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TESTO Quel pellegrinaggio verso la vita

padre Ermes Ronchi

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (20/03/2008)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

I nizia l'immensa migra­zione degli uomini verso la vita, pellegrinaggio in­finito che il Vangelo abbre­via nei gesti e nelle parole di Maria di Magdala, che esce di casa quando è ancora notte, quando è ancora buio nel cuore.

«Gesù apparve per primo a Maria dalla quale aveva cacciato sette demoni». Qua­le statura ha intuito in lei? Che non ha niente tra le ma­ni, non porta aromi come le altre donne, non ha il vaso di nardo come l'altra Maria, che ha soltanto una storia triste alle spalle, e un'attesa ardente?

Mi conforta il fatto che così sono anch'io. Non ho nulla fra le mani da offrire al mio Signore, forse solo qualche lacrima, delle storie tristi, peccati senza grandezza e senza dolore. Ma ora sento che la mia povertà non è un ostacolo ma una risorsa per l'incontro; che la mia debo­lezza non è un impedimen­to ma una opportunità per incontrare il Signore della vita. Unica condizione: pa­tire la sua assenza. Come la sposa del Cantico che «lun­go la notte cerca l'amato del suo cuore», così Maria si ri­bella all'assenza di Gesù: «a­mare è dire: tu non morirai!» (Gabriel Marcel). L'amore la prepara a intuire, forse il cuore già ode un rotolìo profondo di pietre smosse.

E vide che la pietra era sta­ta tolta dal sepolcro. La pie­tra, sigillo della morte defi­nitiva, è smossa, il sepolcro spalancato, vuoto e ri­splendente nel fresco del­l'alba.

E fuori è primavera. Qualcosa si muove in Ma­ria: timore, ansia, un fremi­to, un'urgenza che cambia­no di colpo il ritmo del rac­conto.

Corse allora... Può correre ora perché sta na­scendo il giorno, deve cor­rere perché è il parto di un universo nuovo. Corre per­ché l'amore ha fretta, non sopporta indugi. Corre da Pietro e dall'altro discepo­lo, e le sue parole bruciano i tempi, anticipano la fede. Non dice: hanno portato via il corpo di Gesù. Ma:
hanno portato via il Signo­re!

Senza volerlo già parla di Gesù come del Signore e come di un vivente.
«Correvano insieme tutti e

due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro». Corrono, e non è per fede, forse confusamente germi­na un bisogno, un'antica speranza, un'illogica ansia rimasta accesa, l'amore da­to e ricevuto. Lasciarsi a­mare è il luogo della rivela­zione di Dio! Infatti il disce­polo dell'amore passivo,

quello che Gesù amava, cor­re più in fretta, arriva per primo alla fede, perché, se­condo un detto medievale, «i giusti camminano, i sa­pienti corrono, ma gli inna­morati volano».

Libri di padre Ermes Ronchi

 

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