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TESTO Io sono la vite, voi i tralci

don Roberto Rossi  

V Domenica di Pasqua (Anno B) (18/05/2003)

Vangelo: Gv 15,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,1-8

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Meditare queste parole di Gesù sulla vite e i tralci, significa cogliere il rapporto che ci lega a lui nella sua dimensione più profonda: siamo vivi solo se uniti a lui, e solo così possiamo portare qualche frutto. "Senza di me non potete fare nulla", dice Gesù.

E la stessa verità che san Paolo inculca con l'immagine del corpo e delle membra: Cristo è il Capo di un corpo che è la Chiesa, di cui ciascun cristiano è un membro. Anche il membro, se è staccato dal resto del corpo, non può far nulla.

Dove riposa questo rapporto, applicato a noi uomini? Non contrasta esso con il nostro senso di autonomia e di libertà, cioè con il nostro sentimento di essere un tutto e non una parte? Esso riposa su un evento ben preciso che l'apostolo Paolo, con un'immagine tratta anch'essa dall'agricoltura, chiama un innesto. Nel Battesimo noi, che eravamo di natura selvatica, siamo stati inseriti e innestati in Cristo; siamo diventati tralci della vera vite e rami dell'ulivo buono. Tutto questo in forza dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Qual è il nostro compito di tralci? Giovanni ha un verbo particolare per esprimerlo: «rimanere»: rimanere uniti a Cristo che è la vite.

"Rimanete in me ed io in voi; Se non rimanete in me...; Chi rimane in me..". Rimanere attaccati alla vite e rimanere in Cristo Gesù significa anzitutto non abbandonare gli impegni assunti con il Battesimo, non andarsene in paese lontano, come il figliol prodigo, ben sapendo però che ci si può staccare da Cristo tutto una volta, oppure con passi impercettibili che portano allo stesso effetto.

Rimanere in Cristo Gesù significa anche qualcosa di positivo e cioè rimanere «nel suo amore»; significa permettergli di amarci, di farci passare la sua «linfa» che è il suo Spirito, di lasciarci salvare dalla debolezza e dal peccato.

Gesù insiste sull'urgenza di rimanere in lui facendoci intravedere le conseguenze fatali del distacco da lui. Il tralcio che non rimane unito alla vite si secca, non porta frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco

Rimanere in Cristo significa rimanere nel suo amore, nella sua legge; talvolta significa rimanere nella croce, «perseverare con lui nella prova».

Per la crescita e lo sviluppo dei frutti, occorre essere potati e lasciarsi potare: Ogni tralcio che porta frutto (il Padre mio) lo pota perché porti più frutto. Che significa lo pota? Significa che recide i germogli superflui e parassitari (i desideri e gli attaccamenti disordinati), perché concentri tutta la sua energia in una sola direzione e così cresca davvero. E una grazia grande saper riconoscere, nel tempo della potatura, la mano del Padre che lo fa per il nostro vero bene.

In questa luce, dobbiamo sforzarci di vedere non solo le nostre sofferenze individuali, i lutti, le malattie, le angosce che colpiscono ognuno di noi o la nostra famiglia, ma anche la grande universale sofferenza che attanaglia la nostra società e il mondo intero, compresa quella più misteriosa di tutte che colpisce gli innocenti. Da alcuni anni, ci dibattiamo in una crisi che rivela la nostra impotenza a mettere pace e

ordine nella convivenza civile, a trovare un accordo e a porre fine all'odio e alla violenza. E anche questa una potatura necessaria dell'orgoglio e della presunzione umana. Forse il Signore sta cercando, in tutti i modi, di farci capire che senza di lui non possiamo proprio far niente. "Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori, se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode...

Nell'Eucarestia che celebriamo, nella comunione che riceviamo, noi veniamo incorporati a Cristo, diventiamo sempre più uniti a lui, poveri tralci, ma uniti a Cristo, vera vite, vero cibo e vera bevanda per la vita del mondo, per la vita di ciascuno di noi.

 

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