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TESTO Come gigli del campo...

don Carlo Occelli  

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/02/2011)

Vangelo: Mt 6,24-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

Ricordo il giorno in cui per la prima volta ascoltai questa pagina. L'ascoltai veramente, ecco. Seduto ai Prati di San Lorenzo in un angolo di Paradiso delle mie montagne. Un cielo azzurro vellutato, qualche nuvoletta soffice soffice e i profumi della montagna e dell'alpeggio. Seduto in mezzo ai fiori, gli stessi nei quali ci si coricava la sera per lasciare che le stelle si chinassero su di noi e noi potessimo appoggiare su di esse i nostri sogni. Per farli portare alla luna.

Don Giovanni commentava. Ricordo quella gradevole, quasi inedita, sensazione che il vangelo fosse veramente bello e vero nella sua semplicità. Una semplicità che riusciva persino a comunicare la propria veracità ad un adolescente turbolento come il sottoscritto. E poi per la prima volta imparai a riconoscere i gigli. Il giglio Martagone e quello di San Giovanni. Non l'ho più scordato e, nel tempo, anch'io sono diventato testimone. Sia del vangelo, sia dei gigli di montagna.

Ogni volta che ascolto questa pagina di vangelo penso a quel giorno, a quel cielo, a quei gigli.

Un vangelo che non è cucito con i fotogrammi della vita, è un testo morto.

"Guardate, osservate" dice Gesù. E' questo suo atteggiamento consueto che mi colpisce. Coglie nel segno questo brano evangelico perché riconosco di non essere più in grado di osservare. Di riempirmi gli occhi di mondo. Passo davanti ad universi di bellezza ogni giorno, e dimmi tu se alzo lo sguardo. Ininterrotamente preso dai miei affanni, dalle mie fatiche, dai miei progetti e dalle mie manie.
Osserva la vita, guarda...

C'è un universo di bellezza, un oceano di meraviglia nel quale tuffarsi.

Forte Gesù. Forte perché non si inventava nulla di strambo. Non passava ore e ore durante la notte a domandarsi: "Domani che gli racconterò a questi discepoli? Mica posso scovare sempre qualche novità".

Preferiva camminare, osservare, guardare il nostro Rabbì di Nazareth: la donna che impasta con una misura di lievito e la bellezza della luce, il semplice e forte sapore del sale e il male provocato da uno schiaffo, il chicco di grano che marcisce nella terra e il sole che sorge sui buoni e pure sui cattivi, la pioggia che cade ed una donna che piange, un uomo che prega nascosto in una stanza ed un altro ritto in una piazza, gli uccelli in cielo e i gigli nei campi e iuuù via di questo passo...
Osserva guarda cammina apri gli occhi e spalanca il cuore.

E impara. Impara che la vita è un dono, un tesoro, oro puro. E respira. Ohsssì, respira la vita

Forte Gesù perché sapeva nel suo cuore che è la vita stessa la novità giornaliera, e che il Regno... in realtà... non cade dalle nuvole... ma nasce proprio da uno sguardo attento a ciò che ci sta attorno.

Così ogni tanto se ne andava canticchiando "Ho visto un posto che mi piace si chiama mondo..."

Guardate gli uccelli del cielo e i gigli del campo! Non vi rendete conto di quanto valete? Non preoccupatevi di quello che mangerete, di quello che berrete e del vostro vestito.

Sembra che Gesù ci inviti a starcene tranquilli, ad aspettare dalla vita tutto il necessario che essa può darci. A non farci tanti problemi.
Non è così. No no.

Le parole di Gesù non sono un invito alla pigrizia, non sono un insulto a quei poveri che ha davanti e per i quali non preoccuparsi del cibo oggi significa non mangiare domani. Non sono, le sue, parole che fondano una filosofia di vita apatica, stoicista o ancora atarassica!
Non confondiamo.

E' che Gesù sa come va la vita. Conosce bene la tentazione per l'uomo di affannarsi, agitarsi a tal punto da perdersi la bellezza della vita.

Non è così amici? Non rischiamo tante volte di voler talmente capire tutto della vita dal finire col non capirci nulla? L'affanno procura tesori e i tesori procurano affanno e diventiamo cani che si morsicano la coda. E più ci affanniamo e ci preoccupiamo e più ci allontaniamo dalla possibilità di vivere la vita invece che farci vivere da essa. Di vivere le possibilità che il tempo ci dona più che lasciarci travolgere dalla velocità degli eventi stessi.

Vorremmo essere al sicuro, possedere la sicurezza della vita: degli affetti del tempo delle cose, di tutto. In modo da mettere al sicuro il domani. Vorremmo avere tutto in mano, insomma.

E invece Gesù sa che il domani è nelle mani di Dio, che il tempo è nelle sue mani e nella misura in cui vogliamo possederlo, esso allora ci sfugge di mano. E l'affanno ci prende, le preoccupazioni sono talmente tante da non finire mai, si finisce logorati nella mente e nel cuore.

Il domani va messo nelle mani di Dio, accogliendo in semplicità l'oggi che ci è dato di vivere.

L'invito che Gesù fa di non affannarsi per il domani, allora, non è per nulla uno scherno per quegli uomini che ha davanti, ma è l'accoglienza del vangelo.

Chi ha riconosciuto Gesù, chi lo ha seguito lasciando le barche da alcune settimane, è veramente libero. Libero di darsi da fare, certo!, di appassionarsi per la propria vita... ma con un'operosità lieta. Quell'operosità lieta di chi sa che la vita è veramente un dono. Che ci supera. Sovrabbondante.

Cercate il regno di Dio. Cercate! E' proprio in questo continuo cercare, settimana dopo settimana, vangelo dopo vangelo, che noi intuiamo e scopriamo il senso della vita. Senza possederlo mai. Quando volessimo possederlo, infatti, allora diventeremmo schiavi dell'affanno. E dell'accumulo.

Cercare non significa capire tutto, ma essere pronti ogni giorno a imparare. A vivere. Ad amare.

Il senso della vita, infatti, è nelle pieghe stesse del nostro vivere:
allora esco di casa ogni mattina e
osservo guardo cammino apro gli occhi e spalanco il cuore.

E imparo. Imparo che la vita è un dono, un tesoro, oro puro. E respiro. Ohsssì, respiro la vita cantando.

Ho visto un posto che mi piace si chiama mondo.
Vi crescono migliaia di fiori.

Ma i più belli sono il giglio Martagone e quello di San Giovanni.

 

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