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TESTO Commento su Isaia 66,10-14; Galati 6,14-18; Luca 10,1-12.17-20

fr. Massimo Rossi  

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/07/2013)

Vangelo: Lc 10,1-12.17-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Se avete ascoltato l'orazione che introduce le Letture, ne avrete colto tutto il valore e le implicazioni che discendono per la nostra vita e per la nostra vita, nostra e degli altri.

Ve la rileggo: O Dio, che nella vocazione battesimale ci chiami ad essere pienamente disponibili all'annunzio del tuo regno, donaci il coraggio apostolico e la libertà evangelica, perché rendiamo presente in ogni ambiente di vita la tua parola di amore e di pace.

Basterebbero queste poche parole a darci spunti sufficienti alla riflessione odierna.

Tuttavia le letture non possono essere archiviate senza un minimo di analisi: la pagina di Isaia esprime un comando di Dio: Rallegratevi, esultate! Come, ai rigori dell'inverno segue sempre la bella stagione (?) così, dopo i giorni della tribolazione e del lutto, deve tornare la gioia!

Al contrario, la tristezza costituisce un reale impedimento a cogliere il bello della vita, l'energia positiva della fede. Fare pace con il nostro passato, chiuderlo definitivamente fuori dalla nostra mente e dal nostro cuore - cioè dalla nostra vita -, imparare a non farsi più ferire dai dolori del passato, è condizione necessaria per poterci abbeverare alla fonte di ogni consolazione, lo dichiara il profeta. "Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore", sono sempre parole di Isaia, il quale dà per scontato che la salvezza si mostrerà ai nostri occhi.

Certo, c'è modo e modo di guardare la realtà. I nostri sensi non sono autonomi dalla nostra mente, la quale orienta lo sguardo, selezionando le immagini, che successivamente rielaborerà, secondo un piano, chiamiamolo punto di vista, prospettiva individuale,...chiamiamolo mentalità.

Questo meccanismo, del quale non abbiamo sempre la percezione in tempo reale, ci informa che la realtà non si propone, tantomeno si impone, in modo oggettivo al nostro sguardo; casomai è il contrario: siamo noi che interpretiamo la realtà ricavandone un senso che risponda alla nostra forma mentis; la stessa storiografia si fonda su queste dinamiche; interrogate due storiografi di diversa ideologia politica, fate raccontare lo stesso fatto: ne ricaverete due narrazioni molto diverse... Qual è quella giusta? tutte e due, o nessuna delle due...

Dunque, per riconoscere i segni della salvezza, per i quali possiamo, anzi dobbiamo rallegrarci, è necessario indossare altre lenti, cambiare punto di osservazione, convertire la nostra mentalità... Vi prego di dare il giusto valore a queste affermazioni: non si tratta di una esortazione, non è un optional; dobbiamo imparare a guardare la realtà con occhi diversi, con gli occhi della fede.

E arriviamo a san Paolo: che cosa significa "vantarsi della croce di Cristo"? In un altro passo, l'apostolo dei pagani dichiara: "Quando venni tra voi, (...) ritenni di non saper altro se non Gesù Cristo, e questi crocifisso." (cfr. 1Cor 2,2).

La croce rappresentò per Gesù il passaggio necessario attraverso il quale diventò il Cristo.

Questa novità radicale che, ripeto, Gesù non avrebbe potuto sperimentare in altro modo che salendo sulla croce e morendovi, Paolo la percepisce come vocazione sua propria a vivere come creatura nuova. Non solo: l'autore della lettera ai Galati sente che questa vocazione non è solo per sé, ma per tutti i battezzati: la sua intima convinzione di fede - vivere come creatura nuova - diventa il contenuto del suo annuncio: "Non è infatti la circoncisione o la non circoncisione che conta! L'obbedienza esterna alla Legge antica, conformarsi alla tradizione, non è più sufficiente! peggio! non conta più! non conta niente!! la partecipazione ufficiale, l'iscrizione nel registro dei figli di Abramo - per noi, dei figli di Dio - è una pura formalità, se la vita non muta in modo sostanziale!".

Ricordiamoci che il nostro specchio, il criterio di discernimento, l'unità di misura della vita cristiana è l'Eucaristia: una volta che il pane e il vino sono stati trasformati nel corpo e nel sangue di Cristo, la loro sostanza è mutata per sempre, non si torna indietro!

Così anche noi, una volta che abbiamo aderito alla fede, non possiamo più vivere al vecchio modo, con la nostra vecchia mentalità, con le nostre vecchie abitudini...

Per questo, Gesù comanda, oggi, nel Vangelo, di scuotere anche la polvere del passato dai nostri piedi: non deve rimanere neanche un granello di quella polvere sotto le suole della scarpe!!

Al tempo stesso, la fede ci chiede la fatica di entrare in comunione con coloro ai quali siamo stati mandati ad annunciare il Vangelo; bando ad ogni integralismo! La vita cristiana è adesione integrale alla fede, non è integralismo; questo lo esige ancora il Signore, esortando i 72 discepoli ad accettare tutto e solo quello che sarà loro offerto: il Maestro di Nazareth lo ripete ben due volte in poche righe, segno che la nostra disponibilità, la nostra tolleranza è una testimonianza di fede decisiva.

La Chiesa è capace ad essere ricca con i ricchi e povera con i poveri... o forse è il contrario... ricca e generosa con i poveri, per innalzarli, povera e umile con i ricchi, per abbassarli...
"Magnificat docet".

 

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