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TESTO Noi operai nel costruire il vero domani

padre Antonio Rungi

II Domenica di Avvento (Anno B) (07/12/2008)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Celebriamo oggi la seconda domenica di Avvento, tempo propizio per prepararci all’annuale ricorrenza del Santo Natale e come strumento di accompagnamento spirituale è sicuramente la parola di Dio che in questo tempo forte dell’anno liturgico assume un ruolo ed una funzione molto importante per la nostra vita cristiana. Da essa partiamo per capire il senso più vero della venuta di Dio tra noi e la stessa festa del Natale del Signore in questo nostro tempo, segnato da tanta sofferenza, ma anche da tanta speranza nel cuore.

Nella preghiera iniziale della celebrazione eucaristica riponiamo, infatti, oggi tutto il senso della nostra preghiera e della nostra personale e comunitaria attesa del Redentore: “O Dio, Padre di ogni consolazione, che agli uomini pellegrini nel tempo hai promesso terra e cieli nuovi, parla oggi al cuore del tuo popolo, perché in purezza di fede e santità di vita

possa camminare verso il giorno in cui manifesterai pienamente la gloria del tuo nome”.

La nostra condizione di viandanti e pellegrini ci immette in quel clima di cammino verso l’infinito e l’eterno, verso quel secondo e definitivo avvento del Signore, perché questo nostro camminare sia nel segno del Redentore dell’umanità.

Già nella prima lettura di oggi, tratta dal profeta Isaia, ci ritroviamo quasi immersi in quella speranza umana e cristiana che ci viene proprio dall’atteso Salvatore dell’umanità. Il grande profeta dell’Antico Testamento, Isaia, punta direttamente al cuore del grande evento che Israele attendeva da sempre. E lo fa con il richiamare l’impegno personale e comunitario, affinché l’attesa non si trasformi in ozio e passività, anzi diventi stimolo per rinnovarsi e rinnovare. Quell’invito a preparare la strada del Signore, ad abbassare l’orgoglio e la presunzione, l’arroganza e l’autosufficienza di chi pensa di poter fare a meno di Dio, ci dice esattamente di che cosa ha avuto bisogno il popolo di Israele, di che cosa abbia oggi bisogno il nuovo popolo di Dio, ma anche l’intera umanità: la nascita di Cristo e la sua morte e risurrezione per tutti gli uomini e per ogni uomo

In questo tempo di attesa e conversione abbiamo bisogno di voci profetiche anche ai nostri giorni, non diversamente dai tempi del profeta Isaia. Voci forti e coraggiose, che sappiano dire la verità fino in fondo e non abbiano paura di nulla e di nessuno pur di far emergere tutto ciò che è vero e giusto, retto e che necessita di essere perseguito comunque e sempre.

Questa voce profetica al tempo di Cristo fu Giovanni Battista. Il breve brano del Vangelo di Marco ci fa capire la sua missione e la sua funzione in vista del salvatore. Il precursore ha un suo preciso posto nel piano della salvezza e Gesù stesso ne valorizza appieno la sua funzione.

Conosciamo cosa ha fatto Giovanni e quale sia stato il suo atteggiamento di fronte al male, al peccato, alle deviazioni, all’immoralità. Egli ha gridato forte ed ha denunciato senza mezzi termini il male esistente nel suo tempo. Non ha solo gridato, ma ha operato e vissuto sulla sua pelle l’esperienza di un impegno e di una fedeltà alla verità e alla moralità. La fine per lui fu la decapitazione, ma non indietreggiò davanti ai potenti ed ai corrotti. La sua vita retta, limpida, penitente, pura e senza macchia già di per sé era una testimonianza ed una denuncia di ciò che non andava e di ciò che era utile fare per preparare la strada al Redentore ed al Messia. La stessa sua denuncia rimane attuale e valida anche ai nostri giorni. Noi tutti abbiamo bisogno di ascoltare questa voce propedeutica all’incontro del Messia, che ci invita a convertirci, a cambiare vita, a rinnovarci, a fare penitenza, ad incentrare su Cristo la nostra esistenza.

Giustamente l’Apostolo Pietro, nel brano della seconda lettura, nel breve testo della sua seconda lettera, ci richiama al senso della vita, del tempo, della storia, degli avvenimenti e ci indirizza verso un orizzonte di eternità, dal quale non possiamo assolutamente prescindere se vogliamo capire il significato più vero della Nascita di Cristo e il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio.

La chiara coscienza e consapevolezza dell’eternità ci spinge spontaneamente ad agire in vista di questo traguardo ultimo di tutta la nostra vita. I cieli nuovi e la terra nuova non sono solo attese della parusia, ma impegno nel costruire ogni giorno quell’umanità nuova basata sull’amore, sulla verità, sulla tolleranza, sulla fraternità. In attesa di quello che sarà alla fine dei giorni del mondo, abbiamo il sacrosanto dovere di impegnarci a realizzare quello che Gesù vuole da noi, mediante scelte di vita evangelica nel segno del rinnovamento e della gioia perenne. Noi siamo i veri operai che lavoriamo in ogni situazione per costruire il nostro domani nel Signore, con il Signore e per il Signore che viene per noi a salvarci e a redimerci dalla nostra condizione di miseria e peccato. Egli “verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso
che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.

 

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