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TESTO Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito

don Romeo Maggioni  

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Santissima Trinità (Anno A) (26/05/2002)

Vangelo: Gv 3,16-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

Parliamo di Dio. Chi è il Dio in cui noi crediamo? Che idea ne abbiamo? E soprattutto: quale rapporto abbiamo con Lui? A precisare idea e rapporti col Dio cristiano oggi la Chiesa ci invita con questa festa della Santissima Trinità.

1) LA RICERCA DELL'UOMO

Ogni uomo, spontaneamente, cerca Dio. Dall'esperienza del suo limite, sospinto delle sue aspirazioni più grandi, intuisce che qualcosa o qualcuno più grande ci debba essere, per spiegare e saziare il proprio cuore pieno di così alti aneliti. E' il SENSO RELIGIOSO, questa nostalgia di Dio che c'è in ognuno. Per molti, purtroppo, anche che si credono cristiani, questo è lo stadio a cui sono rimasti: una vaga idea di Dio legata solo ad un naturale desiderio. Ma questa idea naturale di Dio è piena di sospetto e paura (questo è l'effetto del peccato originale); così che di Dio si ha timore, e tutta la "religione" che ne deriva è quella di propiziarselo con gesti di magia.

Maturando una ricerca positiva, a partire dal creato, con la nostra ragione, si riesce a giungere ad una intuizione di Dio più personale, più articolata in contenuti quali caratteristiche che si deducono dalle sue opere visibili. "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto dalle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rm 1,20). Un Dio principio dell'essere e del creato, ordinatore e provvidente, giudice...: questo è possibile ipotizzare del "Dio dei filosofi", o, che è pari come contenuto, delle grandi religioni naturali. Intuizioni che lasciano sempre uno spazio all'ambiguità e problematicità se ci si pone di fronte ai grandi temi del male, dell'ingiustizia e della morte.

La Bibbia, nell'Antico Testamento, prende in mano questo itinerario di ricerca dell'uomo, vi si affianca, precisando e documentando l'idea di un Dio personale, unico, creatore di tutto il mondo, provvidente, salvatore e giudice, amante dell'uomo e della sua vita. Attraverso l'esperienza di grandi uomini religiosi (i profeti) Dio stesso ha aiutato a leggere negli interventi operati nella storia d'Israele, delle caratteristiche nuove e sorprendenti del Suo volto. In particolare quella di un Dio premuroso del suo popolo, e capace di perdono e misericordia. Ecco il biglietto da visita che questo Dio ha lasciato a Mosè: "Il Signore, il Signore, Dio di misericordia, lento all'ira e ricco di grazia e fedeltà" (I lettura).

Ma tutto questo cammino di ricerca è solo un arrivare come al "citofono" di casa dove abita il vero Dio, sulla cui targhetta si legge: Dio essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra. E' una intuizione umana alta, ma non è il vero e completo volto di Dio.

2) LA RISPOSTA DI DIO

"Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Gv 1,18). Ecco la svolta. Alla ricerca che l'uomo fa di Dio, Dio stesso ha voluto venire incontro, manifestandosi personalmente e visibilmente in Cristo. Ha come voluto aprire la porta di casa e svelare qualcosa della sua vita intima, il progetto che ha sul mondo e sull'uomo, e tutta la premura che ha per ognuno di noi. Ci ha svelato così ciò che ha di più caratteristico e proprio, la sua libertà, la sua fantasia, la sua vitalità, la sua passione per l'uomo. L'uomo pensa d'aver trovato Dio, ma è Dio che ha cercato e ha trovato l'uomo. "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1Gv 4,10).

Ecco il punto: per dire che ci ama, Dio non ha usato parole, ma fatti; e fatti concreti e parlanti come è "di chi dà la vita per i suoi amici" (Gv 15,13). "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna". Lo spettacolo della croce è la lezione più grande di un Dio "che è amore" (1Gv 4,8). Si fonda tutta qui l'idea che noi cristiani abbiamo di Dio; non perché ce lo siamo inventato noi, ma perché si è imposto da Sé. E quanto più ne abbiamo coscienza viva, tanto più rispondiamo in amore. Dice sant'Agostino: "Uno ama quando si sente amato; ora per questo io amo Dio, perché per primo lui ha amato me".

Era la grande serenità di Paolo: "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rm 8,31-32).

E questo Dio resosi fisicamente visibile in Gesù di Nazaret ha svelato pienamente ciò che vuol fare di ogni uomo: "figli nel Figlio", figli ed eredi di questo Dio, fino al punto di "diventare simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è" (1Gv 3,2). Per questo il Figlio di Dio s'è fatto uomo, per mostrare all'uomo come deve essere figlio di Dio. Quello che Lui è per natura, noi lo diveniamo per grazia. Per cui già da oggi, con inusitato ardire, Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio col nome familiare di Abbà!, papà, come un bimbo chiama il suo babbo. "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente" (1Gv 3,1). Siamo chiamati - in altre parole - ad essere partecipi della famiglia Trinità.

E' lo Spirito santo - terza Persona di questa unica e vivace realtà del Dio cristiano - che anticipa in noi la presenza e l'azione divinizzante di questa Trinità. Lui che è il vincolo vivente d'amore tra il Padre e il Figlio, oggi estende fino a noi quel legame, coinvolgendoci in pieno in quel giro d'amore e di comunione trinitaria. Il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, un solo Dio dalla vitalità esterna vivacissima; riflesso certo d'una altrettanta vivace vitalità interna, in casa Trinità, dove eternamente circolano rapporti di intimità, di dono, di dialogo e d'amore. E noi ne godiamo la partecipazione, come ci ricorda il saluto che spesso apre le nostre assemblee liturgiche: "La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito santo siano con tutti voi" (II lettura).

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"Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui". E' perché il mondo non conosce il vero Dio, che ha paura di Lui, o pensa di farne a meno. E perde tutta la vita, perché questa non è nostra conquista, ma Suo dono. La nostra vita, impastata di divino fin dalla creazione, non è qualcosa di umano, ma di sovrumano: ha un bisogno strutturale di Dio. Rifiutarlo è condannarsi al fallimento: "Chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'Unigenito Figlio di Dio". Il vangelo non è un lusso, ma una necessità. Sta a noi decidere per la vita o per la morte. Il Dio dei cristiani è certamente e unicamente un Dio per la vita.

 

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