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TESTO Conigli senza pane

don Marco Pozza  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/07/2011)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Quattro poveracci di quartiere, con la loro esistenza di periferia: sconquassata, rattrappita e rachitica al cospetto degli amici di città. Solo nei Vangeli nascere povero è segreto per giorni felici: in tutti gli altri sobborghi povertà è sinonimo di miseria, di frustrazione e di giorni a venire duri da saziare. Cinque pani e due pesci: poco più che una merenda, uno spuntino vacanziero, poca cosa rispetto ai lauti banchetti di chi nella vita s'affaccia già con la camicia. Non è cattiveria quella di Andrea e dei suoi compagni: è che proprio non sanno come dare da mangiare a quella folla di gente accorsa per abbeversarsi alle labbra di quell'Amico dalle parole accese: "Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!". Pochi pani, pochissimi pesci ma un Amico di mezzo. Eggià: l'unica cosa che sovviene alla loro povertà è l'amicizia con quel Ragazzo - pure Lui Figlio di una periferia - incontrato in un pomeriggio apparentemente uguale a mille altri. Oggi quella gente s'è dimenticata persino del sole che tramonta, di quel languorino che invita ad accendere il fornello e di quella mestizia che ti prende ogni qual volta devi tornartene a casa lasciando la sicurezza che t'avvolge. L'egoismo di questa truppa di scampati è la sincerità dei ragazzi poveri: cosa saranno mai cinque pani e due pesci se davanti c'hai una folla affamata da saziare? Il pazzo dice: "Io sono Napoleone". Il nevrotico dice: "Mi piacerebbe essere Napoleone". Il sano dice: "Io sono io e tu sei tu". E loro smascherano la verità, nuda e cruda come lo è quella dei ragazzi dal cuore luccicante: "Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!". Non sono Napoleone e neppure un fornaio: però se ti basta la mia povertà prenditela. E' tutto quello che ti posso offrire: tenerezza di sillabe.

Mette la mano nella sua saccoccia, Andrea, e la svuota: in quell'istante quei corpi affamati han già trovato sazietà a dismisura. Rimarranno ceste zeppe di pezzi avanzati a imperitura memoria che non c'è mai pochezza che non sia capace di diventare moltiplicazione a dismisura. A Lui - avvezzo ad innamorarsi del dimesso - basta alzare gli occhi al Cielo e spartire una benedizione: tutto il resto sarà quell'eterno gioco da bambini col quale c'ha abituato nel conquistare il mondo segregandolo per i suoi scopi. Da quel tempo - che gli evangelisti s'intestardiscono a incastrare dentro la celebre espressione "in quel tempo" per additare a tutti i tempi della storia - cinque pani e due pesci sono divenuti l'emblema del poco che, raddoppiandosi, sazia fino all'avanzo. Cinque pani e due pesci è il bozzetto che parla della speranza che, seppur piccola, è capace di moltiplicazioni inaspettate: basterebbe ogni tanto alzare gli occhi verso l'Alto e scommettere le piccole quotazioni mettendole su certe mani che la Storia ha dichiarato affidabili al cospetto di ogni sospetto.

"Di colpo mi chiedo come ho fatto a rinunciare a lui per tutto il tempo. Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le nostre menzogne, ci abituano a diventare conigli" (M. Mazzantini, Venuto al mondo, Mondadori 2009)

La periferia è inquietudine e sbando, sapore di minestra e odore d'immondizia sbattuta sul lastrico. E' pane, poesia e stelle: quelle che si specchiano nelle pozzanghere improvvisate sui marciapiedi. In periferia nascono e crescono i sogni: quelli di Andrea e dei suoi compagni. Che la periferia l'abbandonano solo perché ammaliati da uno Sguardo moltiplicatore, dalla premura di quelle mani divine, dalla grazia di quella bocca e dall'altezza di quel cervello. Ancor oggi - quasi centomila tramonti dopo quella prodezza di pane che non fu l'ultima - ci fa uscir di senno quel suo essere bambino, quel nascondersi sotto le vesti di Viandante curioso e premuroso. Ci sconcerta che quell'Uomo senza telefono e senza aver mai veduto un film riesca ad agganciare attorno a Sè milioni di persone.

Per moltiplicare una presunta povertà - di Andrea e di tutte le esistenze di periferia - a vantaggio di un'inedita sorpresa.
Profumata di fragranza.

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