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TESTO Unire, più che dividere

don Alberto Brignoli  

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (04/10/2015)

Vangelo: Mc 10,2-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Ascoltare oggi un brano di vangelo come questo può sembrare alquanto anacronistico...termini come "ripudio" e "adulterio" riferiti a una relazione coniugale in difficoltà sono quantomeno superati, se non addirittura estinti. E francamente, non mi dispiace l'idea che siano superati, soprattutto perché significa che è stata almeno superata una certa mentalità maschilista, ben espressa dalle affermazioni dei farisei prima e dei discepoli poi, secondo la quale l'uomo è tenuto a far prevalere la propria superiorità sulla donna, a un punto tale da poter disporre della sua vita e del suo futuro dal momento in cui diviene sua moglie. Purtroppo, va riconosciuto con tutta onestà che anche a livello ecclesiale, lungo i secoli, si è contribuito a creare una mentalità maschilista, giustificando figure di uomini che comandavano le proprie famiglie sulla scorta di una visione dispotica dello stesso Dio, molto "padrone" e poco "padre". Fortunatamente, la mentalità è cambiata e le cose non sono più così. A questo cambiamento ha contribuito non solo una crescente emancipazione della donna e una conseguente riscoperta del suo ruolo fondamentale all'interno della società (forse, purtroppo, non ancora totalmente riconosciuto), ma anche la rilettura della relazione uomo-donna che Gesù fa all'interno della tradizione giudaica, di cui il Vangelo che abbiamo ascoltato rappresenta l'espressione più bella. Di fronte ai farisei che vogliono riaffermare una legge matrimoniale scritta da Mosè totalmente sbilanciata a favore dell'uomo; di fronte ai discepoli che rimangono quantomeno scossi di fronte alla risposta molto aperta da parte di Gesù, lo stesso Maestro esorta tutti noi a tornare "alle origini", al fondamento del rapporto tra uomo e donna, che è quello della creazione, ascoltato nella prima lettura.

"Dall'inizio della creazione" Dio ha voluto che l'uomo lasciasse il padre e la madre per creare comunione con la sua donna; vale a dire, che l'uomo abbandoni le certezze dategli dal padre e le tenerezze ricevute da sua madre per costruire con la propria donna una nuova comunità d'amore. E questa comunità d'amore non può più considerarsi come due individualità che coesistono, che coabitano insieme indipendenti, perché questo creerebbe il presupposto per dividere ciò che Dio ha unito. Occorre, invece, che i due diventino "una carne sola": è l'ideale più bello, il sogno di ogni coppia, un sogno che, grazie a Dio, in molte coppie si è fatto realtà, ed è durato, e continua a durare per anni, indissolubile, anzi sempre più forte.

Ma non possiamo chiudere gli occhi e soprattutto il cuore di fronte ad un'altra realtà, ovvero che questo sogno di diventare "una carne sola" che supera le due individualità rimane, purtroppo sempre più spesso, un bel sogno e un bel ideale che rischia di scontrarsi con la cruda quotidianità. Una quotidianità fatta d'incomprensioni, di discussioni, di litigi, di chiusure, di ricerca dei propri spazi per difendersi da chi, desiderato come compagno o compagna di vita, si rivela poi un ostacolo alla propria felicità. Sempre più spesso il matrimonio e la vita di coppia in generale, rivelano le proprie fragilità, di fronte alle quali non si sa come reagire né come comportarsi, sia all'interno della coppia stessa sia nella cerchia delle persone più care, che si sentono di troppo oppure inutili nel cercare di trovare una soluzione ai conflitti. Ed è inutile pure reagire lanciando slogan fin troppo facili e temerari: "Non ci sono più i valori di una volta"; "I giovani non sono più capaci di fare sacrifici"; "Una volta si era più poveri ma si andava più d'accordo"...e via dicendo. Tutte cose vere, per carità: e poi? E una volta che l'abbiamo affermato, ribadito, magari pure rinfacciato a chi soffre situazioni di incomprensione di coppia più o meno gravi? Che cosa otteniamo, sottolineando e rimarcando certi concetti oppure certi principi che tutti sappiamo bene essere ideali di difficile costruzione?

Per non parlare del giudizio, ancora molto diffuso, che spesso viene emesso nei confronti di chi vive una vita di coppia conflittuale...come se non avessero già abbastanza sofferenze... Proprio oggi si apre il Sinodo Ordinario sulla famiglia, al quale Papa Francesco sta dedicando passione e profondo interesse, perché vede nella famiglia e nella sua valorizzazione una sfida epocale: quando il Papa parla di atteggiamento di misericordia nei confronti delle situazioni matrimoniali conflittuali o irregolari, si riferisce proprio a questo atteggiamento del giudizio o peggio ancora del pregiudizio, che deve abbandonare i nostri cuori per lasciare spazio alla comprensione, alla vicinanza, alla solidarietà. Nessuno di noi, neppure questo Sinodo, ha la bacchetta magica per risolvere i problemi legati alla crisi del matrimonio, della famiglia, della vita di coppia in generale: di certo, però, "tornare alle origini", come oggi il Maestro ci invita a fare, forse ci può dare una mano ad affrontare meglio i conflitti, che comunque ci saranno sempre, grandi o piccoli.

A me pare di individuare, nella Liturgia della Parola di oggi, almeno due aspetti importanti:

• Il primo, è quello della "carne sola", ovvero della profonda unità tra i due soggetti, che deve riuscire a prevalere, senza annullarle, sulle rispettive individualità. Puntare sull'individuo più che sulla coppia porta spesso a una frattura, perché ogni individuo rivendica giustamente i propri diritti e i propri interessi; puntare più sulla coppia che sui singoli individui, porta quasi sempre all'unità, anche se costa.

• Il secondo lo prendo dalla sottile ma importante distinzione tra la prima lettura e il Vangelo. Genesi dice che "i due saranno una carne sola"; il Vangelo annunciato da Gesù è impregnato di sano realismo, e dice che "i due diventeranno una carne sola". Ciò significa che la costruzione della vita di coppia non è automatica dal giorno in cui due persone decidono di costruire una vita insieme, ma è un "divenire" continuo, uno sforzo da costruire giorno dopo giorno, anche e soprattutto quando questo comporta fatica. È una fatica, senz'altro: ma può anche donare tanta serenità, se comprendiamo che le coppie perfette non esistono, che i matrimoni ideali non fanno parte della realtà, e che anche i vincoli più saldi e più duraturi sono frutto di un lento e costante cammino di maturazione.

E qualora una relazione divenga conflitto, e siamo chiamati a sostenere una delle due parti, prendiamo la difesa della parte più debole, e faremo sempre del bene a entrambe. È alla debolezza (simboleggiata dai bambini del Vangelo) e non alla prepotenza, infatti, che appartiene il Regno dei cieli.

 

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