PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (17/04/2016)

Vangelo: At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,27-30

27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

La liturgia dell'odierna domenica è tutta improntata sulla figura del Pastore e dl rapporto di questi con le pecore del suo gregge.
Il rapporto tra pastore e pecore sono definiti, nel brano evangelico da tre verbi: "conoscere", "ascoltare", "seguire". La conoscenza riguarda il Pastore. Ogni buon pastore conosce, una per una le sue pecore alle quali ha anche dato un nome. Conoscere nel linguaggio biblico significa stabilire un rapporto di comunione, un'intimità all'insegna dell'amore e non conoscerne la figura, saperne il nome e conoscere l'indirizzo di casa come succede per tante conoscenze odierne. Per quanto riguarda le pecore esse ascoltano la sua voce e lo seguono. Quando ero più giovane un giorno parlando con un vecchio pastore mi disse " le pecore conoscono bene non solo la voce del pastore ma anche il suo odore. Io, quando facevo il pastore, nelle giornate di sole non chiudevo mai il cancello del chiuso, dove le lasciavo sole a pascere, ma al suo ingresso lasciavo la mia giacca e loro quando non andavano mai oltre, perché appena percepivano il mio odore tornavano in dietro". Un Pastore, che svolge la sua professione, in maniera degna, non permetterà agli estranei di rapire le sue pecore perché le ama.
L'immagine del Pastore deve essere a quella dell'Agnello perché, come dice la seconda lettura: "L'Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro Pastore".
Il cui significato è Gesù Cristo è, contemporaneamente, Pastore e Agnello, ossia condivide la vita del gregge e ne segue le vicissitudini.

La prima lettura, tratta dagli atti ci fa conoscere quali siano stati le difficoltà affronta da Paolo e Barnaba nell'annunciare il cristianesimo ai Giudei della diaspora ad Antiochia di Pisidia, in Anatolia.
Ivi c'erano parecchi Giudei e proseliti per cui Paolo, di sabato, va nella sinagoga e là tiene quello che è definito il discorso missionario, allorché annuncia che Gesù Cristo è il culmine dell'intera storia della salvezza e invita tutti alla conversione. "Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio". Ma i Giudei, pieni di gelosia cercavano di non farlo parlare e non essendo riusciti nell'intento, perché molti pagani si convertivano, gli sobillarono contro le donne pie di alto rango e i notabili della città, tecnica tutt'ora valida alla quale quelli che contano non hanno ancora abbandonato. Così, per mezzo di questa lettura, anche noi possiamo constatare che se c'è da perseguire qualcuno, il momento favorevole, è quello dell'evangelizzazione e il trovare un numero sufficiente di pie donne e notabili.
I primi quindici anni del terzo millennio non hanno, come si può constatare, un inizio gioioso. C'è in tutti un ardente desiderio di gioia e di pace, aggrediti, come siamo da catastrofi su scala mondiale.
I cristiani, il gregge del Signore, sentono in modo particolare questo sconforto a causa del martirio a cui sono sottoposti in Asia e Africa.

In questo contesto il salmista ci invita ad acclamare, servire, andare, riconosce il nostro pastore e sperare in lui.
La seconda lettura di questa quarta domenica dopo Pasqua, il veggente di Patmos, ci offre la visione del nuovo Israele, costituito da una moltitudine immensa, non più esclusivamente da discendenti di Giacobbe, ma da membri " di ogni nazione, razza, popolo e lingua". La condizione necessaria per appartenervi è la croce e la sofferenza che ne consegue. A quanti riescono a superare la prova viene data una veste bianca e una palma da tenere in mano. Inoltre viene precisato che le vesti sono rese candide col sangue dell'Agnello. Quando avremmo oltrepassato questo deserto d'esilio l'Agnello-Pastore ci guiderà "alle fonti delle acque della vita"

E' Dio che raduna il suo gregge, disperso dalle persecuzioni, per poi farlo partecipare ad una festa senza fine. Dio non ci dispensa dalla prova, va oltre, ci salva, da perdenti ci fa amati e vincitori .
Tutto quello che si può dire sul cristianesimo, come esperienza di comunione, è scritto nei pochi versetti che costituiscono il brano del vangelo odierno, che la liturgia ci propone come riflessione: nessuno può rapirci dalle mani di Gesù-Pastore perché apparteniamo al Padre celeste.
Il brano è ambientato nel corso della festa di Hanukkah o delle luci, della durata di otto giorni, che cadeva alla fine di dicembre e commemorava la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Giuda Macabro nel 164 a.C..
Le parole che Gesù pronuncia riguardanti il rapporto tra il Pastore (Lui) e le pecore che il Padre gli ha dato (la Chiesa), possono considerarsi verosimili ai dibattiti fra Gesù e i Giudei. Ma i Giudei, toppo preoccupati nella ricerca del Messi che si erano prefigurati, non comprendono affatto il suo discorso. Anche per noi il linguaggio di Gesù non è immediatamente comprensibile: paragonarci a un gregge è una cosa che ci lascia perplessi.
Le pecore che il Padre gli ha dato, ascoltano la sua voce, gli obbediscono, sono sue ed egli le conosce, le ama meda la sua vita perché esse abbiano la vita eterna, che solo Dio può dare.
Amen!

Efisio e Marinella Murgia di Cagliari

 

Ricerca avanzata  (53985 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: