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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (11/05/2003)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

NESSO TRA LE LETTURE

Oggi si celebra la giornata mondiale per le vocazioni.

In questa occasione il Papa ha voluto sviluppare il tema della "vocazione come servizio". Il vangelo del Buon Pastore ci offre l'opportunità di incentrare le nostre riflessioni di questa domenica nell'amore di Cristo, che è venuto per servire. Gesù Cristo è il buon pastore, che dà la sua vita per le pecorelle. Nessuno gli toglie la vita, ma egli stesso la offre per riscattare le pecorelle perdute (Vangelo).

Egli è la pietra angolare e il suo l'unico nome nel quale possiamo raggiungere la salvezza (prima lettura). In Lui siamo arrivati ad essere "Figli di Dio" (seconda lettura). Chi desideri capire se stesso, non secondo criteri superficiali, bensì nella profondità della sua esistenza, deve rivolgersi a lui, perché Cristo rivela l'uomo a se stesso. Di più, Cristo rivela all'uomo l'amore del Padre.

MESSAGGIO DOTTRINALE

1) In nome di Gesù Cristo di Nazaret, morto e risorto

Gli apostoli vengono arrestati dal gruppo dei sadducei, addetti alla custodia del tempio, con l'accusa di aver sovvertito l'ordine che regnava all'interno dello stesso. In realtà, essi tentavano di togliere di mezzo tanto fastidiosa presenza, cioè quella degli apostoli di Gesù, che operano miracoli e predicano con ardore e convinzione che Cristo è risorto. Accusano, dunque, gli apostoli di aver guarito lo storpio ed aver generato confusione tra il popolo.

Pietro, fortificato dallo Spirito Santo, secondo la promessa di Gesù (Lc 12,11-12), risponde con chiarezza e fermezza: "sia noto a tutti voi e a tutto Israele che questo storpio è stato guarito nel nome di Gesù Cristo il Nazareno". Bella testimonianza resa al Signore! Bella dimostrazione di amicizia da parte di Pietro, che prima lo aveva rinnegato! "Io sono stato lo strumento della cura.» Cristo che l'ha fatto realmente.» nel suo nome che ha avuto luogo questo miracolo". Il ricordo solenne e completo del nome di Gesù davanti al sinedrio, dà modo a

Pietro di esporre l'essenza del kerigma cristiano: la morte e la resurrezione del Signore.

Questo annuncio di salvezza è rifiutato dagli ebrei, malgrado fosse il fedele compimento della Scrittura (cfr. Sal 118,22). Dio aveva offerto ai principi del popolo una pietra di grande valore affinché, su di essa, edificassero il tempio di Dio. Essi, i costruttori, l'avevano scartata; tuttavia, Dio l'aveva costituita testata d'angolo, pietra angolare. Su questa pietra è edificata tutta la casa. Questa predicazione, si può ben supporre, ripugnava palesemente ai capi del popolo, che si sentivano accusati di non avere accolto la persona di Gesù Cristo e la sua opera di salvezza.

Solo nel nome di Gesù di Nazaret possiamo ottenere la salvezza, afferma con chiarezza la prima lettura. Non vi è altro nome nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. A questo riguardo l'enciclica Redemptoris missio ci dice al n. 5: "Risalendo alle origini della Chiesa, troviamo chiaramente affermato che Cristo è l'unico salvatore (Gv 14,6) di tutti colui che solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio.

Alle autorità religiose giudaiche che interrogano gli apostoli in merito alla guarigione dello storpio, da lui operata, Pietro risponde: "Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo... in nessun altro c'è salvezza: non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,10). Questa affermazione, rivolta al sinedrio, ha un valore universale, poiché per tutti - giudei e gentili - la salvezza non può venire che da Gesù Cristo.

(Ö) Cristo è l'unico mediatore tra Dio e gli uomini: "Uno solo, infatti, è Dio, e uno solo il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità" (1Tm 2,5); (Eb 4,14) Gli uomini, quindi, non possono entrare in comunione con Dio se non per mezzo di Cristo, sotto l'azione dello Spirito.

Questa sua mediazione unica e universale, lungi dall'essere di ostacolo al cammino verso Dio, è la via stabilita da Dio stesso, e di ciò Cristo ha piena coscienza. Se non sono escluse mediazioni partecipate di vario tipo e ordine, esse tuttavia attingono significato e valore unicamente da quella di Cristo e non possono essere intese come parallele e complementari" (Lett. Enc. Redemptoris Missio, n.5). In questi tempi di grande confusione, quando sembra facile scambiare una religione con un'altra, un cammino di salvezza con un altro, una dottrina per un'altra più innovativa, risulta molto importante contemplare attentamente questa verità: solo in Cristo abbiamo la pienezza della rivelazione del Padre e, pertanto, solo in Lui abbiamo l'accesso al Padre e alla salvezza.

Questa è la via stabilita da Dio stesso. Certamente, non si devono escludere altre mediazioni parziali, come commenta l'enciclica, ma queste hanno valore unicamente per la mediazione di Cristo. Approfondiamo la conoscenza di Cristo e della sua opera di salvezza; ravviviamo il nostro amore per Lui, come Dio e uomo vero; amiamolo con tutto il cuore ed infiammiamo la nostra anima per trasmetterlo a tutte le generazioni, perché solo in Cristo l'uomo raggiunge la sua pienezza e la sua felicità. Solo Cristo rivela l'uomo all'uomo stesso. Compresero bene questa verità i grandi missionari del secolo XVI, gli evangelizzatori delle Americhe! Pensiamo a quei dodici Francescani che intrapresero la grande avventura dell'evangelizzazione del Messico.

Pensiamo a san Francesco Saverio che, vedendosi negata la disponibilità di imbarcazioni per compiere i suoi viaggi tra le isole dell'India per paura della sua vita, minacciò di lanciarsi a nuoto. Quando si vive interiormente il mistero di Cristo, la persona si fa subito missionaria: sente la necessità di annunciare la verità che ha scoperto e che ora illumina la sua vita.

La dichiarazione Dominus Iesus, ai nn. 13 e 14, espone con grande chiarezza la dottrina dell'unicità e della universaleità del mistero salvifico di Gesù Cristo: "» su questa coscienza del dono di salvezza unico e universale offerto dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito (cf. Ef 1,3-14), che i primi cristiani si rivolsero a Israele, mostrando il compimento della salvezza che andava oltre la Legge, e affrontarono poi il mondo pagano di allora, che aspirava alla salvezza attraverso una pluralità di dèi salvatori.

Questo patrimonio di fede è stato riproposto dal recente Magistero della Chiesa: "Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto (cf. 2 Cor 5,15), dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché egli possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi (cf. At 4,12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana (Gaudium et spes, n. 10.). (n.14.)

Deve essere, quindi, fermamente creduto come verità di fede cattolica che la volontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta per sempre nel mistero dell'incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio". Ci siamo protratti con queste due citazioni, ma era necessario perché qui si afferma una verità fondamentale della dottrina della Chiesa cattolica.

2) Gesù Cristo, Buon pastore, ama le pecore e dà la sua vita per esse

Il tema del Buon pastore emerge in modo rilevante in questa quarta domenica di Pasqua. L'immagine del Buon Pastore, di facile comprensione al tempo di Gesù e frequentemente usata nella Bibbia, appare qui come traduzione concreta di quanto è accaduto nel mistero pasquale: Cristo ci ha raccolti dai pascoli di morte dove eravamo dispersi, ci ha riconquistati per l'amore di Dio, ci ha portato alla pienezza della comunione col Padre.

"Quel buon Pastore che diede la sua vita per le pecorelle uscì a cercare la pecora perduta, per le montagne e le colline dove tu (uomo) offrivi sacrifici agli idoli. E quando trovò la pecora perduta, la caricò sulle sue spalle - sulle quali aveva caricato anche il tronco della croce - e così la portò nuovamente alla vita eterna" (San Gregorio di Nazianzo, Dissertazioni, Dis. 45, 26.28: PG 36, 658-659.662; ns. trad.).

Due immagini ci aiutano nella nostra riflessione. La prima è la pittura del III secolo del buon Pastore, nelle catacombe di san Pietro e Marcellino. Qui il buon Pastore si presenta come un giovane che, tra i pascoli, ha raccolto la pecora perduta e la porta sulle sue spalle, circondato da altre due pecore.

Nella semplicità della pittura paleocristiana, è messo in evidenza l'interesse di quel Pastore, che non lascia che si perda neppure una sola delle sue pecore; che va a cercare quella dispersa e che si rallegra quando, avendola ritrovata, se la carica sulle spalle e la riconduce all'ovile. Tale sarà la sua gioia per un peccatore che si converte! Si tratta di quel pastore generoso e magnifico, descritto da Clemente di Alessandria: "Tale è in realtà il nostro buon pedagogo.

Non sono venuto per essere servito - dice - bensì a servire (Mc 10,45). Perciò, si dice nel vangelo che era stanco (Gv 4,6), colui che si è consumato per noi promettendo, perfino, di dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10,45). Dimostra così solo di essere il buon pastore. Generoso e magnifico che giunge al punto di dare la vita per noi. Veramente al servizio degli uomini e pieno di bontà è colui che potendo essere il Signore dell'uomo, è venuto ad essere suo fratello. Buono fino al punto di morire per noi" (San Clemente di Alessandria, Il Pedagogo, 9, 83 3 - 85, 2; ns. trad.).

Un'altra immagine completa oggi la nostra riflessione: quella del Pastore della Porta Santa in Vaticano. Qui già non sembra quel giovane soddisfatto che cammina per i prati, portando felice la pecorella sulla spalle. Qui abbiamo un pastore provato, che si arrischia ad allontanarsi nell'abisso, alla ricerca della pecora caduta.» il pastore che dà la vita, che mette a repentaglio la propria esistenza, che non tiene nulla per sé, perché è in gioco la vita della pecora. Misterioso e incommensurabile amore del Padre che ha amato l'uomo fino al punto di dare a suo Figlio in olocausto! Per riscattare lo schiavo offrì il Figlio. Quale valore avrà agli occhi di Dio la vita dell'uomo! La salvezza delle anime!

SUGGERIMENTI PASTORALI

1) L'amore a Cristo

Tutti noi cristiani dovremmo sentirci oggi come la pecora che è stata riscattata dell'abisso. Dovremmo sperimentare ciò che dice san Paolo: "dilexit me et tradidit semetipsum pro me," "mi ha amato e ha dato se stesso per me". Quale gratitudine dovrebbe nascere dalla nostra anima verso Gesù che, per noi, è morto sulla croce! Per noi, cioè, a nostro beneficio. Per me, cioè, al posto mio. Il segreto della vita cristiana sta tutto nello sperimentare l'amore del Padre in Cristo Gesù per lo Spirito.

Tutto il resto viene in aggiunta. Sperimentare che Dio ci ha amato di un amore eterno e che, perciò, d'ora in poi il nostro dovere è anche quello dell'amore. Amado Nervo, parlando del Buon Pastore dice: Pastore, ti benedico per quello che mi dai./Se niente mi dai, pure ti benedico./Ti seguo ridendo se tra rose vai./Se vai tra cardi e rovi, ti seguo./Con te nel meno, con te nel più,/e sempre con te!


2) La ricerca di vocazioni

» sempre un tema importante nella parrocchia, nella Diocesi, nei movimenti, nelle congregazioni religiose. In questo giorno, dedicato alle vocazioni, dobbiamo rinnovare il nostro impegno a cercare vocazioni e ad avere questo compito come primario e prioritario. Come farlo? Offriamo tre SUGGERIMENTI:

- formazione di promotori vocazionali. La mancanza di sacerdoti va aggravandosi qua e là. Lo vediamo: non ce n'è a sufficienza per rispondere alle necessità pastorali.

Mancano pastori e le pecore si perdono! Perciò, è necessario che i laici, abili nelle cose del mondo, siano anche abili nella promozione delle vocazioni. Ne sono capaci, e quanto bene fanno! Un promotore vocazionale può insaturare contatti importanti, può indirizzarli all'istanza appropriata, può organizzare veglie di adorazione davanti al santissimo per chiedere al Signore di inviarci pastori secondo il suo cuore. Promotori così già ci sono e li conosciamo, ma dobbiamo moltiplicarli.

- la formazione nel servizio. Probabilmente, non c'è niente di meglio per seminare le vocazioni - come ci ricorda il Papa nel suo MESSAGGIO - che educare i giovani allo spirito di servizio.

Questo non è impossibile. Anzi, è la via più appropriata per guidare il cuore ardente di un giovane. Al giovane piace il rischio, la dedizione totale, il sacrificio per una causa che valga la pena. Vediamo giovani che servono di qua e di là. Sentono scolpita nell'anima la necessità della donazione. Incanaliamo questa naturale vivacità per le vie di Dio. Aiutiamoli dandogli l'opportunità di servire con generosità, senza limiti. Molte volte essi portano avanti apostolati di grande ampiezza con maggior perfezione e rapidità degli stessi adulti e, perfino, dei religiosi o sacerdoti.

Lì, in quella donazione, nasceranno le vocazioni religiose.

- l'influsso nell'opinione pubblica. Ci allarmiamo per la propaganda contro i sacerdoti. Sappiamo quanto male fa tale MESSAGGIO ai bambini e ai giovani, ma cosa facciamo per diffondere gli esempi di migliaia di sacerdoti santi e fedeli? C'è qui una grande omissione, e un'ingiustizia non da poco. Omissione da parte nostra, per non aver diffuso in maniera più ampia e adeguata le buone testimonianze di sacerdoti e religiosi, religiose, santi e sante.

Ma c'è anche un'ingiustizia: quanti sono stati i sacerdoti martiri del secolo scorso! Sacerdoti torturati che hanno trascorso quasi tutta la vita in un campo di concentramento, che hanno sofferto la morte per rimanere fedeli alla Chiesa cattolica, al Papa, alla propria coscienza. Promuoviamo la lettura della vita di questi martiri della fede, di questi giganti dello spirito, che ci aiutano a guardare al futuro con speranza.

3) Ai giovani da parte del Papa

"» per questo che desidero dire a tutti voi, giovani, in questa importante fase dello sviluppo della vostra personalità femminile o maschile: se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti! "La messe, infatti, è molta" (Mt 9,37). C'è un enorme bisogno di molti che siano raggiunti dalla chiamata di Cristo: "Seguimi".

C'è un enorme bisogno di sacerdoti secondo il cuore di Dio, e la Chiesa e il mondo d'oggi hanno un enorme bisogno di una testimonianza di vita donata senza riserva a Dio: della testimonianza di un tale amore sponsale di Cristo stesso, che in modo particolare renda presente tra gli uomini il Regno di Dio e lo avvicini al mondo." (Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani, Dilecti amici, Roma, 1985).

 

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