione con Dio e capace di riscattarci. Ma ora quest'uomo c'è, con sorpresa, è nella nostra umanità con la nostra carne ed ha condiviso con noi la nostra realtà. Egli è Gesù, il quale ha addirittura sperimentato la morte "a vantaggio di tutti".
Così "colui che santifica e coloro che sono santificati" fanno parte della stessa realtà umana. Egli ci ha riconosciuti fratelli: Gesù e gli uomini. Abbiamo "in comune il sangue e la carne" (2,14). E poiché la piena realtà della nostra umanità comporta la fragilità e la morte, Gesù ha accettato di sperimentare anche quelle e, in tal modo, esprime la sua piena solidarietà non solo diventando un uomo come noi, ma accettando anche la morte.
Così Gesù, passandovi attraverso, riduce all'impotenza il diavolo che ha in potere la morte e libera gli uomini che erano tenuti sotto soggezione per il timore della morte stessa.
Gesù si prende cura di noi più che degli angeli (v 16) e, per questo, è il vero sommo sacerdote che ci mette in comunicazione con Dio in pienezza. Ha pagato con la propria vita il prezzo del riscatto dell'umanità, ci ha liberato dalla schiavitù nel male, facendosi uomo come noi e quindi è in grado, veramente, nella sua comunione con Dio, "di espiare i peccati del popolo". In tal modo egli costituisce l'assemblea santa dei figli di Dio, che è comunità di fratelli con lui, tutti figli dello stesso Padre.
Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 41-52
Il Vangelo di Luca, a conclusione dei capitoli dell'infanzia, riporta il difficile testo di Gesù che si ferma nel tempio, a 12 anni, senza avvisare nessuno della sua famiglia, risultando perciò disperso.
Per intendere il testo, vanno riletti gli elementi proposti, sapendo che sono stati scritti a distanza di circa settant'anni, e dopo una enorme maturazione e riflessione sulla figura di Gesù. Non è perciò un fatto di cronaca che viene raccontato, ma un richiamo, all'inizio della vita adulta di Gesù, che sintetizza tutta la vicenda della sua vita e della sua morte. È infatti, come spesso avviene nei Vangeli, un testo carico di richiami simbolici e teologici.
Gesù, infatti, è condotto a Gerusalemme secondo l'usanza del tempo che, per sé, prevedeva tre incontri nell'anno per ogni ebreo maschio. Per coloro, però, che erano lontani, per i più devoti, era uso andare a Gerusalemme almeno una volta all'anno, normalmente nel periodo della Pasqua. Luca ricorda che, in questa occasione, Gesù ha 12 anni, e, a 12 anni, un ragazzo era ormai prossimo a quella festa in cui il ragazzo ebreo compie la cerimonia del "Bar miswah" (lett. "figlio del precetto") che identifica l'ingresso nella maggior età religiosa. Così, a 13 anni, ogni ebreo diventa religiosamente adulto ed è obbligato all‘osservanza integrale dei precetti. Diventa così "figlio del comandamento", direttamente, senza aver più bisogno della mediazione dei genitori.
Il testo è diviso in tre parti:
- Io smarrimento e il ritrovamento di Gesù (2,41-47) durante il pellegrinaggio. Il 12 tuttavia richiama anche il numero del popolo.

- il dialogo tra Maria e Gesù nel tempio (2,48-50) apre allo stupore di un ritrovamento, ma anche alla scoperta di una saggezza imprevista. Nelle parole di Maria c'è però anche un logico rimprovero: si riferisce alla violazione di una norma che prescriveva, a chi non era ancora maggiorenne, di vivere nella casa paterna. Gesù invece rivela che, stando nel tempio, non viola la legge, ma la osserva nel suo più profondo significato: il tempio, ritenuto la casa di Dio, è la vera casa paterna di Gesù, figlio di Dio. Giuseppe e Maria non capiscono ma accettano in silenzio questo mistero che si svelerà via via.

- la conclusione dell'episodio e dell'infanzia di Gesù (2,51-52).
Il tema di fondo, tuttavia, è dato dalla frase dì Gesù "Non sapete che debbo essere presso il Padre mio?" (traduzione che sembra più aderente al testo).
Gesù dimostra la sua dipendenza fondamentale dal Padre e quindi la sua consapevolezza e chiarezza nella vocazione e nell'ubbidienza ("devo").
Eppure egli resta sottomesso a Giuseppe e Maria. Vengono richiamati alcuni elementi già trovati: la partenza, il ricordo di Maria, la crescita. Gesù non è a caccia di autonomia ma esprime nella casa di Nazareth la sua volontà di amore e di rispetto verso i genitori nell'obbedienza ed "era loro sottomesso".
L'episodio sottolinea la fondamentale vocazione di Gesù: "Essere maestro nella Parola del Signore per individuare la volontà del Padre". Qui Gesù adolescente stupisce per la sapienza, nel tempio, in mezzo ai sapienti. Il testo, comunque, non presenta un ragazzo presuntuoso che vuole insegnare ai dottori della legge, ma richiama l'atteggiamento di un giovane intelligente, che ascolta ciò che i sapienti dicono e, desideroso di capire, pone domande. Questo è il modello di ogni saggio che scruta le Scritture ed è, anche, il modello di ogni discepolo che vuole conoscere.
Lo stupore, che questo giovane suscita, è per l'acutezza delle domande, per la ricerca di senso che egli vuol porre a sé e agli altri nella vita. Dovrebbe essere un grande insegnamento per noi che dovremmo interrogarci e interrogare molto di più e ascoltare più profondamente.
La stranezza della domanda di Gesù a Maria e Giuseppe: "Perché mi cercavate?" pone il problema del valore della vita di ognuno nei confronti del Signore. E l'inizio della propria maturità. Questo ragazzo desidera, dal primo momento, ricordare che il suo rapporto con Dio è un rapporto unico e totale.
Lo scontro tra le generazioni e la ricerca della vocazione disorientano persino la piccola e santa famiglia: non basta volersi bene. E' sempre, comunque, difficile capirsi.
C'è di mezzo un mistero di futuro che non resiste ai nostri schemi. Eppure Maria, da una parte, interroga e riflette in silenzio, dall'altra lei e Giuseppe non rinunciano alle loro responsabilità di madre e di padre. Perciò Gesù ritorna nella normalità.
Ma il simbolismo si accentua nel pensare ai tre giorni di assenza (come quelli della morte) e alla domanda: "Perché mi cercavate?" che corrisponde a quella degli angeli nella risurrezione: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" (24,5).
Questo brano che, come spesso molti brani di Luca, è una sintesi della vita di Gesù, può diventare anche un bellissimo testo di riflessione sul nostri metodi educativi e sulle attese che abbiamo verso i figli e le nuove generazioni che crescono.
La famiglia trova così una sua preziosa vocazione: scoprire e vivere la volontà di Dio, educando e impegnandosi nel gratuito. Mentre si propongono i valori fondamentali della vita alle nuove generazioni, bisogna saper capire i figli, educandoli nella libertà e nella responsabilità: due dimensioni difficili che diventano così elementi di verifica e di ricerca tra noi adulti.
Ogni adulto è educatore, maestro, modello agli occhi di un ragazzo. Non accettiamo di dire, almeno sul nostro comportamento: "Nella vita privata il mio comportamento è un affare mio", soprattutto se abbiamo una rapporto stretto di responsabilità. Libertà e responsabilità suppongono che si debba chiarire, spiegare, motivare e, magari, in alcuni casi, chiedere scusa.
Ognuno di noi riceve un saggio esempio da Maria: "Maria custodisce e conserva tutto il messaggio nel suo cuore" per capire e vivere la volontà del Padre.
Gesù cresce a somiglianza del giovane Samuele "Il giovane andava crescendo in statura e bontà davanti al Signore e agli uomini" (1 Sam. 2,26).

 

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