Capolavori di canto gregoriano / "Ecce advenit"

È l'introito della festa dell'Epifania. In una nuovissima esecuzione offerta al nostro ascolto dai "Cantori Gregoriani" e dal loro Maestro

di Fulvio Rampi





TRADUZIONE


Ecco, viene dominatore, il Signore;
nella sua mano è il regno, il potere e il dominio.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio del re la tua giustizia.

Ecco...

I re di Tharsis e delle isole portino tributi,
i re d'Arabia e di Saba offrano doni.

Ecco...

(Malachia 3, 1 e 1 Cronache 29, 12 / Salmo 71, 1.10)



ASCOLTO







GUIDA ALL'ASCOLTO


Alcuni messali in lingua corrente traducono l'introito dell'Epifania omettendo  quell’iniziale “Ecce” che, in realtà, è il presupposto essenziale per la comprensione di questo testo.

Ne è il presupposto perché il suo utilizzo copioso lungo tutto il tempo di Avvento – tanto nel repertorio della messa, quanto soprattutto nelle numerose antifone dell’ufficio divino – è chiaramente contrassegnato da una valenza profetica. Che trova la sua risposta definitiva, nella mente del cantore gregoriano, proprio in questo "Ecce" dell'Epifania.

La forma melodico-ritmica dell'introito, quasi "scolpita” dal gregoriano, è semplice ed essenziale. Le quattro note ascendenti sulla prima sillaba di "Ecce" che piegano sul neuma monosonico posto sulla sillaba finale, sono allusione, risposta, compimento di un itinerario che qui trova la sua “manifestazione”. Tutto ciò che verrà cantato in questa antifona si fonda su questo “Ecce” di apertura.

La centonizzazione di frammenti anticotestamentari tratti da Malachia e dalle Cronache compongono un testo liturgico che narra la manifestazione regale di Cristo con pochi termini essenziali e di grande forza, cantati in stile semiornato, ossia con figure neumatiche elementari.

Nella prima grande frase è evidente come il testo risulti arricchito e adornato da precise figure retoriche come la “paronomasia”, ovvero l’accostamento di parole dal suono simile (“dominator” e “Dominus”) ma dal significato diverso, e l’allitterazione, cioè la successione di parole che iniziano con la stessa lettera “d”. Mentre nel seguito del testo spicca la ripetizione insistita della congiunzione “et” in funzione espressiva.

Su questa composizione testuale, già di per sé stessa così significativa, interviene la scrittura musicale per dare ordine alla declamazione. Essa sottolinea due momenti salienti: sulle parole “dominator” e “potestas”, che si richiamano nel significato e nella costruzione ritmica degli elementi sillabici e che riassumono e concentrano la densità e il colore di questa solenne festa liturgica.

Il canto di queste due parole si distingue per un procedimento retorico assai frequente, che consiste nell’enfatizzazione della sillaba pre-tonica, quella che precede l’accento, attraverso l’utilizzo di due note ripercosse a valore largo. Ciascuna delle due parole risulta così non solo evidenziata, ma dilatata e promossa a pilastro espressivo della rispettiva frase e del brano nel suo complesso. 

Possiamo notare che la paronomasia “dominator Dominus”, così importante dal punto di vista retorico e ritmico, non viene resa da un punto di vista melodico in maniera particolarmente esuberante. Non troviamo qui alcun melisma, né alcuna fioritura di note. Si assiste invece al restringimento dell’ambito melodico fino a farlo coincidere praticamente con la sola corda di recita, in modo da creare il luogo ideale per poter gustare il testo in tutto il suo sapore.

In merito alla seconda parte del brano (“et regnum…”), caratterizzata dall’iterazione della congiunzione “et” per tre diverse qualificazioni della regalità di Cristo, osserviamo innanzitutto che il primo “et” è interessato ritmicamente da un allargamento, a sua volta provocato dalla liquescenza della seconda nota. Questo significa che non si tratta di una semplice congiunzione, ma di un passo per preparare ciò che si sta per dire, per rallentare cioè il ritmo del fraseggio, così da evitare che l’attenzione si concentri solo sul sostantivo “regnum”. Ciò che viene suggerito è che la meditazione interessa ogni singola parola dell’intera espressione.

Il secondo “et”, a differenza del precedente, fa da semplice congiunzione con l’elemento successivo, il solenne “potestas”, dove ritroviamo una ripercussione di due note a valore largo sulla sillaba pre-tonica. L’esegesi è chiara: il Signore “dominator” esercita la sua sovranità nel regno attraverso una “potestas”. In un certo senso, si può dire che proprio questo termine "potestas" rappresenti il momento centrale del brano, in quanto oltre a fare riferimento e ad evocare il termine iniziale "dominator" –  trattato ritmicamente in maniera analoga –  arriva a superarlo e a qualificarlo, perché la melodia tocca qui il suo apice.

L’ultimo “et” assume un’ulteriore e diversa connotazione rispetto ai primi due. Qui la congiunzione viene utilizzata, con sottile e consumata arte retorica, per portare nuovamente la proclamazione della regalità di Cristo al suo culmine melodico e per indirizzare la meditazione verso il suo vertice, la parola “imperium”, alla cui sillaba pre-tonica l'annotatore di San Gallo – come si può vedere dalle indicazioni sotto il rigo – associa un grande allargamento ritmico liquescente, dal significato inequivocabile.

Ma proprio quest’ultima parola "imperium" provoca una nuova quanto evidente risonanza, se considerata in riferimento all’introito “Puer natus” del giorno di Natale.

Stando alle notazioni di San Gallo, a Natale la stessa parola "imperium" veniva trattata  sempre come culmine melodico, ma all’interno di una melodia molto fluida, proclitica, che suggeriva un senso diverso e in qualche modo complementare a quello fornito nell’introito dell’Epifania, dove invece l'imperio del Signore risplende in tutta la sua potenza e regalità dinanzi al mondo intero.

La notazione sangallese risulta cioè perfettamente aderente a queste due situazioni differenti e complementari. Quando deve sottolineare, a Natale, l’esaltazione di Gesù conseguente alla sua “kenosis”, alla sua umiliazione, lo fa tramite una melodia proclitica significativamente indirizzata verso la vetta melodica del brano. Viceversa, nell’introito dell’Epifania, segnala la necessità di valorizzare adeguatamente questo culmine sonoro per dilatare la contemplazione e gustare in profondità tutta la ricchezza e le implicazioni della regalità di Cristo.

Ma questo gioco di specchi potrebbe andare avanti all’infinito, perché ogni brano è una fonte inesauribile di rimandi, esige la consuetudine alla concordanza, è una finestra aperta sull’immenso panorama del canto gregoriano.

Ciò che a noi può apparire purtroppo solo come un complicato gioco di cui fatichiamo a capire le regole, negli antichi cantori faceva invece nascere e crescere la necessaria assiduità, la familiarità assoluta con la Parola, una familiarità che dalla materialità dell’esercizio mnemonico assurge a conoscenza, a preghiera della Chiesa e a esperienza di vita.

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IL MAESTRO RAMPI E IL SUO CORO



Fulvio Rampi è gregorianista di fama internazionale. È nato e vive a Cremona. Insegna canto gregoriano al Conservatorio musicale "G. Verdi" di Torino. Ha fondato nel 1986 il coro “Cantori Gregoriani”, un ensemble professionistico a voci virili, del quale è direttore stabile. Con tale gruppo ha svolto attività concertistica in vari paesi del mondo, ha inciso per importanti case discografiche e ha effettuato numerose registrazioni radiofoniche e televisive. Nel 2010 ha costituito il Coro Sicardo, con un vasto repertorio di polifonia classica e contemporanea. Tra le sue pubblicazioni spicca "Del canto gregoriano", Rugginenti Editore, Milano, 2006.

Sulla discografia dei Cantori Gregoriani:

> Cantori Gregoriani

E per l'ascolto di alcuni loro brani:

> Cantori Gregoriani / Downloads

Una sintesi della visione dI Rampi su che cos'è il canto gregoriano e su che cosa può tornare ad essere nella vita della Chiesa è in queste sue due conferenze del 2012:

> I - Il canto gregoriano: un estraneo in casa sua

> II - Il canto dell’assemblea liturgica fra risorsa ed equivoco

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Tutti i brani di canto gregoriano presentati ed eseguiti per www.chiesa dal Maestro Fulvio Rampi e dal suo coro:

> Capolavori di canto gregoriano

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L'introito "Ecce advenit" può essere ascoltato anche nell'esecuzione delle monache benedettine del monastero di Santa Maria delle Grazie di Orte in questo video di TV 2000, dal minuto 11' e 20'' in poi:

> Ecce advenit


Così come l'introito della prima domenica di Avvento, dal minuto 12' e 15'' del video:

> Ad te levavi

Della terza domenica di Avvento, dal minuto 13' e 07'':

> Gaudete in Domino

E della quarta domenica di Avvento, dal minuto 10' e 54'':

> Rorate caeli

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Lo spartito musicale sopra riprodotto è ripreso dal "Graduale Triplex seu Graduale Romanum Pauli PP. VI Cura Recognitum", Abbaye Saint-Pierre de Solesmes, 1979, p. 56.



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4.1.2014 

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