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TESTO Commento Giovanni 6,60-69

Paolo Curtaz  

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Sabato della III settimana di Pasqua (10/05/2003)

Vangelo: Gv 6,60-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

La domanda, inquietante e tagliente come una lama, è rivolta a ciascuno di noi: "Volete andarvene anche voi?". Vuoi andartene? E' finita la solleticazione spirituale? Ora che incontri le prime difficoltà vuoi lasciare tutto per tornare a chiuderti nel tuo piccolo mondo di tiepide certezze? Rinunci al sogno di Dio? Fallo, sei libero, straordinariamente e drammaticamente libero di credere. O di fuggire. Di spalancarti, o di chiuderti. Già. L'amore di Dio ci lascia liberi, giunge a chiedere a noi, creature fragili e incostanti, di aderire liberamente al suo progetto. E qui Pietro, il grande Pietro, risponde a nome di tutti. A lui che ormai ha lasciato che la Parola lo scavasse e lo cambiasse. Pietro così simile a noi. Pietro di reti e di pesci, di duri calli sulle mani, di rughe taglienti sul viso di pescatore. Lui, uomo di fatica e di notti insonni a gettare le reti nel gravido lago. Lui così simile a noi, così irruento, fragile, istintivo, rozzo. Lui come noi, e perciò scelto per confermare la fede dei fratelli. Pietro che assaporerà l'ebbrezza dello slancio e della condivisione col Maestro e l'amara sconfitta del rinnegamento. Pietro pieno di peccato come noi, ma così pronto a lasciarsi sconvolgere dallo sguardo del suo Signore che sale alla croce. Pietro che piange. Pietro che piange. Pietro che piange. Benedetto pianto che rivela l'abisso di tenerezza e di umanità nascosto dentro questo umile pescatore! Lui ci è stato dato come pastore. Non il perfetto Giovanni, discepolo che Gesù amava, custode della Madre, presente alla croce, grande mistico. No, troppo grande e perfetto per essere simile a noi. Di Pietro avevamo bisogno, di uno come noi, che misurasse giornalmente la fatica, che contasse a spanne il suo limite, senza vergognarsene. Pietro risponde, ora, poco convinto, forse, un po' amareggiato, come gli altri undici, con tanti interrogativi sul fallimento di un brillante futuro Messianico, un po' preoccupato del domani ormai incerto, perplesso di questo Rabbì troppo esigente, troppo grande, troppo tutto. La risposta, la sua, è come un vulcano che sfoga la sua forza, come un vento che abbatte i boschi, un pilastro nella nostra fragilità: "Da chi andremo, Signore?". Già, dove vuoi che andiamo, ormai, Signore?

Da chi andremo, Signore?

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