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TESTO Il grande Dono di Dio: la Sua Misericordia

mons. Antonio Riboldi

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2010)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

E' facile, oggi, osservando come si tenga poco conto dell'Amore di Dio, mettere sulle Sue labbra le parole che rivolse a Mosè:

"Il Signore disse a Mosè: Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione".

E segue una stupenda supplica di Mosè: "Perché, Signore, divamperà la tua ira contro il tuo popolo che tu hai fatto uscire dal paese di Egitto con grande forza e con mano potente? Ricordati di Abramo, Isacco e Giacobbe, tuoi servi...'. Il Signore abbandonò il proposito di nuocere al suo popolo". (Es. 32, 11-14)

Oggi Gesù ci svela la grande, incredibile fedeltà di Dio nell'amore, per il suo popolo - che siamo noi - in un modo che ha dell'inaudito e che dovrebbe annullare la tentazione della sfiducia in chi ha peccato.

Il Vangelo racconta la storia del figlio prodigo, che è davvero un gioiello, per rivelare quanto sia grande il Cuore del Padre, che non cessa di battere, anche quando inconsciamente o volutamente gli sbattiamo in faccia la porta di casa e decidiamo di scegliere ciò che di amore proprio non sa nulla.

una parabola che avremo chissà quante volte letto, sentito, ma che sempre ci commuove. Gesù viene rimproverato, perché si avvicinava facilmente ai peccatori.

Ecco allora che fa un 'primo passo' per introdurci nel divino mondo del Padre.
Cosi racconta il Vangelo:

"Si avvicinarono a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: 'Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora Gesù disse loro questa parabola: 'Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala se la mette sulle spalle tutto contento e va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: 'Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora perduta. Così vi dico: ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione".

Davvero incredibile questa gioia. Non è nella nostra mentalità avere lo stesso comportamento verso chi agisce male... anzi, prendiamo subito le distanze, preoccupati forse che 'la nostra immagine ne risentà! E per chi ha sbagliato è difficile cercare la via per recuperare... 'l'immagine perdutà. Forse è una sorte toccata a qualcuno di noi.

Ed è veramente doloroso vedere tutte le dita puntate contro, ogni stima allontanata, e poca voglia di farsi vicini per aiutare a riprendersi... anche da parte degli 'amici'!

Gesù, volendo andare ancor più in profondità, per farci comprendere la differenza sostanziale tra noi e il Padre, a questo punto svela la grandezza insondabile della Sua Misericordia, con la parabola appunto del figlio prodigo.

"Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al Padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il Padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, parti per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.

Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre.

Oziando era ancora lontano, il Padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.

Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso e ammazzatelo; mangiamo e facciamo festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare festa." (Lc. 15, 11-32)

Ogni volta leggo questa parabola mi commuovo. Incredibile che un padre venga brutalmente rifiutato dal figlio, che tenta, non solo di uscire dalla casa, ma dalla vita di chi è la sua vita, il padre. Un padre che non discute sulla libera scelta del figlio, anche se non la condivide e deve aver provato un dolore immenso, per l'ingratitudine, ma soprattutto perché lo amava immensamente e temeva per lui e per la sua felicità.... era suo figlio!

Ma Dio è fatto così! Ci dà tutto il Suo Amore, la gioia della vita, tanti doni che formano la nostra personalità, insomma tutto ciò che siamo è Suo, tanto che possiamo raggiungere la nostra piena realizzazione solo se impariamo a vivere 'nella casa del Padre', ossia sottomessi alla Sua volontà, che è la nostra sola e possibile vera felicità... anche se non vogliamo crederlo o, per arroganza, pensiamo di poter 'fare tutto da solì.

E quando così è, Dio si preoccupa per noi, perché sa che è 'una strada senza uscite'. Così è l'amore.

E chissà quante volte anche per chi mi legge l'esperienza del figlio prodigo è accaduta nella propria famiglia. Solo allora si capisce, non solo la sofferenza del rifiuto e dell'abbandono, ma anche della grave preoccupazione di che sarà del figlio, che si perde.

Come si è perso il figlio prodigo. Credeva che 'fuori', nel mondo, ieri, come oggi, come sempre, ci fosse il segreto della felicità, dell'essere finalmente 'liberò: una felicità affidata ai bagordi, ai falsi amici, ai divertimenti sfrenati, ma che presto si rivela enorme vuoto di vita. Un figlio senza casa, senza più amore, non perché i suoi cari lo hanno rinnegato, ma perché ha preferito il nulla del mondo, senza regole, alla fine può ridursi a 'rubare le ghiande ai porci'.
È la triste vicenda di tanti, ma tanti, troppi!

Potremmo dire che è la vicenda di ogni uomo, che si abbandona alle gioie del mondo, lasciando alle spalle l'amore di Dio, credendo che la felicità sia proprio fare 'di testa propria': non più, quindi, figlio del Padre, che conosce la legge dell'amore, ma figlio di una mentalità che è solo puro egoismo.

La speranza della parabola è nel ritorno del figlio: Rientrò in se stesso'.

È davvero una grande grazia quando si ritorna alla riflessione, per poi affidarsi alla bontà del Padre. Si ritorna a sperare, ad avere fiducia in Dio... ma, consci del nostro rifiuto assurdo, non osiamo credere di poter avere ancora un posto nel Cuore del Padre.

Ci basterebbe il ruolo di servo... purché nella Casa del Padre!

È la grazia della conversione che dall'inferno del peccato ci fa ritrovare la bellezza del cielo.

Ed ecco che si esprime tutta la bellezza della parabola, che colpisce e commuove, nell'amore totale, fedele, ineffabile del Padre: Quando era ancora lontano, il Padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò'.

Incredibile per noi, che siamo abituati a ben altro modo di accogliere, se accade, chi sbaglia. Noi recriminiamo, giudichiamo, condanniamo, poniamo limiti... per questo ci è così difficile 'comprendere' Dio, la Sua Paternità.

Ed ecco perché, quando siamo poco o tanto 'figli prodighi', abbiamo paura del ritorno a casa.

Basta osservare la difficoltà che abbiamo nel Sacramento della Riconciliazione o Penitenza, che altro non è che attuare la storia del figlio prodigo.

Forse abbiamo perso addirittura il senso della gravità del peccato. Vivere nel peccato è essere il figlio che si allontana e inevitabilmente, alla fine, si trova mani e cuore vuoti, dovendosi accontentare delle 'carrube destinate ai porci'.

La Grazia, immenso dono dello Spirito, è nel 'rientrare in se stessi' e decidere il ritorno al Padre. Basta essere stati a Lourdes o Fatima o in qualche santuario, per vedere come la grazia del ritorno sia il grande miracolo che Maria fa a tanti, ma tanti.

Li i confessionali sono aperti e pieni ogni giorno: una vera pioggia di conversioni, la vera 'guarigioné.

Quante volte, nella mia vita di sacerdote e vescovo, ho potuto toccare con mano la bellezza e la gioia del ritorno di un figlio al Padre. Ed è commozione grande.

È la manifestazione di come Dio operi nei cuori, aprendoli alla comprensione del Suo Cuore: Dio non è un giudice, alla maniera umana, ma è Misericordia, sempre e comunque.

Va' oltre le offese. Gli importa solo che si torni da Lui, perché sa che è l'unica via per ritrovare noi stessi e la nostra pace profonda.
Ma lo capiamo questo dono?
Facciamo dunque nostra la preghiera di Zino, un ateo russo:

"Ti prego, mìo Dio,..cerca di esistere, apri i tuoi occhi, ti supplico, almeno per un poco per me.
Non avrai da fare altro che questo: seguire ciò che succede.
È ben poca cosa, o Signore. Sforzati di vedere, te ne prego!
Vivere senza testimoni, quale inferno!
Per questo, forzando la mia voce io grido, io urlo:
Padre mio, ti supplico e piango: esisti!".

 

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