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TESTO L'alleanza di Dio è con la stirpe del giusto

don Walter Magni  

IV domenica dopo Pentecoste (Anno A) (02/07/2017)

Vangelo: Lc 17, 26-30.33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17, 26-30.33

26Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: 27mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. 28Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. 30Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà.

33Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva.

Attenendoci alla Parola di Dio di questa domenica, dopo i giorni della creazione da parte di Dio iniziano i giorni della storia dell'uomo. Giorni attraversati dal male e da una serie di peccati tanto gravi da indurre persino il Signore a ricrederSi a riguardo dell'Uomo. Così dice la Genesi: "Il Signore si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore".

Buone abitudini e ovvietà incosciente
Dove sbagliavano gli uomini e le donne dei giorni di Noè? Il Vangelo di Luca dice anzitutto che ripetevano tutta una serie di azioni normali, buone ed essenziali per vivere: "mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito". Giungendo a una conclusione drammatica: "venne il diluvio e li fece morire tutti". Lo stesso dice degli uomini che vivevano nei giorni di Lot: "mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano". E anche per loro: "piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti". S'impone una distinzione: altro sono le abitudini buone della vita e altro è uno stile di vita caratterizzato da un'ovvietà incosciente e spensierata. Altro è mangiare, prendere moglie o marito, comprare o vendere, piantare o costruire per vivere; altro è compiere queste azioni senza una ragione, avendo perso l'orizzonte che le giustifica e le qualifica. Facendo tutto in modo ovvio (ob-vius, che ti viene incontro). Abituandosi a tutto, anche al male. Sino a ritenerlo normale, ovvio. Attorno a te e in te. Ricordo la bellezza di una preghiera semplice che recitavo da bambino e che ancora mi capita di ripetere: "Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio di avermi creato fatto cristiano e conservato in questa notte. Ti offro le azioni di questa giornata, fa' che siano tutte secondo la tua santa volontà...". Una vita buona non è frutto soltanto di buone abitudini, di un'educazione sana; la sua qualità più vera e profonda la intuiscono subito quelli che ti incontrano. Quando abitualmente dici grazie o il sorriso segna normalmente il tuo volto.

Entrare nell'Arca; uscire da Sodoma
Gesù, descrivendo i giorni di Noè e i giorni di Lot, ci segnala due verbi di movimento in grado di indicarci una prospettiva che ci porta oltre una ovvietà a rischio continuo di accidia. Incline a perdere progressivamente la speranza e il sapore della vita. Di Noè si dice che, in obbedienza a Dio, entra nell'arca, mentre con l'avvento del diluvio tutti gli altri uomini morirono. Di Lot, Invece, l'evangelo annota che, su consiglio di Dio stesso, esce da una città corrotta e perversa come Sodoma, riuscendo in questo modo a salvarsi. Per anni, per secoli, siamo stati invitati a entrare in chiesa, ad appartenere alla chiesa, abitandola come se fosse un'arca nella quale ripararci dai mali del mondo. Da qualche tempo, a partire dal Vaticano II e anche papa Francesco lo ricorda spesso, è più facile rileggere la missione della Chiesa più nei termini dell'andare, dell'uscire. Come fosse finito il tempo di stare accucciati nell'arca in attesa di tempi migliori. "Una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l'ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà" (EG, 46). Uscire dai schemi e da categorie ecclesiastiche irrigidite, mentre nuove relazioni avanzano e gli occhi dei giovani s'illuminano di speranza.

Mantenere viva la vita
Lo scrittore russo A. Siniavskij (1925-1997) affermava che "non è questione di legare la vita al Vangelo. La vita è già, di per sé, sempre coniugata al Vangelo. Vivi, tiri a campare e all'improvviso senti sottopelle la nostalgia del testo evangelico, come di un tuo tessuto, di cellule costitutive di cui avverti la mancanza". Sentire la nostalgia del Vangelo, la forza dirompente di una rilettura di senso della vita alla quale non si resta attaccati solo perché si cerca di trattenerla e di prolungarla senza ragione, ma alla quale appartieni perché continuamente la regali e la doni agli altri come Gesù. Questo senso evangelico della vita va ritrovato, va esercitato continuamente, ad esso vanno educati i nostri giovani: "chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva". Dare la vita, regalandola senza riserve, pronti a morire se il mondo ti chiedesse anche questa testimonianza, è l'unico modo per mantenerla desta davvero. "La manterrà viva", dice il Vangelo. Intrigante questa traduzione che spiega la vita declinandola secondo la regola del dono, la logica dell'amore. Ci si domanda talvolta come uscire da certe depressioni che attentano pesantemente al gusto della vita. Come annientare quel male oscuro che facilmente incombe sugli anziani, consegnandoci a un senso di vuoto e di noia senza fine. Ci vuole un sussulto di Vangelo, un fiotto di vita che "all'improvviso senti sottopelle" e che solo desidera esplodere dentro di te. Come? Se guardi a Gesù non avrai più dubbi.

 

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