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TESTO Ora è tempo di gioia

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica di Avvento (Anno C) (06/12/2009)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Continua l'allegoria delle immagini che hanno già introdotto il tempo dell'attesa e dell'aspettativa di Dio con noi: saremo accompagnati in queste settimane dalla prospettiva della gioia nella certezza che tale incontro con Dio sarà apportatore di pace, di giustizia e di bene, proprio come quelli annunciati per la città di Gerusalemme dal profeta Baruc: gioia ed esultanza grande in vista della liberazione dall'esilio babilonese. Dio si riconcilia con il popolo dopo la parentesi della lontananza e dell'esilio, incoraggia i deportati e li risolleva con la lieta notizia che la liberazione è vicina e che è prossima la gioia. Il popolo di Israele si era allontanato dal Signore e aveva abbandonato la sapienza per darsi alle opere malvagie (capp. 2 - 4 dello stesso libro); dopo un lungo periodo di preghiere e di digiuni e un sincero pentimento, adesso vi è la prospettiva della liberazione dalla schiavitù e del rientro a Gerusalemme dei deportati ebrei. E' Dio che per primo perdona i peccati dell'umanità garantendo pace, benessere e sicurezza e prodigandosi zelantemente nei confronti del popolo; Israele non può far altro che immedesimarsi in tale atto conciliativo divino, recepire e accogliere il dono della salvezza con gratitudine, riconoscenza e rettitudine di vita.

La lontananza da Dio, il peccato, la miseria morale, la ricerca degli idoli come alternativa alla Provvidenza sono sempre stati alla radice di ogni peccato e per ciò stesso hanno reso l'uomo sempre brancolante nel buio delle proprie disillusioni e vacuità di spirito; nella misura in cui ci si allontana da Dio non si fa' che procacciare il proprio autolesionismo e si precipita nel baratro dell'infelicità che il peccato, scelto deliberatamente e avvertitamente, comporta.

Restare lontani da Dio è rovina per l'uomo, per questo Dio non abbandona l'uomo ma lo chiama, lui per primo, alla comunione con sé, agendo come principale artefice di conversione e di riconciliazione. Così avviene per l'Israele esiliato da Baruc, così anche per l'evangelista Luca che ci descrive l'avvento della salvezza definitiva: ""ogni uomo vedrà la salvezza di Dio"; Dio interverrà cioè in modo definitivo nella storia per presenziarvi e apportare in sé un punto di riferimento risolutivo con l'Incarnazione di se stesso nella persona di Gesù Cristo, Salvatore e liberatore dell'umanità. In Cristo Dio chiama l'uomo alla comunione con sé e lo riconcilia solo ed esclusivamente in forza del suo amore; ma se Dio mostra sollecitudine nei confronti dell'umanità, da parte di questa non deve mancare la corrispondenza ai disegni salvifici divini, cioè l'atteggiamento con il quale si accetta la gratuità del dono e ad esso ci si sottomette.

Convertirsi vuol dire infatti prendere atto che Dio -Lui per primo- ti chiama alla comunione con sé; convincersi dei benefici e delle prospettive di gioia e realizzazione che questa comunione comporta, disporsi ad accogliere il dono di Dio con semplicità, sensibilità e spirito di sottomissione; quindi aderirvi attraverso una pratica di vita coerente e conforme ai divini voleri medesimi. La conversione è pertanto innanzitutto un radicale sconvolgimento della mentalità, quindi dei costumi, delle abitudini terrene per l'accoglienza degli schemi di pensiero che provengono dal Cielo, e di conseguenza un cambiamento della propria vita secondo la logica del bene.

Il nome Giovanni significa "misericordia di Dio". C'è chi lo traduce "Dio non dimentica." In tutti i casi in questo personaggio dal vestiario strano e trasandato (un mantello stile essenico) e dall'aspetto trascurato, che si ciba di animali ed erbe selvatiche vivendo in solitudine e desolazione, Dio mostra (appunto) la sua misericordia nei riguardi dell'uomo e manifesta di non essersi dimenticato di lui: in Giovanni vi è la sollecitudine divina a voler riconquistare l'uomo e a ricondurlo a sé, non prima di avergli mostrato la miseria spirituale e personale che comporta il peccato e la lontananza da Dio; l'uomo percorre sempre il "deserto", ossia lo stato di smarrimento e di perdizione e l'abbandono alla futilità che si procaccia da se stesso e Dio nel deserto fa sentire innanzitutto la sua Voce. Questa è indispensabile per l'ascolto della sua Parola che invita al ravvedimento e alla conversione: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri." Anche in questo caso il messaggio è abbastanza chiaro: la felicità consiste nella fuga da tutto quanto possa comportare la disfatta dell'uomo e che è sempre alla radice di tutti i mali del mondo, vale a dire il peccato. Ad esso si rimedia accogliendo l'appello alla conversione emesso da Dio, disponendoci a cambiare le nostre vedute, le convinzioni e le mentalità per assumere quelle di Dio per poi e incamminandosi nei suoi sentieri cambiando radicalmente la nostra vita. La conversione è allora la più grossa opportunità per realizzare la nostra liberazione dal male e per ciò stesso è ragione di gioia e di esultanza. Ci si rallegra tutti nell'attesa prossima del Dio Bambino che viene per noi e nella consapevolezza che egli apporterà la liberazione definitiva nella liberazione dal peccato e il rinnovamento della società se noi ci predisporremo alla novità che il suo arrivo comporta. Irrinunciabile aspetto dell'Avvento è allora la conversione che vuol dire prendere coscienza che Dio ci ama e nel suo Figlio Bambino viene a riscattarci dal male fondamentale che è il peccato, aderire a questo mistero sconvolgente e dirompente nella trasformazione del nostro pensiero e della nostra vita per recare copiosi frutti in ogni ambito del nostro vissuto. La prospettiva della conversione richiama però non soltanto l'azione di Dio salvatore ma interpella soprattutto lo spirito umano che è chiamato ad aderirvi perché vuole l'accettazione indiscussa e libera da parte dell'uomo, poiché non è sufficiente che Dio venga a salvarti se tu non vuoi essere salvato.. In pratica nella prospettiva singolare della conversione l'uomo si pone nelle stesse condizioni di un naufrago che annaspa fra le onde e vede a poca distanza da sé un salvagente che galleggia: è chiaro che cercherà di raggiungerlo e di indossarlo per essere tratto in salvo. Ebbene, anche in questo caso "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". La vedrà, ma vi accorrerà accettando di essere salvato?

 

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