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TESTO Una fede che riflette - 1

don Daniele Muraro  

II Domenica di Pasqua (Anno A) (01/05/2011)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

La luce della fede permette di comprendere meglio e fino in fondo i fatti della vita. Tornato al Cenacolo, luogo di rifugio del gruppo degli apostoli in quei giorni terribili, Tommaso non si spiega il cambiamento dei suoi amici. Li aveva lasciati in preda allo sconforto e alla paura qualche ora prima, e adesso gli stanno davanti rassicurati e sereni.

La cosa più strana di tutte è l'insistenza con cui affermano di essere stati testimoni nel frattempo di un'apparizione di Gesù risorto, mostratosi in mezzo a loro pieno di vita e di autorità.

Tommaso guarda i suoi colleghi di un tempo dall'alto in basso e prende le distanze dalle loro parole. Sospetta, diventa dubbioso e si impunta nelle sue richieste. Secondo la sua esperienza la morte è l'ultima parola nelle vicende della storia; una anomalia rispetto a questa regola non è da prendere alla leggera.

Tommaso chiede tempo per riflettere e vuole che gli vengano presentate delle prove. L'unico a poterle esibire chiaramente è Gesù stesso. Egli è la sola certezza degli Apostoli. E infatti il Risorto torna a farsi vivo otto giorni dopo, sempre nel giorno di Domenica.

Allora Tommaso può vedere e finalmente arriva a credere, prorompendo in una dichiarazione che più esplicita non potrebbe essere: "Mio Signore e mio Dio!".

Come dice il Papa nel ultimo libro non è tanto Gesù a mostrare il Messia quanto il Messia a mostrare Gesù, cioè non è guardando all'uomo Gesù che diventa chiaro il suo mistero di Salvatore, ma è la persona intera di Gesù in quanto Figlio di Dio a testimoniare della sua grandezza e della portata della sua missione.

Una fede iniziale fu necessaria anche agli Apostoli, come anticipo di una più grande comprensione successiva. Aver fede significa servirsi un potente raggio di luce che illumina in profondità un mistero di cui si potrà anche avere una esperienza diretta, toccando con mano, ma un po' alla volta, come a tentoni, restando a livello di indizi.

Davanti alla rivelazione di Dio anche la ragione deve riconoscere la sua insufficienza. Credere è guadagnare tutta insieme una conoscenza che si recupererà logicamente per parti solo un po' alla volta e mai in maniera esaustiva.

D'altra parte san Tommaso con la sua imputantura ci presenta un lato troppo spesso poco considerato della fede, che è quello della riflessione. Credere infatti significa pensare dando il proprio assenso.

È proprio l'impegno della ragionamento che spesso viene trascurato nella fede. Quello che si crede non è evidente, ma ha un contenuto reale, concreto, accettando il quale si spiegano molte altre cose.

Ad alcune verità si acconsente senza stare tanto a pensare: sono quelle evidenti di per se stesse o già da tempo. In certi casi invece o si rimane come in sospeso tra le due parti in discussione, incapaci di sciogliere la riserva, e allora si è preda del dubbio.

In altri casi o si inclina verso un lato, poggiando su indizi malsicuri, e allora siamo nel sospetto, oppure si arriva a decidere per una delle due soluzioni ma col timore che sia vero il contrario, come avviene in chi ha un'opinione.

Tommaso, prima di incontrare il Signore, si barcamena tra dubbio e sospetto. La lode che il Signore riserva a coloro che credono anche senza aver visto non si deve intendere come un'istigazione ad una fede cieca.

Ci sono ragionamenti che diminuiscono il merito della fede. Questo capita quando senza l'apporto di prove esterne e inconfutabili uno non avrebbe la volontà di credere, o non la avrebbe pronta.

Infatti l'uomo, come è tenuto a compiere gli atti delle virtù morali non per passione, ma per un giudizio razionale, così è tenuto a credere le verità di fede non per una ragione umana, ma per l'autorità divina.

Le ragioni umane però possono essere conseguenti alla volontà di chi crede. Chi infatti ha già fatto la sua scelta per Cristo ritorna sulle verità credute, e se riflettendovi sopra trova degli argomenti di conferma, in questo caso non perde il merito della fede, ma lo aumenta. Anche nelle virtù morali fare volentieri il bene è il segno di una volontà più pronta.

E la prova di ciò si trova nel Vangelo di S. Giovanni, là dove i Samaritani dicono alla donna, che rappresenta la ragione umana: "Non è più per la tua parola che noi crediamo".

Credere dunque non vuol dire smettere di pensare, ma esige di continuare a riflettere in maniera diversa, prendendo per buono l'annuncio della fede e fecendo convergere su di esso tutte le considerazioni sulla vita.

Nella fede cristiana, come diceva Pascal, tutto è collegato, non se ne può staccare una affermazione dalle altre isolandola. Finché si resta aperti alla totalità del credo, l'edificio sta sta miracolosamente in piedi, sebbene non se ne vedano le fondamenta e si dimostra resistente e per nulla angusto, permettendo allo spirito di percorrere sempre nuove dimensioni.

La fede supera queste incertezze, accettando di aderire all'annuncio ricevuto che in quanto Vangelo è un lieto messaggio. I fatti della sua vita, compresa la morte e testimoniata resurrezione, rimarrebbero incomprensibili senza la luce della fede.

Infatti l'uomo, come è tenuto a compiere gli atti delle virtù morali non per passione, ma per un giudizio razionale, così è tenuto a credere le verità di fede non per una ragione umana, ma per l'autorità divina.

La fede è la pregustazione di quella conoscenza che ci farà beati nella vita futura.

 

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