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TESTO Una chiara risposta

mons. Roberto Brunelli

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (21/04/2011)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Nel vangelo di oggi (Giovanni 20,1-9), l'apostolo che l'ha scritto parla di sé, umilmente in terza persona (si designa come "il discepolo che Gesù amava"), per offrirci la sua testimonianza su quanto ha visto all'alba del terzo giorno dalla sepoltura del Maestro. Avvisati dalla Maddalena che il sepolcro era vuoto, lui e Pietro vi si recano di corsa; egli, più giovane, arriva prima, ma per rispetto verso il più anziano aspetta che sia lui a entrare. Questi nota i teli in cui il corpo del Maestro era stato avvolto, e solo allora "entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti". Vide e credette che, come era stato preannunciato, Gesù era risorto: e ben presto lui e gli altri apostoli lo avrebbero accertato concretamente, nelle sue diverse manifestazioni.

Sulla loro testimonianza, pur senza vedere anche noi crediamo, e oggi lo celebriamo. E' Pasqua! Il lungo cammino della quaresima, conclusa dai riti particolari della Settimana Santa, sfocia oggi nella celebrazione di Gesù, risorto dai morti. Quanti pensieri affollano la mente, quante cose si potrebbero dire in proposito: e non stupisce, se si pensa che questo è l'evento fondante della fede cristiana, una fede che perdura da duemila anni ed è la più diffusa, con centinaia di milioni di aderenti sparsi nel mondo intero. La fede che più di ogni altra forza ha plasmato la nostra civiltà: tra l'altro abolendone la schiavitù, in nome della suprema dignità dell'uomo; affermando il valore della coscienza individuale; avviando l'idea della scuola per tutti, "inventando" gli ospedali, introducendo concetti e pratiche come quelli della solidarietà e del volontariato (due termini in cui si traduce la basilare legge cristiana della carità): La fede da cui sono scaturite innumerevoli e splendide opere d'arte; la fede capace di dare tanta forza da affrontare il martirio.

Tutto questo, e tanto altro, ha generato la Pasqua. Volendo soffermarsi su un aspetto che tocca tutti, si può considerare che la Pasqua fa riflettere sull'eterno e comune dramma vita-morte. Un uomo, in modo esplicito o confusamente istintivo, non può evitare di interrogarsi prima o poi sull'enigma costituito da lui stesso. Ce lo chiediamo tutti: chi siamo? Da dove veniamo, a che scopo viviamo, perché moriamo? E con la morte tutto finisce, o c'è qualcosa, dopo? Non sono domande retoriche o astratte speculazioni filosofiche, perché ad esse si lega il nostro vissuto quotidiano, le nostre scelte, la speranza e l'angoscia, le ragioni profonde del gioire così come le inquietudini e le segrete paure che travagliano da sempre l'umanità. Ebbene, la festa di oggi dà una risposta chiara: la si trova riflessa come in uno specchio nella persona e nella vita di Gesù morto e risorto; egli è, per così dire, il prototipo esemplare dell'uomo come il suo Creatore l'ha pensato. Egli è il Figlio di Dio, ma è anche uomo, e come tale ha sperimentato al pari di tutti la gioia e il dolore, ma sempre nella consapevolezza di essere amato da Colui che gli preparava un futuro di gloria, di piena e definitiva vittoria sulla più angosciante delle prospettive, la morte. L'uomo Gesù è vissuto facendo propria l'ottica del Padre (il "Padre suo e Padre nostro": così l'ha chiamato), impostando la vita terrena non come un'affannosa ricerca di sé, del proprio benessere, ma come un dono da elargire in fraterna amicizia con tutti, nella prospettiva del ritorno "a casa".

Quella "casa" che ora l'accoglie attende ciascuno di noi, anche noi figli di Dio. L'importante è non chiudersi agli altri, per poi piangere di solitudine; non tenere ostinatamente chiusi gli occhi, per poi lamentarsi del buio.

 

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