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TESTO Commento su Primo Re 21, 1-19; Romani 12, 9-18; Luca 16,19-31

don Raffaello Ciccone  

XI domenica dopo Pentecoste (Anno C) (04/08/2013)

Vangelo: 1Re 21, 1-19; Rm 12, 9-18; Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,19-31

19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

1 Re 21, 1-19
Dio si presenta come custode della giustizia e come difensore del debole. E questo avviene attraverso il profeta, oggi con Elia e, un tempo, con Natan di fronte al peccato di Davide con Betsabea (2 Sm 11) e l'omicidio del marito di Betsabea, Uria. Anche là, tutto si sarebbe svolto nell'anonimato e nel silenzio, se il Signore non avesse fatto emergere la condanna del profeta che ha denunciato apertamente a Davide il suo peccato e quindi il castigo che ne sarebbe venuto.
Nella Scrittura i racconti di misfatti sono riferiti senza reticenze poiché sono il volto di una umanità prepotente, sfruttatrice, debole. Il racconto non risparmia amici e nemici mentre mette sempre in luce la giustizia e la misericordia di Dio, custode di una umanità di cui è pastore.
Il testo di oggi è il paradigma di come il mondo può essere sovvertito dalla prepotenza e dall'ingordigia.
In tal modo chi ha potere, se non segue le leggi di Dio, può stravolgere secondo il proprio interesse quello che è giusto e travolgere ogni persona debole e fragile, anche se si trova dalla parte della ragione.
Il racconto della vigna di Nabot segna un esempio classico di ingiustizia e di prevaricazione per il potere che si esercita sui sudditi. Acab è re di Samaria e desidera la vigna di un contadino che confina col suo palazzo. La gestione del potere, non a caso, è governata da una regina pagana che non ha assimilato la responsabilità del re verso i suoi sudditi, Pastore visibile del Dio invisibile. Nel mondo pagano il re è considerato, spesso, una divinità, comunque sottratto alla legge che è solo dei sudditi. Il potere del re è potere assoluto (absolutus: sciolto e superiore alla legge). Per sé la proposta del re è ragionevole, ma non accetta che l'altro si rifiuti. Ed il rifiuto dipende dal valore della terra, ricevuta in eredità dai padri che dà diritto di cittadinanza e che custodisce, spesso, la sepoltura degli antenati (1 Samuele 25,1).
Problemi e spogliazioni ancora più macroscopiche avvengono oggi con i popoli poveri. Le loro terre sono depredate delle ricchezze del sottosuolo senza un serio mercato che permetta di superare la fame, la malattia, l'ignoranza e la miseria. Sono saccheggi e rapine su paesi di sfruttamento. Spesso tali territori diventano anche discariche di rifiuti tossici.
Paolo VI, nella "Populorum Progressio" (1967, n. 49) scrive: "Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno del resto i primi ad esserne avvantaggiati. Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili".
In Italia si è sviluppato, in modo significativo, l'intervento del volontariato, nel mondo cattolico, certo, ma anche nel mondo laico. Per il prezioso contributo che viene offerto vanno incoraggiate le presenze accanto al mondo dei poveri: il volontariato ha la prerogativa, insieme con l'aiuto, il privilegio di incontrare e vivere con le persone mentre gli interventi istituzionali rischiano di diventare anonimi e burocratici. Vanno incoraggiati ad affrontare, in modo nuovo, i rapporti sociali, ma è necessaria una legislazione che offra fiducia e facilitazioni pur mantenendo con intelligenza i controlli.
Va ripensato il problema della pace, il coraggio del riconoscere la dignità di ogni persona, la volontà di individuare le culture e di intervenire senza portare guasti, ma sostenendo un cammino di crescita e di corresponsabilità.
Ci sono grandi "segni dei tempi", come ricorda Papa Giovanni XXIII nella "Pacem in terris" (enciclica del 1963) che incoraggiano a seguire e valorizzare cambiamenti. In questi giorni enormi manifestazioni in Brasile ci hanno sorpreso poiché il popolo, notoriamente qualificato come fanatico del calcio, ma educato da anni alla lotta contro la povertà dagli ultimi governi, si è ribellato alle prospettive di grandi spese per sport e stadi. Il popolo matura quando il cammino è ben segnato e non accetta più la prospettiva antica del "panem et circenses" (pane e sport). Esso, invece, sta chiedendo di continuare a costruire scuole ed ospedali.
Romani 12, 9-18
Tra i due drammi della vigna di Nabot e il ricco epulone questo testo fa da cerniera per incoraggiare nel mondo un criterio nuovo di rapporto con le persone. La Comunità cristiana viene invitata ad essere esempio, come novità di Gesù e quindi come il nuovo volto di Dio attraverso noi.
Non si può leggere questi bellissimi testi, esemplificativi sulla "carità", senza premettere i primi due versetti di questo capitolo che qualificano e illustrano il significato successivo del messaggio. "Vi esorto, fratelli, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto." (12,1-2). Paolo incoraggia la comunità cristiana perché riscopra, nella propria vocazione, un culto vissuto nello Spirito, fatto di gesti e di scelte, di consapevolezza, di responsabilità e di attenzione, trasformandosi completamente rispetto alla mentalità corrente.
Il tempio raccoglieva e offriva preghiere e offerte sacrificali a Dio. Ora non c'è più, ma preghiere e offerte salgono a Dio da un nuovo tempio, prima quello di Gesù e poi costituito dalla nostra vita e dal nostro corpo, a somiglianza del corpo del Signore Gesù che ha riassunto in sé la pienezza della preghiera e la totale offerta del suo cuore sulla croce. Noi siamo come Gesù segno e offerta con una novità tutta sua che lo rende unico agli occhi di Dio. La "carità" è l'amore di Dio e del prossimo con cui rispondo all'amore di Dio e corrisponde alla parola di Gesù che raccomanda il superamento della ipocrisia o dell'amore per il proprio tornaconto "Infatti, se amate quelli che vi amano, - dice Gesù - quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? (Mt 5,46). Perciò, nell'amore fraterno che ci sostiene non ci si mette al primo posto ma si apprezza l'altro più di sé.
I suggerimenti di Paolo nascono dalla lunga esperienza che lo ha aiutato negli incontri con le culture e i popoli diversi. Si sentono vari richiami di parole di Gesù riportate da Matteo ( cap5). Significa che i testi delle parole di Gesù circolano e sono ormai diventato patrimonio di fede e di memoria per i cristiani nel mondo: "Benedite, rallegratevi con chi è nel pianto e piangete con chi piange".
Una preoccupazione insistente è quella della pace, che non sempre dipende dai due contendenti poiché il vivere in pace nasce dalla fiducia reciproca, dal superamento dei pregiudizi, delle paure e delle delusioni.
La prima custodia della pace verso gli altri è il proprio cuore, se la viviamo con libertà e la offriamo con sincerità. Probabilmente la pace diventa credibile nel tempo, a lunga distanza, nella continuità e nella fedeltà. Con molta esperienza Paolo dice:" Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti" (12,18).
Lc 16,19-31
Ci troviamo di fronte ad un ricco che, in fondo, non fa nulla di male. Non si dice che sfrutta i poveri, che ruba, che è disonesto nel pagare le tasse, che perseguita gli onesti con metodi mafiosi di potere. E' una persona che si fa gli affari suoi, nessuno gli può rimproverare qualcosa.
Ma anche di Lazzaro non si dice qualcosa della sua vita, se è stato un padre amoroso, un lavoratore, un onesto o fannullone. La situazione fotografata è la irreparabile situazione di disparità tra chi ha e chi non ha e l'inesistente tentativo di superare questa lacerazione.
Si sono fatti passi avanti? Ci sono stati molti tentativi di provvidenze in questi ultimi due secoli a livello politico. Prima, fino all'inizio del 900, salvo qualche eccezione, tutta l'attenzione alla povertà era lasciata alle provvidenze private o religiose.
A livello politico sono sorti movimenti, ideologie, partiti. Ci sono stati tentativi di legislazioni sociali più attente ai bisogni. Il mondo cattolico stesso ha fatto molti passi avanti dalla metà dell'Ottocento, quando si è sviluppato il fenomeno rivoluzionario della industrializzazione e lo sconvolgimento di ritmi di lavoro, di vita, di ritmi, di sfruttamento. Non va dimenticato che, a dispetto del Vangelo e del coraggio degli antichi padri della Chiesa, soprattutto nel tempo della prima industrializzazione in Inghilterra, in Francia ed in Germania, e in qualche modo anche in Italia, i cambiamenti senza regole e quindi lo sfruttamento di uomini, donne e bambini sono saliti alle stelle con miserie infinite. E salvo qualche eccezione di Vescovi attenti, tutta la riflessione cristiana si risolveva nello stile del: "Abbi pazienza, se soffri di qui, di là sarai ricompensato". Una tale religiosità difficilmente ha fatto reagire il popolo cristiano, salvo alcune frange e alcuni grandi santi. Così le riletture insofferenti rilessero la religione come oppio, altri la ripensarono come nemica dei poveri, altri ancora interpretarono le scelte della Chiesa come furba posizione di dominio delle sofferenze per aggregare a sé i sofferenti. A pensare che già nel sec. IV sant'Ambrogio diceva: "Quando tu dai qualcosa al povero, non gli offri ciò che è tuo, ma gli restituisci soltanto ciò che è già suo, perché la terra e i beni di questo mondo sono di tutti, non dei ricchi".
E' vero che il Signore accoglie chi soffre, ma è insofferente di chi è ingiusto e indifferente. Si ritorna alla parabola. Dio è giusto e quindi giudice degli ingiusti e degli indifferenti. Chi può cambiare le cose è l'umanità con la sua intelligenza, la sua sensibilità, il rispetto di ogni persona che soffre, la valorizzazione degli strumenti che possiede e, prima di tutto, la responsabilità personale e la politica. E se si guarda l'impegno politico, oltre che la realtà scientifica, tecnica, legislativa, il nostro tempo non può che rallegrarsi che si siano fatti grandi cambiamenti, uno per tutti, l'impegno per lo "Stato sociale" (welfare), oggi, in tempo di crisi, purtroppo in arretramento.
Come risposta ai bisogni, si è impostata per tutti l'assistenza sanitaria, la pubblica istruzione, l'indennità di disoccupazione, i sussidi familiari, in caso di accertato stato di povertà o bisogno, la previdenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia). l‘accesso alle risorse culturali (biblioteche, musei, tempo libero), la difesa dell'ambiente naturale.
E poiché tutto questo costa molto e quindi aumentano i "conti pubblici" poiché la "spesa sociale" richiede ingenti risorse finanziarie, le soluzioni provengono, in buona parte, dal "prelievo fiscale" che dovrebbe, nei Paesi democratici, proporre un sistema di tassazione progressivo, proporzionalmente al crescere del reddito. Da qui il non evadere le tasse ci sottrae al destino del ricco epulone allo stesso modo che il rispetto del danaro pubblico che non deve arricchire chi lo gestisce. Certamente tutto deve essere fatto con il maggior scrupolo e responsabilità possibile, altrimenti si rientra nella categoria degli sfruttatori dei poveri. Un'ultima osservazione sui 5 fratelli che andrebbero avvisati, nella parabola.
Probabilmente rappresentano la Comunità cristiana nel linguaggio evangelico. Nella riflessione e sulla scorta della Parola di Dio tale comunità dovrebbe capire il valore della responsabilità. In tutto questo si può cogliere meglio, allora, che "la politica, diceva Paolo VI, è una delle forme più alte di amore".

 

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