PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Qual è il più grande comandamento della Legge?

Ileana Mortari - rito romano  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/10/2011)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,34-40

In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il vangelo di oggi ci presenta la terza delle cinque controversie che Gesù sostiene con i rappresentanti delle autorità giudaiche a Gerusalemme nei giorni che precedono il suo arresto.

Per metterlo alla prova, un fariseo, dottore della legge (istruito nella Torah e detto anche "scriba"), pone al Maestro una questione molto dibattuta a quel tempo tra gli esperti: "Qual è il più grande comandamento della Legge?". "Il più grande" non si riferiva al primo in senso cronologico o al più importante, ma a quello che costituitava una sintesi, anzi il nucleo centrale della Legge.

Come noto, i rabbini avevano ricavato dalla Torah ben 613 precetti, così da applicare a tutte le situazioni possibili della vita le norme sempre prioritarie dei 10 comandamenti. Ovviamente anche il giudeo più rigorosamente osservante doveva smarrirsi in quella selva di prescrizioni e quindi i maestri ebrei cercavano di individuare una gerarchia, opportune distinzioni e soprattutto un principio unificatore di tanti dettami; di qui la domanda a Gesù.

Il Nazareno risponde rifacendosi alla stessa Torah e citando un versetto dal Deuteronomio che il pio ebreo recitava due volte al giorno nella preghiera dello "Shema' Israel", cioè "Ascolta, Israele": "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente" (però, invece di "dianoia" = mente, la versione greca della Settanta in Deuter. 6,5 ha: "le tue forze", corrispondente a "dynamis"). L'antica tradizione giudaica interpretava le tre facoltà citate sia come espressione della persona nella sua interezza, sia come gli aspetti o ambiti diversi in cui si deve esprimere e attuare l'amore verso Dio: il cuore indica la dedizione religiosa a Dio; l'anima, che in ebraico è sinonimo di vita (= nefesh), implica il dono di sé fino al martirio; le forze (cioè i beni-proprietà, perché dai rabbini "dynamis" era intesa come possibilità finanziaria) comportano la donazione dei beni.

"Questo è il più grande e il primo dei comandamenti" (v.38): Gesù pertanto si rifà a un principio - l'assoluto amore per Dio - che già valeva per il giudeo; ma la sua risposta non finisce qui: "E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" (v.39) Ora anche questa affermazione era presente nella Torah: "amerai il prossimo tuo come te stesso" leggiamo in Levitico 19,18b; e pure in questo caso il precetto era assurto ad espressione sintetica della legge, come affermava ad esempio il maestro giudeo Rabbì Hillel: "Ciò che tu non ami, non lo fare al tuo prossimo: questa è tutta la legge, il resto non è che commento."

Dove sta allora la novità della risposta di Gesù, che a quanto pare lascia senza parole gli avversari?

In due elementi.

Anzitutto il "prossimo" inteso da Gesù è ben altro dal "prossimo" secondo i giudei, perché la prima parte del versetto citato dal Levitico dice: "non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo (che dunque sono i correligionari) come te stesso"; nel vangelo invece la parola "prossimo" ha l'estensione più ampia possibile: è chiunque nei confronti del quale noi ci facciamo prossimo, come sappiamo del vangelo di Luca, che pone questo stesso brano di Matteo in stretto rapporto con la parabola del buon Samaritano (cfr. Luca 10,25-37).

La seconda novità è che per la prima volta, nella risposta di Gesù, vengono strettamente collegati i due precetti dell'amore a Dio e al prossimo, accostamento sconosciuto nell'antica tradizione giudaica; essi vengono congiunti con il termine "simile": i due amori sono messi su una perfetta posizione di parità; infatti "simile" significa che l'amore del prossimo, anche se non identico a quello di Dio, è altrettanto importante quanto il primo, e soprattutto è necessario quanto il primo, perché ne è una sua esplicitazione: l'amore del prossimo diventa il banco di prova del nostro amore verso Dio.

E poi - conclude Gesù - "da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti" (v.40)

Anche qui il Nazareno aggiunge qualcosa; non si limita ad individuare il nucleo, l'essenza della Legge, ma afferma chiaramente quello che ne sta alla radice, perché senza di esso non starebbe in piedi neppure la Legge: l'amore verso Dio e il prossimo. Potremmo usare un'immagine per capire meglio: "E' un po' quello che avviene nell'amore di una madre; il suo amore è come una luce di fondo che si riflette su tutti i suoi gesti, sia sull'atto eroico sia su quello modesto, come la preparazione al mattino di una colazione o di un vestito" (G.Ravasi)

Nel Nuovo Testamento troviamo molte illustrazioni ed esemplificazioni di questo nuovo collegamento instaurato da Gesù: ".. se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (1°Giov.4,11); ".....se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi" (1°Giov.4,12); "chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1° Giov.4,20); "non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole" (Rom.13,8); fino al sublime: "amatevi gli uni gli altri, come Io vi ho amato" (Giov.15,12) e al significativo: "pieno compimento della Legge è l'amore" (Rom.13,10).

Infatti è a questo punto, al termine della sua missione, che Gesù conclude quell'aspetto di essa che aveva annunciato all'inizio del vangelo di Matteo: "Non sono venuto per abolire la Legge o i Profeti, ma per dare compimento" (Mt.5,17) Ecco, questo è il compimento, nelle parole e nei fatti: le prime sono la luminosa risposta che Gesù dà ai suoi avversari nella pagina esaminata; i fatti saranno quelli imminenti della sua passione e morte: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Giov.15,13)

 

Ricerca avanzata  (53974 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: