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TESTO Commento su Deuteronomio. 5, 1-2. 6-21; Efesini 4, 1-7;Giovanni 4, 5-42

don Raffaello Ciccone  

II domenica di Quaresima (Anno B) (04/03/2012)

Vangelo: Dt. 5, 1-2. 6-21; Ef 4, 1-7;Gv 4, 5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 4,5-42

5Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Lettura del libro del Deuteronomio. 5, 1-2. 6-21
Nel libro del Deuteronomio (5,1-2.6-21), Mosè inizia il suo secondo discorso in cui svilupperà l'esortazione all'osservanza della legge di Dio nell'Alleanza del Sinai (cc 6-11). E, prima di tutto, ricorda i precetti del Signore che vogliono esprimere le esigenze che il popolo deve concretamente sviluppare per entrare in comunione con Dio.
Vengono detti "Decalogo": sono, infatti, le "dieci parole" che Dio pronuncia per ricostruire un popolo libero e duraturo, a somiglianza delle dieci parole che l'autore biblico ricorda nel primo racconto della creazione per creare il mondo (Gen. 1). Se Dio può fare il mondo gratuitamente e da solo, può però mantenere nella consistenza e nella vitalità il suo popolo solo mediante l'ubbidienza alle sue leggi.
Questa edizione dei "Comandamenti" è simile ad un'altra, presentata nel libro dell'Esodo (20,2-17). Tutte e due, in sintesi, ripercorrono i fondamentali doveri religiosi e morali dell'uomo verso Dio e il prossimo. Qualche variazione, nel libro del Deuteronomio (che leggiamo oggi) è data dalla preoccupazione di rendere più attuale e viva la Parola di Dio.
Nella tradizione occidentale, la proibizione dell'immagine è parte del primo comandamento mentre sono due i comandamenti del "desiderio": "non desiderare la donna d'altri e la roba d'altri" (il 9° e il 10º). Nelle comunità ebraiche, invece, la proibizione delle immagini è un comandamento a sé, mentre i comandamenti del "desiderio", il 9° e il 10º, vengono formulati come un solo comando.
Dopo il precetto sul "nome" divino da non violare "invano", cioè con un uso magico e offensivo, appare la prima notevole variante. Essa è nel comandamento sul sabato. Il riposo e il culto del sabato, nel capitolo 20 dell'Esodo (vv. 8-11), erano considerati una celebrazione dell'opera della creazione ( si rilegga Genesi 2,1-4). Ora, invece, il sabato è visto come memoria della liberazione dalla schiavitù d'Egitt0. E' quindi il giorno della libertà' per cui ci si deve ricordare del Signore che vince ogni oppressione e invita Israele a superare ingiustizia e schiavitù. Infine, con l'ultimo comandamento, che unisce il nono e il decimo sotto l'imperativo del "non desiderare" (cioè del non progettare il male), si ha la seconda variazione di rilievo. La donna viene anticipata rispetto alla casa, al campo, agli schiavi, agli animali del prossimo: si tempera, così, la visione arcaica maschilista che riduceva la donna a un bene di proprietà della famiglia.
Gesù dirà che per entrare nella vita eterna sono sufficienti i dieci comandamenti (Mc 10,17-22). Poi però Gesù aggiungerà i consigli evangelici.
Al di fuori della Legge, l'Antico Testamento ricorda raramente il decalogo, anche se ci sono dei richiami (Os 4,1; Ger 7,8; Salmo 81,10-11) ma acquisterà molto valore nel Cristianesimo attraverso l'uso che se ne fa nel Nuovo Testamento.
"Colui che comanda è anche il tuo liberatore" (v 6): sono leggi per la tua salvezza, per la tua speranza, per la tua libertà.
La polemica di S. Paolo, nella lettera ai Galati e ai Romani sulla legge (mosaica), non è contro i valori proposti, ma sull'interpretazione che si dava a suo tempo, poiché si moltiplicavano obblighi e restrizioni esasperate, non in linea con il messaggio di Gesù.
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 1-7
Inizia, nella lettera agli Efesini, una seconda parte che intende suggerire un progetto di vita cristiana, ancorata all'unità di credenti che costituiscono il corpo di Cristo.
Vengono dati cinque suggerimenti di comportamento, e il numero cinque potrebbe essere il richiamo alla Legge, alla nuova Legge come per gli ebrei la Legge è costituita nei primi cinque libri della Scrittura. Comportarsi in maniera degna della chiamata significa vivere "con umiltà, dolcezza, magnanimità, sopportazione nell'amore ( e potrebbe essere tradotto come accoglienza) e responsabilità dell'unità per mezzo della pace". Paolo premette, a questo suggerimento di vita, il fatto di essere "prigioniero a motivo del Signore". Egli si pone come richiamo di stile di vita: infatti si è giocato la libertà e il futuro, probabilmente, per la fede in Gesù. Egli crede in Gesù e vuole intensamente che viva nel cuore di ogni comunità. Così, ricordando il coraggio della unità, elenca sette ragioni perché ci sia un cammino di comunione. Inizia dall'essere "un unico corpo" fino ad avere "un unico Dio, padre di tutti". L'esperienza rende consapevoli del lavoro che bisogna fare per la fede, perché bisogna vivere in una comunità. E Paolo si preoccupa di dire: "Avete, fondamentalmente, a modello Cristo che accoglie tutti senza distinzione, si mette a disposizione di tutti, offre la sua vita per tutti". L'unità nella comunità cristiana non è frutto di simpatia, di interessi, di accordi, di razza, lingua, cultura, mentalità, carattere. Persino la stessa religione può portare a indurimenti e a tensioni diversi, fino a giungere ad esclusioni, a lacerazioni, a rifiuti. Se poi ci si gioca in una dimensione di potere, proprio la scusa del difendere la religione può condurre all'oppressione dell'altro. La storia della Chiesa si offre anche questi esempi. Tutto ciò nasce dalla istintività, dalla radice di male che faticosamente ciascuno deve estirpare da sé, da paure, dalla volontà di potenza. Tutto il testo continua nell'incoraggiare una unità matura, adulta, fedele, capace di accoglienza. Ciascuno è chiamato ad una collaborazione, e deve svolgere una sua vocazione ed un suo compito.
La nostra esperienza, superando diffidenze e paure, ci sta insegnando che le diversità costituiscono ricchezza. Vanno favoriti gli incontri, gli aiuti reciproci, la collaborazione.
A ciascuno di noi sono stati dati doni particolari. Mantenendo con coraggio l'unità e l'accoglienza, questi doni si moltiplicano e diventano testimonianza, capaci di portare speranza nel mondo. Tutto questo è segno e premessa di pace.
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 4, 5-42
Giovanni (4,5-42) racconta l'episodio della samaritana, richiamando il viaggio che fa dalla Giudea alla Galilea (v 3): vuole sviluppare la conoscenza di Gesù, ricordando la rivelazione fatta alla Samaritana, ai discepoli e, alla fine, ai Samaritani chiamati dalla Samaritana stessa. Gesù, da poco tempo, ha incominciato a predicare e a manifestare il suo messaggio. Incontra diverse reazioni di fede (raccolte in questi primi capitoli di Giovanni): Nicodemo (la fede imperfetta dei Giudei sempre bisognosi di segni per credere: Gv.3,1-21), la samaritana (la fede pronta: Gv.4,5-42) e il funzionario reale (adesione piena a Cristo: Gv.4,46-54).
Gesù, veramente stanco del viaggio, è preoccupato di raggiungere e di sostenere il mondo lontano dei samaritani, disprezzati dai credenti e odiati. Nella cultura ebraica dire ad uno "samaritano" era come dire "eretico, pagano, miscredente, rifiuto di Dio". E per questo Gesù, per provocazione, ricorda i samaritani come protagonisti: uno per tutti la Parabola del Buon Samaritano" I Samaritani discendevano da un miscuglio di popolazioni importate dagli Assiri nel 721 a.C. per ripopolare la Samaria distrutta. Essi avevano contaminato la religione di Jahvè con credenze idolatriche e, perciò, dopo il ritorno da Babilonia (538 a.C.), i Giudei non vollero avere alcun rapporto con loro, ritenendoli impuri come i pagani La rivalità aumentò quando il sommo sacerdote giudeo Giovanni Ircano distrusse il loro tempio sul monte Garizim nel 128 a.C. Ritenevano ispirati solo i 5 libri di Mosè (la legge).
Il pozzo di Giacobbe è il più profondo pozzo in Palestina (circa 30 metri). E proprio qui, nel richiamo di Giacobbe, capostipite del popolo d'Israele, Gesù si fa mendicante di acqua: è il suo modo discreto per iniziare un dialogo con una donna infedele e per riconquistarla alla verità.
Due sono i valori fondamentali: il dono dell'acqua viva (simboleggia la rivelazione di Gesù) e il dono dello Spirito, che garantisce il nuovo culto "in Spirito e verità".
Vi è una introduzione storico-geografica (vv 4-6) e una conclusione storico-teologica (vv 39-42). Il racconto si svolge in due grandi scene: il dialogo di Gesù con la Samaritana (vv 7-26) e quello con i discepoli (vv 31-38) che ritornano, mentre la Samaritana va in città ad annunciare (vv 27-30). E il colloquio con la Samaritana è diviso in due parti (vv 31-34 e 35-38).
In tutto il testo si sviluppa la conoscenza progressiva dì Gesù: un giudeo (v 9), uno più grande di Giacobbe (v 12), un Signore capace di compiere un prodigio (v 15), un profeta (v 19), il Messia che viene alla fine della storia (vv 25-26,29), l'inviato del Padre che, a sua volta, invia (vv 34-38), il Salvatore del mondo ( v 42). La domanda predominante: "Chi è colui che ti parla?" (v 10) ha due risposte. Gesù è Messia (v 26) e Gesù è salvatore del mondo (v42), proclamato solennemente. Varie riflessioni sì profilano: Gesù è acqua viva, rivelazione e Spirito. Egli chiede la conversione del cuore, propone un culto genuino, invia nel mondo per la salvezza di tutti, mentre la Samaritana è la donna disincantata, lontana da Dio ma coraggiosa, attenta mentre devia i tentativi di Gesù di farla riflettere su se stessa. Eppure non fugge davanti a Gesù. Con tutte le sue perplessità, alla fine accetta di fare un cammino di ricerca e fedeltà per arrivare alla verità: acqua viva.
Infatti abbandona la brocca per invitare i suoi concittadini. Qui Giovanni richiama l'"Io sono" che suggerisce la dignità messianica di Gesù, ma anche la sua grandezza divina.

 

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